“Io promuovo la pace. E tu?”. È questo il tema della conferenza svoltasi sabato scorso
a Lahore, nel Punjab, in Pakistan, che ha visto coinvolti più di centocinquanta, tra
musulmani e sikh. L’iniziativa è stata organizzata dalla Hac Alliance, una coalizione
di tre organizzazioni non governative (ong), Human friends organization, Awaz-e-Niswan
e la Cathe foundation. In questa occasione – come riportato sull’Osservatore Romano
- è stata data voce alle forti controversie nate sulla questione delle leggi sulla
blasfemia in vigore in Pakistan, una delle principali preoccupazioni della comunità
cristiana e della comunità episcopale giustizia e pace, causa anche delle forti violenze
in corso nel Paese. L’organizzatrice della conferenza – Neena Norren - ha condannato
l’uso strumentale delle leggi in questione, spiegando durante il suo intervento che
“le leggi sulla blasfemia, che prevedono la pena di morte per insulti al profeta Maometto
e il carcere fino all’ergastolo per atti contro il Corano, sono state messe in discussione”.
“Questo – ha aggiunto – è senza dubbio un progresso nella lotta per il riconoscimento
del pluralismo religioso in Pakistan”. Il presidente della Conferenza episcopale del
Pakistan (Ncjp), l’arcivescovo di Lahore, mons. Lawrence John Saldanha, e il segretario
esecutivo, mons. Peter Jacobs sono in prima linea nella lotta contro queste leggi,
ed si stanno impegnando per fare pressione sul comitato parlamentare per le riforme
costituzionali cercando in tutti i modi di eliminare gli articoli nella costituzione
del Paese che discriminano in base alla religione. La conferenza di pace si è aperta
con la recita del Corano, seguita da alcuni brani del Guru Granth Sahib, il libro
sacro dei Sikh, e poi con la lettura della Bibbia. Infine, sono state proiettate alcune
diapositive di violenze nei confronti della comunità cristiana e sono stati letti
numerosi messaggi di pace e di riconciliazione in Pakistan. Non sono da trascurare
le forti preoccupazioni dovute all’estremismo religioso e sulla questione delle minoranze,
bisogna porre fine al terrore e all’ingiustizia perpetrato nel nome della religione.
Tra il 1980 ed il 1986 queste leggi erano state introdotte dall’allora presidente
del Pakistan, Zia-ul-Haq, per garantire il rispetto di Maometto, i suoi Compagni e
del Sacro Corano. Oggi queste leggi sono le uniche al mondo attraverso cui persone
che subiscono accuse infondate restano vittime di omicidi, vengono arse vive e subiscono
la distruzione delle loro proprietà. Dal 1986 all’ottobre del 2009, almeno 966 persone
sono finite sotto accusa per la legge sulla blasfemia. Il 9 marzo scorso una folla
ha preso di mira una chiesa in un villaggio vicino a Gujranwala, una donna è morta
in seguito all’attacco. Il 22 aprile, un insediamento cristiano e una chiesa sono
stati colpiti da uomini armati nella città di Taisar, nei pressi di Karachi. Anche
in questo caso, un giovane cristiano è stato ferito gravemente ed è morto a causa
delle ferite. Il 29 giugno è stato incendiato un intero insediamento cristiano in
un villaggio vicino a Kasur: bruciate più di 60 case, di proprietà di 100 famiglie.
Il 30 giugno, di nuovo, circa 60 case appartenenti a cristiani nel villaggio di Korian
sono state incenerite da una folla. Il primo agosto, nella città di Gojra, un numero
simile di edifici sono state bruciate. Sette cristiani, tra cui donne e bambini, sono
bruciati vivi, mentre un’ottava persona è morta per infarto, dopo che la folla ha
colpito la sua abitazione. E ancora l’11 settembre gli estremisti hanno colpito un
insediamento cristiano e una chiesa; nella notte fra il 14 e il 15 settembre, un giovane
cristiano è morto in prigione in seguito a un omicidio extragiudiziale. Sul suo capo
pesava l’accusa di aver dissacrato il Corano. (C.P.)