La rubrica sull'Anno Sacerdotale dedicata alla parrocchia della periferia di Milano
dedicata al Santo Curato d'Ars. Intervista col parroco, don Renzo Marnati
La nostra rubrica sull’Anno Sacerdotale ci porta oggi in Lombardia. “Amare con un
cuore grande”: così don Renzo Marnati, parroco della Chiesa del Santo Curato
d’Ars di Milano, riassume il significato della vita sacerdotale. La parrocchia guidata
da don Marnati si trova alla periferia di Milano, in una zona di forte degrado. Ma
quali problematiche presenta, principalmente? Ascoltiamo lo stesso don Marnati, al
microfono di Isabella Piro:
R. - Anzitutto,
la presenza degli anziani: ci sono delle case popolari che risalgono al 1939, erano
state costruite per quelli che tornavano dalle colonie. Ci sono tante persone che
sono dentro da quei tempi, quindi persone anziane che sono entrate quando il complesso
era un giardino. Adesso c’è una situazione di degrado impressionante, anche perché,
laddove gli anziani sono morti o sono andati via, le case non si sono più potute dare
a causa del degrado e quindi sono arrivati molti abusivi: è diventata una convivenza
veramente strana. La seconda cosa, come un po’ in tutte le periferie, riguarda la
presenza dei giovani che, da una parte, ci sono - e questa è una bella cosa - d’altra
parte, chiaramente, ci sono fenomeni di solitudine, che riguardano davvero anche il
mondo giovanile.
D. - La vostra parrocchia organizza
sistemi sociali di accoglienza, di sostegno, sia per gli anziani, sia per i giovani?
R.
- Abbiamo in atto mille iniziative: collaboriamo con un’iniziativa del vescovo sul
Fondo di solidarietà e poi abbiamo lanciato un tentativo di microcredito… In questi
giorni, ci sono quasi 200 ragazzi che stanno vivendo l’esperienza dell’oratorio feriale.
Anche se non in tutte le parrocchie qui intorno ci sono queste iniziative, quelli
coinvolti sono davvero tanti.
D. - Di cosa hanno
bisogno, a suo parere, le chiese situate in zone difficili della città?
R.
- Di sentire che c’è un tessuto globale. Si sta cercando da anni di collegare “in
rete” il territorio: qualche tentativo c’è, qualche sperimentazione è in atto. A livello
ecclesiale si lavora un po’ assieme, è una cosa molto bella. Però, anche in questo
caso, non è tutto immediatamente facile. A volte ci vuole lavoro…
D.
- La sua parrocchia è intitolata al Santo Curato d’Ars, in onore del quale è stato
indetto l’Anno Sacerdotale. Quale modello rappresenta per lei, questo Santo?
R.
- E’ un modello importantissimo perché è stato semplicemente parroco: niente di più
di quello, ma attraverso quel ministero ha percorso la via della santità. Quindi,
vuol dire che non c’è bisogno di cose particolari, ma anche solo esercitando il ministero
in quanto tale si può percorrere la via della santità. E questa, secondo me, è una
cosa bellissima. Non c’è bisogno di cercare l’eccezionalità, ma nella strada del ministero
quotidiano si trovano delle ricchezze grandissime.
D.
- Don Renzo, com’è nata in lei la vocazione?
R. -
E’ nata un po’ dalla famiglia, un po’ dal contesto del paese: io sono di Vanzago,
piccolo paese vicino a Rho, dove l’oratorio ha compiuto 85 anni qualche anno fa. Questo
ambiente dell’oratorio è sempre stato un ambiente molto vivo, pieno, partecipato.
Frequento l’oratorio da quando avevo sei anni ed è sempre stato un ambiente in cui
ho trovato tanto. E poi, c’è dietro un po’ anche la figura di mia nonna, che andava
in chiesa tutte le mattine e mi portava con sé: sicuramente, anche questo è stato
un riferimento importante.
D. - Se tornasse indietro,
rifarebbe la stessa scelta?
R. - Subito, volentieri!
D.
- Cosa si sente di dire a chi vuole intraprendere la vita sacerdotale?
R.
- Che è una bella scommessa: che vuol dire amare con il cuore grande, non tirarsi
indietro di fronte alle sfide e che bisogna gustare lo stare con gli altri, vivere
la comunità, lo scoprire che c’è tanta gente che vuol bene al Signore ed è bello camminare
insieme.