Si svolge questa mattina nella Cappella Sistina l'atteso incontro tra Benedetto XVI
e gli artisti. L'evento si svolge nel decennale della Lettera agli Artisti di Giovanni
Paolo II e a 45 anni dallo storico incontro di Paolo VI con il mondo dell'arte, nel
maggio del 1964. L’appuntamento intende rinnovare l’amicizia tra la Chiesa e gli artisti
e suscitare nuove occasioni di collaborazione. Il servizio di Fabio Colagrande: La Cappella
decorata da Michelangelo fu il primo luogo ad ospitare, quasi mezzo secolo fa, l’incontro
di un Pontefice con il mondo dell’arte. Fu Papa Montini, proseguendo un riavvicinamento
avviato dai suoi predecessori Pio XII e Giovanni XXIII, a volere quell’occasione per
lanciare un appassionato appello alla riconciliazione: “Devo
dire la grande parola, che del resto voi già conoscete: Noi abbiamo bisogno di voi!
Il Nostro ministero ha bisogno della vostra collaborazione. Mi permettete? Ci avete
un po’ abbandonato, siete andati lontani, a bere ad altre fontane… Riconosceremo che
anche Noi vi abbiamo fatto tribolare, perché abbiamo imposto come canone primo la
limitazione, vi abbiamo messo una cappa di piombo addosso – possiamo dirlo: perdonateci!
Rifacciamo la pace? Quest’oggi, qui, vogliamo ritornare amici: il Papa diventa ancora
l’amico degli artisti! Noi dobbiamo ritornare alleati!”. Sulla
scia di queste vibranti parole di Paolo VI, ribadite l’anno dopo nel messaggio agli
artisti in chiusura del Concilio, e della lettera firmata da Giovanni Paolo II nel
1999, si situa l’odierna convocazione di Benedetto XVI. Tra i circa 260 artisti che
hanno aderito all’invito del Papa e del Pontificio Consiglio della Cultura, anche
il poeta Roberto Mussapi che sottolinea quali spazi si aprono oggi al dialogo tra
Chiesa e mondo dell’arte: “Io credo che sia una necessità reciproca
in quanto gli artisti più importanti, quelli a cui mi sento vicino – mi riferisco
anche ai registi del cinema, ai pittori – abbiano una esigenza forte di tipo metafisico
che rappresenta un ribaltamento rispetto alla sensibilità nichilista dei primi decenni
del Novecento. E quindi il loro contributo è fondamentale; dall’altro, hanno bisogno
di vedere una Chiesa immersa nell’esperienza artistica che è in sé un’esperienza creaturale
ed è un’esperienza di incarnazione nella religione cristiana. La poesia sembra una
metafora dell’incarnazione stessa, cioè l’espressione in forme storiche, culturali
di domande atemporali e soprannaturali”. Difficile dire chi
trarrebbe oggi maggiore giovamento da una rivitalizzazione della collaborazione tra
gli artisti e la Chiesa. Entrambi potrebbero trarne dei vantaggi, come ricorda un
altro poeta e scrittore che si trova oggi nella Cappella Sistina ad ascoltare il Papa:
Davide Rondoni: “Sicuramente, chi trova più giovamento nel rapporto
tra l’arte e la fede è l’artista, che trova nella fede non tanto un compimento dell’arte
come se l’arte dovesse compiersi nella fede; ma piuttosto, la possibilità di vedere
sempre quella che il più grande scultore del Novecento italiano, Arturo Martini, chiamava
'la quarta dimensione', la dimensione – cioè – del Mistero in tutto quello che vede.
Forse oggi la Chiesa potrebbe essere più attenta alla formazione artistica dei propri
sacerdoti, alla formazione umanistica nei propri seminari … A me ha sempre colpito
un racconto che faceva don Giussani, che è stato un mio grande amico. Lui diceva che
andava a fare la Comunione, da ragazzo, e intanto si ripeteva i versi di Leopardi;
perché o Gesù Cristo ha una risposta alle domande di Leopardi, oppure di Gesù Cristo
non se ne sarebbe fatto niente. Ecco, forse c’è bisogno di allargare questo tipo di
sensibilità, questo tipo di attenzione all’arte come patrimonio di un’esperienza di
fede”.