Le reazioni degli artisti dopo l'incontro con Benedetto XVI: dal Papa una carezza
al mondo della cultura. Il parere di mons. Gianfranco Ravasi
Hanno fatto il giro del mondo, e suscitato molta eco, le parole con le quali ieri
mattina Benedetto XVI si è rivolto a oltre 250 artisti di caratura internazionale,
sotto le splendide volte affrescate della Capella Sistina. Soprattutto i diretti interessati
hanno manifestato apprezzamento per il desiderio del Papa di rinsaldare l'amicizia
fra la Chiesa e l'arte e per aver riconosciuto all'arte e agli artisti la dote di
saper parlare al cuore dell'umanità con il linguaggio della bellezza e della speranza.
Fabio Colagrande ha sentito alcuni dei protagonisti dell'avvenimento, subito
dopo la conclusione dell'incontro con il Papa:
“Siate consapevoli
della grande responsabilità di comunicare la bellezza, siate annunciatori e testimoni
di speranza per l’umanità”: questo l’appello lanciato da Benedetto XVI ai 280 artisti
provenienti da tutto il mondo. Giuseppe Tornatore è il regista
premiato con l’Oscar per il suo “Nuovo Cinema Paradiso”:
R.
- L’incontro ma soprattutto il discorso del Santo Padre sono sembrati una carezza
fatta alla cultura in tempo di schiaffi”.
D. - Testimoni
di speranza gli artisti lo possono essere anche oggi?
R.
- Lo possono essere. Lo possono essere le parole, le riflessioni del Santo Padre.
Ce lo confermano e ci danno anche più forza per continuare nel nostro lavoro.
Tra
gli intellettuali del cinema e del teatro italiano, anche il regista Ugo
Gregoretti, che così riassume l’emozione dell’incontro con il Papa:
R.
- L’avvenimento è in sé magnifico. La Cappella Sistina, poi, è la prima volta che
vi entro dalla porta principale. Si respira una sedimentazione di civiltà e cultura
che è emozionante.
D. - C’era un appello agli artisti
di diventare “testimoni di speranza”, cioè l’arte come un linguaggio che aiuta il
mondo a sperare. Un po’ lo condivide come regista, come uomo d’arte?
R.
- Sì che lo condivido. Condivido anche un minimo di scetticismo sull’effettiva capacità
pratica, concreta dell’arte di influenzare. Indubbiamente, però, è sempre una specie
di argine, di difesa nei confronti dell’assalto quotidiano della non-arte. Diceva
García Lorca: “La cultura costa ma l’incultura è assai più costosa”.
Sulle
attese degli artisti dopo questo incontro con il Papa, ascoltiamo il regista polacco
Kristof Zanussi:
R. - Questa
è la nostra aspettativa: un po’ più di azione da parte della Chiesa per fare un passo
verso il mondo dello spettacolo, degli artisti. Perché si sa che gli artisti, da parte
loro, non faranno mai un passo.
D. - A quale tipo
di iniziative pensa per coinvolgere di più gli artisti?
R.
- Più dialogo, più apertura, più conoscenza.
D. -
Dunque, il fatto che oggi il Papa abbia ribadito questa proposta di collaborazione
è un buon segno…
R. - Sì, sicuramente, le parole
sono state bellissime.
D. - Lei crede che forse la
Chiesa dovrebbe anche lasciare più libero il mondo dell’arte, non imporre dei canoni
troppo rigidi?
R. - No, credo che i canoni rigidi
siano necessari. L’arte di oggi è in decadenza perché non c’è nessun limite. Non credo
che la Chiesa limiti la libertà, però ci vuole l’ispirazione, perché l’arte - anche
l’arte sacra - è spesso di una qualità bassissima perché non è veramente ispirata
dalla dimensione spirituale.
Molti i musicisti presenti
nella Cappella Sistina, tra i quali alcuni storici rappresentanti della canzone italiana,
come i Pooh, Riccardo Cocciante, Antonello Venditti e Claudio Baglioni:
“Io
avevo già incontrato Papa Benedetto XVI in occasione del raduno mondiale dei giovani
a Loreto e c’era stato già un piccolo discorso sul ruolo responsabile degli artisti
nei confronti del mondo, quindi sulla ricerca della bellezza. Bellezza in quanto interiorità,
apprezzamento di tutto quello che abbiamo già sotto gli occhi. Mi sembra che oggi
ci sia stata di nuovo questa chiamata per tante persone, quasi una 'chiamata al ruolo',
a svolgere in maniera personale e forte questo mestiere di artisti. Gli artisti, d’altronde,
possono fare dei sogni verticali e ritrasmetterli poi in orizzontale a tutti gli altri”.
Un
po’ d’imbarazzo a ritrovarsi accanto a colleghi più seriosi lo esprime l’attore Giacomo
Poretti del trio comico italiano Aldo, Giovanni e Giacomo:
R.
- Restituire il sorriso alle persone o ridere con loro ti porta la gioia nel cuore
e credo quindi che la gioia del cuore attraverso la risata sia molto imparentata con
la bellezza, col concetto di bellezza di cui parlava Benedetto XVI e Giovanni Paolo
II. Vuol dire che anche noi, nonostante ci sentiamo i parenti poveri dell’arte, abbiamo
questo compito di restituire e riportare dalle tenebre, come ha detto lui, un po’
di luce e un po’ di speranza.
D. - I tuoi due colleghi
d’arte cosa pensano di questa tua presenza qui?
R.
- Non so, ve lo racconterò la settimana prossima, perché già c'erano state delle perplessità.
Bisogna che li reincontri lunedì e martedì.
D. -
Hanno fatto battute cattive?
R. - (sorride) Sì, hanno
fatto delle battute cattive, hanno detto: “Si saranno sbagliati”… E io invece gli
ho detto: “Invece con voi non si sono sbagliati, vi hanno lasciato a casa”.
L'organizzatore
principale dell'incontro di ieri fra Benedetto XVI e gli artisti è stato il Pontificio
Consiglio della Cultura. Fabio Colagrande ha chiesto un'impressione al massimo responsabile
del dicastero, l'arcivescovo Gianfranco Ravasi:
R. - Da un
lato, possiamo dire che questo incontro ha avuto il valore di riproporre ancora un
tema che l’arte contemporanea stava ininterrottamente emarginando, cioè il tema della
bellezza, ritrovandola non semplicemente come estetismo ma come la possibilità di
avere una ricreazione della grandezza, del respiro, della speranza dell’umanità. Dall’altra
parte, di ritrovare ancora una sorta di sororità, di parentela tra arte e fede: perché,
anche se sono andate su strade differenti tra loro - e qualche volta si sono anche
perse nei vicoli, nelle ramificazioni - volenti o nolenti hanno entrambe la stessa
meta da raggiungere. Sia la fede che l’arte non vogliono rappresentare il visibile
ma vogliono cercare l’eterno e l’infinito, che si cela nello stampo freddo della parola,
dell’immagine e del suono. Per questo, se entrambe ritornano ancora a questa vocazione,
probabilmente troveranno un grande futuro glorioso.
D.
- Eccellenza, a quando il prossimo incontro?
R. -
Il Papa ha finito con quella famosa espressione, quell’appello che Paolo VI aveva
pronunciato 45 anni fa: “Arrivederci”. Naturalmente sarà compito mio, adesso, ricostruire
la continuità. Penso in particolare ad una continuità in due dimensioni: far recuperare
ancora la ricchezza della tradizione culturale, della tradizione artistica alle giovani
generazioni che tante volte hanno l’occhio e l’orecchio sporcato da immagini brutte
e da suoni devastanti. Ritrovare ancora questo glorioso passato e dall’altra parte
riuscire a ricordare che dal Novecento in avanti si è avuta una nuova grammatica,
sia dell’arte, sia della poesia stessa sia della musica. Questa nuova grammatica chissà,
forse tra un secolo, potrebbe creare un nuovo Mozart - com’è accaduto - o un Palestrina,
com’è accaduto quando Palestrina ha abbandonato il gregoriano e ha cominciato a fare
la polifonia, un nuovo genere sconcertante che ha prodotto dei capolavori.