Ahmadinejad in Brasile assicura: ancora in tempo per un accordo sul nucleare
“Speriamo ancora di poter firmare un accordo con l'Aiea”, quello che prevede l'invio
di uranio all'estero per l'arricchimento, ma non abbiamo molto più tempo per farlo”.
È quanto ha detto oggi il presidente iraniano, Ahmadinejad, nel corso di una conferenza
stampa congiunta con l'omologo brasiliano, Lula da Silva, nel suo viaggio in America
Latina. Ahmadinejad ha alternato frasi concilianti ad altre dure e critiche all'Occidente.
Ha ricordato che recentemente Teheran si era accordata con Usa e Russia per acquistare
combustibili nucleari. A suo avviso, però, le trattative in tal senso si sono arenate
di fronte alla “propaganda contro l’Iran”, con l’accusa di voler arricchire l'uranio
al 25%. Sebbene il Paese abbia la tecnologia per farlo al 25%, - dice il presidente
iraniano – al momento lo fa solo al 3,5% per tentare di rafforzare i rapporti con
l'Occidente. Resta da dire che il presidente iraniano Ahmadinejad si è detto convinto
che “l'era delle aggressioni militari è finita” e ha lasciato il posto all’epoca del
dialogo e del pensiero. Ha aggiunto che Usa e Israele non hanno coraggio per fare
attacchi.
Obama - Afghanistan Il presidente statunitense, Barack
Obama, annuncerà entro pochi giorni la propria decisione sull'eventuale invio di ulteriori
truppe in Afghanistan, come richiesto dai vertici militari di Washington. A renderlo
noto la Casa Bianca, citata dalla Cnn, al termine dell'incontro di ieri del
presidente Usa con il gabinetto di guerra. Tre le opzioni allo studio: l’invio di
ulteriori 40 mila militari, come sollecitato dal generale Stanley McChrystal, comandante
in capo delle truppe americane in Afghanistan; 10 mila soldati, come chiesto dal vicepresidente
Joe Biden; tra i 20 mila e i 35 mila uomini, come auspicato dal segretario alla Difesa,
Robert Gates, e dal segretario di Stato, Hillary Clinton. Quale dunque l’opzione più
realizzabile? Giada Aquilino lo ha chiesto a Paolo Quercia, coordinatore
ricerche di politica internazionale della Fondazione "Fare Futuro":
R. – L’ipotesi
che prevarrà, secondo le notizie trapelate, sarà l’aumento di circa 30 mila soldati.
Ricordiamo che, aggiungendo 30 mila ai circa 70 mila americani già presenti sul territorio
afghano, i militari di Washington raggiungerebbero quasi lo stesso numero di soldati
che aveva l’Armata rossa dell’Unione Sovietica nel momento di maggiore impegno in
Afghanistan. A questi si aggiungono anche i soldati della Nato, che sono altri 36
mila, più le forze afghane locali. Quindi è un impegno considerevole. Gli strateghi
militari sono divisi: se per controllare l’Afghanistan sia necessario avere un numero
così elevato di soldati o non. Sicuramente, è una strategia con cui si cerca di chiudere
la partita afghana per avvicinare un disimpegno. D. – Sul terreno
afghano, però, la situazione rimane drammatica: questo è l’anno con più vittime per
gli Stati Uniti dall’inizio della guerra nel 2001. Cosa è mancato finora? R.
– Penso che il numero dei soldati sia stato un falso problema. È mancata una precisa
strategia. Gli americani, nel 2001, sono stati coinvolti in una missione che era puramente
di caccia ai terroristi ritenuti responsabili degli attentati dell’11 settembre. Piano
piano, sono rimasti un po' intrappolati in questo scenario. Quello che non è stato
ben sviluppato è se gli americani, con i propri alleati, stanno lì per costruire un
nuovo Stato, efficiente e capace di controllare il proprio territorio, o se sono lì
per presidiare un territorio vitale e intervenire in caso della creazione di pericoli
legati al terrorismo, anche internazionale, soprattutto legato alla zona di confine
tra Afghanistan e Pakistan. Usa - India Il presidente
Usa, Barack Obama, riceve oggi alla Casa Bianca il premier indiano Manmohan Singh,
ma a causa del maltempo la cerimonia dell'arrivo è stata spostata dal South Lawn alla
East Room della residenza presidenziale. L'arrivo di Singh alla Casa Bianca, per la
prima visita di Stato della presidenza Obama, è previsto per le 9.15 ora di Washington.
Il presidente americano e il premier indiano faranno una conferenza stampa congiunta
alle 11.35, le 17.35 in Italia.
Londra - Iraq Si apre oggi a Londra
l'inchiesta pubblica sul coinvolgimento della Gran Bretagna nella guerra all'Iraq.
L'inchiesta, presieduta da Sir John Chilcot, prende in esame tutto il periodo dal
2001 al 2009. Un rapporto sulle sue conclusioni non uscirà prima delle prossime elezioni,
nella tarda primavera prossima. Tra le persone che testimonieranno c'è l'ex premier
Tony Blair.
Nato - Afghanistan Un convoglio di autobotti della Nato
in viaggio verso l'Afghanistan è stato attaccato e incendiato ieri sera da sconosciuti
nel distretto pachistano di Jafarabad, in una zona di frontiera fra le province di
Sindh e del Balochistan. Lo riferisce Geo Tv. L'operazione non ha causato alcuna vittima.
Negli ultimi mesi, almeno 60 veicoli della Nato sono stati danneggiati dagli estremisti
islamici in varie zone del Balochistan, con la morte di almeno tre autisti. L'emittente,
citando fonti della polizia, ha precisato che un commando di circa otto persone ha
attaccato le autobotti con armi da fuoco, provocando alcune forti esplosioni ed un
incendio che è stato poi controllato dai vigili del fuoco.
Medio Oriente Tre
palestinesi sono rimasti feriti oggi in seguito a un raid compiuto dall'aviazione
israeliana nella Striscia di Gaza, la parte di territorio palestinese controllata
dagli islamico-radicali di Hamas, in risposta al nuovo lancio di un razzo Qassam dalla
Striscia verso Israele avvenuto ieri sera. Nei giorni scorsi, Hamas ha ribadito -
a nome suo e delle altre principali fazioni attive nella Striscia - la tregua di fatto
nel lancio di razzi e colpi di mortaio contro Israele in vigore dalla fine della devastante
operazione militare israeliana "Piombo Fuso" dell'inverno scorso, salvo in caso di
incursioni. Un cessate il fuoco violato peraltro da episodiche eccezioni ed evidentemente
non accettato da tutti i gruppi. Il tentativo di Hamas di evitare innalzamenti della
tensione si lega anche al rilancio delle trattative per il possibile rilascio del
soldato israeliano Ghilad Shalit (ostaggio nella Striscia di Gaza dal giugno 2006)
in cambio di centinaia di palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Per lo scambio
sembra restino problemi. Da parte sua, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu
fa sapere che lo scambio di prigionieri tra Israele e Hamas non è stato ancora approvato
e potrebbe anche non avvenire.
Giordania - elezioni Il parlamento
di Amman, in Giordania, è stato sciolto questa mattina. La Giordania si avvia verso
le elezioni anticipate. Il re Abdullah II, per il momento, non ha fornito una spiegazione
ufficiale della sua decisione e non ha ancora fissato la data per le prossime elezioni
politiche. L'attuale parlamento, formato da 110 deputati, è stato eletto nel novembre
del 2007 con una legge elettorale che, secondo l'opposizione, è stata elaborata per
favorire i candidati filo-governativi. Nel frattempo i ventisette detenuti giordani
in sciopero della fame nelle carceri israeliane, per chiedere al Parlamento di abolire
la condanna a vita, sono in serio pericolo di salute: lo denuncia il Comitato nazionale
giordano per i prigionieri in Israele. Un altro caso simile è quello del leader di
Hamas, Abdallah Barghuthi, condannato a 67 ergastoli in Israele.
Filippine
- massacro Mindanao Il presidente delle Filippine, Gloria Arroyo, ha decretato
lo stato di emergenza in una parte del sud dell'arcipelago in seguito al massacro
avvenuto, ieri, sull'isola di Mindanao in seguito ad un tentativo di un sequestro
di massa. Le vittime facevano parte di un gruppo di una cinquantina di persone, giornalisti
e seguaci di un leader politico locale, che voleva presentare la sua candidatura a
governatore provinciale. Il servizio di Stefano Leszczynski:
È salito
a 46 morti il drammatico bilancio del massacro avvenuto ieri sull’isola di Mindanao,
nelle Filippine, in seguito al maxisquestro di un gruppo di esponenti politici e giornalisti
da parte di decine di uomini armati. Particolarmente cruenti i dettagli che emergono
dalle indagini: i cadaveri delle vittime, tra cui almeno 14 donne - ha riferito la
polizia locale - sono crivellati da colpi di arma da fuoco e le donne del gruppo sono
state violentate prima di essere uccise. Le violenze sembrano essere legate alle rivalità
politiche tra i candidati prima delle elezioni per il posto di governatore, in programma
il prossimo anno. Le vittime dell'agguato erano tutte collegate ad Esmael Mangudadatu,
vicesindaco di una città vicina al luogo del massacro ma in procinto di candidarsi
alla guida della provincia. Gli investigatori puntano compatti il dito contro la famiglia
di Datu Andal Ampatuan, governatore di Maguindanao da tre mandati e intenzionato a
lasciare l'incarico in eredità al figlio. Gli Ampatuan e i Mangudadatu si spartivano
il potere nella regione dagli anni Ottanta, ognuno nei rispettivi feudi comunali.
La tensione era però salita negli ultimi mesi, quando l'ultimo rampollo della dinastia
Mangudadatu aveva “invaso” il campo rivale puntando appunto alla carica di governatore.
Le autorità di Manila hanno condannato la strage, aprendo subito un'inchiesta sull'accaduto
e il presidente Gloria Macapagal-Arroyo - che in passato si è appoggiata a entrambi
i clan per raccogliere il voto locale - ha dichiarato lo stato d’emergenza nella regione.
Preoccupazione per la situazione è stata espressa dall'Unione nazionale dei giornalisti
- che denuncia la morte di ben 12 reporter coinvolti nella carneficina. E proprio
in vista delle elezioni nazionali e amministrative del prossimo maggio, che rinnoveranno
oltre 17mila cariche nell'arcipelago, il timore di molti osservatori è che gli spunti
per i regolamenti di conti si moltiplichino. Russia - inchiesta Il
leader del Cremlino, Dmitri Medvedev, ha incaricato il ministro della Giustizia e
il procuratore generale di aprire un'inchiesta sulle circostanze delle morte in prigione
dell'avvocato Serghiei Magnitsky, 37 anni, accusato di complicità in evasione fiscale
da parte del fondo di investimento russo Hermitage Capital, ma anche testimone chiave
in un processo contro dirigenti del ministero dell'Interno per una presunta appropriazione
indebita di 230 milioni di dollari. Lo ha reso noto il Cremlino tramite la portavoce
Natalia Timakova.
Cina - condanne a morte Sono state eseguite in
Cina le condanne a morte di due persone accusate della produzione e la distribuzione
di latte in polvere contaminato destinato ai neonati. Almeno sei bambini sono morti
e altri 300mila si sono ammalati l'anno scorso dopo aver consumato latte in polvere
contaminato con la melamina, una sostanza tossica utilizzata per la fabbricazione
di resine plastiche, che era stata aggiunta per far sembrare il prodotto più proteico.
Le condanne eseguite sono quelle di Zhang Yujun, accusato di "aver messo in pericolo
la salute pubblica" producendo e vendendo 600 tonnellate di latte in polvere contaminato,
e Geng Jinping, accusato di averne venduto 900 tonnellate. Il governo cinese è però
intenzionato a non permettere le proteste dei cittadini: ai primi di novembre la polizia
ha arrestato un padre che stava organizzando online un gruppo di genitori intenzionati
ad ottenere un risarcimento per i danni causati dal latte alla salute dei loro figli.
Strage
Mumbai - processo Finisce fra due giorni, ad un anno esatto dalla fine dell'assedio
di Mumbai, l'istruttoria del processo contro i terroristi accusati di essere coinvolti
negli attentati della capitale economica indiana del novembre scorso, nei quali morirono
oltre 170 persone. “Abbiamo ascoltato 265 testimoni, ne mancano ancora una decina
- ha dichiarato il procuratore della Repubblica, Ujjwal Nikam - dovremmo terminare
il 26 novembre, proprio un anno dopo gli attacchi”. Le testimonianze di altre trecento
persone saranno invece prodotte in giudizio attraverso verbali. Il procuratore ha
infatti reso noto che non saranno ascoltati personalmente trattandosi per lo più di
parenti di vittime, medici che hanno soccorso i feriti. Il processo ha avuto inizio
l'8 maggio scorso. Alla sbarra ci sono il terrorista pachistano Ajmal Kasab, accusato
di omicidio plurimo, l'unico sopravvissuto del commando di dieci che assediò Mumbai,
e gli indiani Faheem Ansari e Sabauddin Ahmed, che rispondono invece di cospirazione,
accusati di aver aiutato Kasab e gli altri. Dopo la chiusura di questa fase, toccherà
agli avvocati della difesa esercitare il proprio diritto di ascoltare ed interrogare
i testimoni.
Thailandia L'ex primo ministro thailandese, Samak Sundaravej,
destituito dalla Corte costituzionale nel settembre dello scorso anno, è morto questa
mattina a causa di un cancro al fegato a 74 anni. Lo hanno annunciato i familiari.
Samak guidò il Partito del potere del popolo (Ppp) alla vittoria delle legislative
lo scorso gennaio, prime elezioni dopo il colpo di Stato del settembre 2006. A settembre
è stato costretto a dimettersi dopo essere stato riconosciuto colpevole di aver accettato
un compenso economico da un'azienda produttrice di programmi televisivi di cucina,
la "Face Media", comparendo tra l'altro come "buongustaio" in uno di questi programmi.
Al suo posto è salito al governo Somchai Wongsawat. Ad ottobre Samak - stando alle
rivelazioni della stampa - avrebbe subito un intervento nell'ospedale di Bangkok per
l'asportazione di un tumore al fegato. (Panoramica internazionale a cura di Fausta
Speranza e Chiara Pileri) Bollettino del Radiogiornale della
Radio Vaticana Anno LIII no. 328 E' possibile ricevere
gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale.
La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.org/italiano.