La riflessione di mons. Bruno Forte sulla solennità di Cristo Re: riscoprirne la signoria
guardando al suo trono, la Croce
La solennità di Cristo Re dell’Universo fu istituita da Pio XI con l’Enciclica Quas
primas dell’11 dicembre 1925 per la conclusione del Giubileo di quell’anno. Ma
cosa vuole celebrare in particolare questa giornata? Tiziana Campisi lo ha
chiesto a mons. Bruno Forte, arcivescovo della diocesi di Chieti-Vasto:
R. - Vuole
celebrare che la verità semplice e grande, che il senso ultimo della vita e della
storia, quello a cui orientare tutto ciò che siamo e facciamo - le scelte del cuore,
le speranze, i desideri e le attese - è il Signore Gesù che tornerà nella gloria.
Noi viviamo fra il “già” di una sua venuta e il “non ancora” del suo ritorno. La prima
venuta ci riempie della pace della fede, il suo ritorno ci fa ardere della speranza
e del desiderio. In questa tensione, fra il “già” e il “non ancora” c’è l’amore, la
carità vissuta nel presente che nasce ai piedi della sua Croce e vive nel desiderio
di Lui, che ci viene incontro nei bisogno del povero, del prossimo, dell’altro che
ci interpella. La Solennità di Cristo Re è la riscoperta continua, alla fine dell’Anno
liturgico, di questa condizione di pellegrino del cristiano, teso fra il “già” della
primavera del suo primo Avvento e il “non ancora” del compimento dell’estate del suo
ritorno glorioso.
D. - Cristo Re dell’Universo, non
sempre è facile vederlo nella realtà di oggi. Come fare per guardare alla realtà di
Cristo proprio come Re dell’Universo?
R. - Guardando
al suo trono: la Croce. Cristo regna non con una regalità secondo le logiche di questo
mondo, ma regna con la regalità della vita donata con amore, consegnata sull’albero
della Croce. Proprio così è possibile riconoscerlo nel povero, nel sofferente, nelle
contraddizioni quotidiane della vita. Proprio così è possibile sentirlo vicino nel
nostro dolore, sentire che lui è capace di trasformarlo e di aiutarci a trasformarlo
in amore. In altre parole, la regalità di Cristo, Re glorioso che regna sulla Croce,
è anche la potenza del suo amore che ci aiuta a trasformare la vita, a donarle senso
ogni istante.
D. - Dopo la Festa di Cristo Re, con
quale spirito si può affrontare il nuovo Anno liturgico?
R.
- Con la gioia di sapere che non siamo soli, che Colui che è venuto e che verrà ci
accompagna, che tutta la vita e tutta la storia sono come un grande Avvento che prepara
la sua venuta ultima: nella certezza gioiosa, però, della sua prima venuta che nella
fede - nei segni della fede, della Parola della vita - continuamente ci nutre.
D.
- Con Cristo Re dell’Universo si conclude un ciclo di liturgie e ne comincia uno nuovo,
l’Avvento. Come prepararci in tal senso?
R. - Educarci
a vivere il tempo - il tempo della vita quotidiana e della grande storia del mondo
- proprio come uno spazio di desiderio, di attesa nell’esperienza continua della vicinanza
di Colui che è già venuto e nel suo spirito si fa sempre presente. Per il cristiano,
ogni kronos, ogni tempo materiale è possibile trasformarlo in kairos, come dice il
Nuovo Testamento: cioè, in quel tempo di grazia, in quell’ora lieve e gioiosa dell’incontro
di amore con il Signore che, compiuto pienamente nella gloria, è tuttavia già possibile
realizzarsi grazie allo sguardo della fede e al dono della grazia nella provvisorietà
del frattempo in cui noi siamo incamminati come pellegrini verso il domani promesso.