Appassionato appello del Papa agli artisti: siate testimoni di speranza per l'umanità
comunicando la bellezza senza temere il confronto con Dio, Bellezza infinita. Testo
integrale
Storico incontro stamani del Papa con gli artisti, nella Cappella Sistina, nel decennale
della Lettera agli Artisti di Giovanni Paolo II e a 45 anni dallo storico incontro
di Paolo VI con il mondo dell'arte, nel maggio del 1964. Agli artisti Benedetto XVI
ha rivolto questo “amichevole ed appassionato appello”:
“Cari Artisti …
Voi siete custodi della bellezza; voi avete, grazie al vostro talento, la possibilità
di parlare al cuore dell’umanità, di toccare la sensibilità individuale e collettiva,
di suscitare sogni e speranze, di ampliare gli orizzonti della conoscenza e dell’impegno
umano. Siate perciò grati dei doni ricevuti e pienamente consapevoli della grande
responsabilità di comunicare la bellezza, di far comunicare nella bellezza e attraverso
la bellezza! Siate anche voi, attraverso la vostra arte, annunciatori e testimoni
di speranza per l’umanità! E non abbiate paura di confrontarvi con la sorgente prima
e ultima della bellezza, di dialogare con i credenti, con chi, come voi, si sente
pellegrino nel mondo e nella storia verso la Bellezza infinita! La fede non toglie
nulla al vostro genio, alla vostra arte, anzi li esalta e li nutre, li incoraggia
a varcare la soglia e a contemplare con occhi affascinati e commossi la méta ultima
e definitiva, il sole senza tramonto che illumina e fa bello il presente”:ecco
il testo integrale del discorso del Papa: Signori Cardinali, venerati
Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, illustri Artisti, Signore
e Signori! Con grande gioia vi accolgo in questo
luogo solenne e ricco di arte e di memorie. Rivolgo a tutti e a ciascuno il mio cordiale
saluto, e vi ringrazio per aver accolto il mio invito. Con questo incontro desidero
esprimere e rinnovare l’amicizia della Chiesa con il mondo dell’arte, un’amicizia
consolidata nel tempo, poiché il Cristianesimo, fin dalle sue origini, ha ben compreso
il valore delle arti e ne ha utilizzato sapientemente i multiformi linguaggi per comunicare
il suo immutabile messaggio di salvezza. Questa amicizia va continuamente promossa
e sostenuta, affinché sia autentica e feconda, adeguata ai tempi e tenga conto delle
situazioni e dei cambiamenti sociali e culturali. Ecco il motivo di questo nostro
appuntamento. Ringrazio di cuore Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio
Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della
Chiesa, per averlo promosso e preparato, con i suoi collaboratori, come pure per le
parole che mi ha poc’anzi rivolto. Saluto i Signori Cardinali, i Vescovi, i Sacerdoti
e le distinte Personalità presenti. Ringrazio anche la Cappella Musicale Pontificia
Sistina che accompagna questo significativo momento. Protagonisti di questo incontro
siete voi, cari e illustri Artisti, appartenenti a Paesi, culture e religioni diverse,
forse anche lontani da esperienze religiose, ma desiderosi di mantenere viva una comunicazione
con la Chiesa cattolica e di non restringere gli orizzonti dell’esistenza alla mera
materialità, ad una visione riduttiva e banalizzante. Voi rappresentate il variegato
mondo delle arti e, proprio per questo, attraverso di voi vorrei far giungere a tutti
gli artisti il mio invito all’amicizia, al dialogo, alla collaborazione. Alcune
significative circostanze arricchiscono questo momento. Ricordiamo il decennale della
Lettera agli Artisti del mio venerato predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo
II. Per la prima volta, alla vigilia del Grande Giubileo dell’Anno 2000, questo Pontefice,
anch’egli artista, scrisse direttamente agli artisti con la solennità di un documento
papale e il tono amichevole di una conversazione tra “quanti – come recita l’indirizzo
–, con appassionata dedizione, cercano nuove «epifanie» della bellezza”. Lo stesso
Papa, venticinque anni or sono, aveva proclamato patrono degli artisti il Beato Angelico,
indicando in lui un modello di perfetta sintonia tra fede e arte. Il mio pensiero
va, poi, al 7 maggio del 1964, quarantacinque anni fa, quando, in questo stesso luogo,
si realizzava uno storico evento, fortemente voluto dal Papa Paolo VI per riaffermare
l’amicizia tra la Chiesa e le arti. Le parole che ebbe a pronunciare in quella circostanza
risuonano ancor oggi sotto la volta di questa Cappella Sistina, toccando il cuore
e l’intelletto. “Noi abbiamo bisogno di voi - egli disse -. Il Nostro ministero ha
bisogno della vostra collaborazione. Perché, come sapete, il Nostro ministero è quello
di predicare e di rendere accessibile e comprensibile, anzi commovente, il mondo dello
spirito, dell’invisibile, dell’ineffabile, di Dio. E in questa operazione… voi siete
maestri. E’ il vostro mestiere, la vostra missione; e la vostra arte è quella di carpire
dal cielo dello spirito i suoi tesori e rivestirli di parola, di colori, di forme,
di accessibilità” (Insegnamenti II, [1964], 313). Tanta era la stima di Paolo VI per
gli artisti, da spingerlo a formulare espressioni davvero ardite: “E se Noi mancassimo
del vostro ausilio – proseguiva –, il ministero diventerebbe balbettante ed incerto
e avrebbe bisogno di fare uno sforzo, diremmo, di diventare esso stesso artistico,
anzi di diventare profetico. Per assurgere alla forza di espressione lirica della
bellezza intuitiva, avrebbe bisogno di far coincidere il sacerdozio con l’arte” (Ibid.,
314). In quella circostanza, Paolo VI assunse l’ impegno di “ristabilire l’amicizia
tra la Chiesa e gli artisti”, e chiese loro di farlo proprio e di condividerlo, analizzando
con serietà e obiettività i motivi che avevano turbato tale rapporto e assumendosi
ciascuno con coraggio e passione la responsabilità di un rinnovato, approfondito itinerario
di conoscenza e di dialogo, in vista di un’autentica “rinascita” dell’arte, nel contesto
di un nuovo umanesimo. Quello storico incontro,
come dicevo, avvenne qui, in questo santuario di fede e di creatività umana. Non è
dunque casuale il nostro ritrovarci proprio in questo luogo, prezioso per la sua architettura
e per le sue simboliche dimensioni, ma ancora di più per gli affreschi che lo rendono
inconfondibile, ad iniziare dai capolavori di Perugino e Botticelli, Ghirlandaio e
Cosimo Rosselli, Luca Signorelli ed altri, per giungere alle Storie della Genesi e
al Giudizio Universale, opere eccelse di Michelangelo Buonarroti, che qui ha lasciato
una delle creazioni più straordinarie di tutta la storia dell’arte. Qui è anche risuonato
spesso il linguaggio universale della musica, grazie al genio di grandi musicisti,
che hanno posto la loro arte al servizio della liturgia, aiutando l’anima ad elevarsi
a Dio. Al tempo stesso, la Cappella Sistina è uno scrigno singolare di memorie, giacché
costituisce lo scenario, solenne ed austero, di eventi che segnano la storia della
Chiesa e dell’umanità. Qui, come sapete, il Collegio dei Cardinali elegge il Papa;
qui ho vissuto anch’io, con trepidazione e assoluta fiducia nel Signore, il momento
indimenticabile della mia elezione a Successore dell’apostolo Pietro. Cari
amici, lasciamo che questi affreschi ci parlino oggi, attirandoci verso la méta ultima
della storia umana. Il Giudizio Universale, che campeggia alle mie spalle, ricorda
che la storia dell’umanità è movimento ed ascensione, è inesausta tensione verso la
pienezza, verso la felicità ultima, verso un orizzonte che sempre eccede il presente
mentre lo attraversa. Nella sua drammaticità, però, questo affresco pone davanti ai
nostri occhi anche il pericolo della caduta definitiva dell’uomo, minaccia che incombe
sull’umanità quando si lascia sedurre dalle forze del male. L’affresco lancia perciò
un forte grido profetico contro il male; contro ogni forma di ingiustizia. Ma per
i credenti il Cristo risorto è la Via, la Verità e la Vita. Per chi fedelmente lo
segue è la Porta che introduce in quel “faccia a faccia”, in quella visione di Dio
da cui scaturisce senza più limitazioni la felicità piena e definitiva. Michelangelo
offre così alla nostra visione l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine della storia,
e ci invita a percorrere con gioia, coraggio e speranza l’itinerario della vita. La
drammatica bellezza della pittura michelangiolesca, con i suoi colori e le sue forme,
si fa dunque annuncio di speranza, invito potente ad elevare lo sguardo verso l’orizzonte
ultimo. Il legame profondo tra bellezza e speranza costituiva anche il nucleo essenziale
del suggestivo Messaggio che Paolo VI indirizzò agli artisti alla chiusura del Concilio
Ecumenico Vaticano II, l’8 dicembre 1965: “A voi tutti - egli proclamò solennemente
- la Chiesa del Concilio dice con la nostra voce: se voi siete gli amici della vera
arte, voi siete nostri amici!” (Enchiridion Vaticanum, 1, p. 305). Ed aggiunse: “Questo
mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione.
La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini, è quel
frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa
comunicare nell’ammirazione. E questo grazie alle vostre mani… Ricordatevi che siete
i custodi della bellezza nel mondo” (Ibid.). Il
momento attuale è purtroppo segnato, oltre che da fenomeni negativi a livello sociale
ed economico, anche da un affievolirsi della speranza, da una certa sfiducia nelle
relazioni umane, per cui crescono i segni di rassegnazione, di aggressività, di disperazione.
Il mondo in cui viviamo, poi, rischia di cambiare il suo volto a causa dell’opera
non sempre saggia dell’uomo il quale, anziché coltivarne la bellezza, sfrutta senza
coscienza le risorse del pianeta a vantaggio di pochi e non di rado ne sfregia le
meraviglie naturali. Che cosa può ridare entusiasmo e fiducia, che cosa può incoraggiare
l’animo umano a ritrovare il cammino, ad alzare lo sguardo sull’orizzonte, a sognare
una vita degna della sua vocazione se non la bellezza? Voi sapete bene, cari artisti,
che l’esperienza del bello, del bello autentico, non effimero né superficiale, non
è qualcosa di accessorio o di secondario nella ricerca del senso e della felicità,
perché tale esperienza non allontana dalla realtà, ma, al contrario, porta ad un confronto
serrato con il vissuto quotidiano, per liberarlo dall’oscurità e trasfigurarlo, per
renderlo luminoso, bello. Una funzione essenziale
della vera bellezza, infatti, già evidenziata da Platone, consiste nel comunicare
all’uomo una salutare “scossa”, che lo fa uscire da se stesso, lo strappa alla rassegnazione,
all’accomodamento del quotidiano, lo fa anche soffrire, come un dardo che lo ferisce,
ma proprio in questo modo lo “risveglia” aprendogli nuovamente gli occhi del cuore
e della mente, mettendogli le ali, sospingendolo verso l’alto. L’espressione di Dostoevskij
che sto per citare è senz’altro ardita e paradossale, ma invita a riflettere: “L’umanità
può vivere - egli dice - senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza
la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo.
Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui”. Gli fa eco il pittore Georges Braque:
“L’arte è fatta per turbare, mentre la scienza rassicura”. La bellezza colpisce, ma
proprio così richiama l’uomo al suo destino ultimo, lo rimette in marcia, lo riempie
di nuova speranza, gli dona il coraggio di vivere fino in fondo il dono unico dell’esistenza.
La ricerca della bellezza di cui parlo, evidentemente, non consiste in alcuna fuga
nell’irrazionale o nel mero estetismo. Troppo spesso, però, la
bellezza che viene propagandata è illusoria e mendace, superficiale e abbagliante
fino allo stordimento e, invece di far uscire gli uomini da sé e aprirli ad orizzonti
di vera libertà attirandoli verso l’alto, li imprigiona in se stessi e li rende ancor
più schiavi, privi di speranza e di gioia. Si tratta di una seducente ma ipocrita
bellezza, che ridesta la brama, la volontà di potere, di possesso, di sopraffazione
sull’altro e che si trasforma, ben presto, nel suo contrario, assumendo i volti dell’oscenità,
della trasgressione o della provocazione fine a se stessa. L’autentica bellezza, invece,
schiude il cuore umano alla nostalgia, al desiderio profondo di conoscere, di amare,
di andare verso l’Altro, verso l’Oltre da sé. Se accettiamo che la bellezza ci tocchi
intimamente, ci ferisca, ci apra gli occhi, allora riscopriamo la gioia della visione,
della capacità di cogliere il senso profondo del nostro esistere, il Mistero di cui
siamo parte e da cui possiamo attingere la pienezza, la felicità, la passione dell’impegno
quotidiano. Giovanni Paolo II, nella Lettera agli Artisti, cita, a tale proposito,
questo verso di un poeta polacco, Cyprian Norwid: “La bellezza è per entusiasmare
al lavoro, / il lavoro è per risorgere” (n. 3). E più avanti aggiunge: “In quanto
ricerca del bello, frutto di un’immaginazione che va al di là del quotidiano, l’arte
è, per sua natura, una sorta di appello al Mistero. Persino quando scruta le profondità
più oscure dell’anima o gli aspetti più sconvolgenti del male, l’artista si fa in
qualche modo voce dell’universale attesa di redenzione” (n. 10). E nella conclusione
afferma: “La bellezza è cifra del mistero e richiamo al trascendente” (n. 16). Queste
ultime espressioni ci spingono a fare un passo in avanti nella nostra riflessione.
La bellezza, da quella che si manifesta nel cosmo e nella natura a quella che si esprime
attraverso le creazioni artistiche, proprio per la sua caratteristica di aprire e
allargare gli orizzonti della coscienza umana, di rimandarla oltre se stessa, di affacciarla
sull’abisso dell’Infinito, può diventare una via verso il Trascendente, verso il Mistero
ultimo, verso Dio. L’arte, in tutte le sue espressioni, nel momento in cui si confronta
con i grandi interrogativi dell’esistenza, con i temi fondamentali da cui deriva il
senso del vivere, può assumere una valenza religiosa e trasformarsi in un percorso
di profonda riflessione interiore e di spiritualità. Questa affinità, questa sintonia
tra percorso di fede e itinerario artistico, l’attesta un incalcolabile numero di
opere d’arte che hanno come protagonisti i personaggi, le storie, i simboli di quell’immenso
deposito di “figure” – in senso lato – che è la Bibbia, la Sacra Scrittura. Le grandi
narrazioni bibliche, i temi, le immagini, le parabole hanno ispirato innumerevoli
capolavori in ogni settore delle arti, come pure hanno parlato al cuore di ogni generazione
di credenti mediante le opere dell’artigianato e dell’arte locale, non meno eloquenti
e coinvolgenti. Si parla, in proposito, di una via pulchritudinis,
una via della bellezza che costituisce al tempo stesso un percorso artistico, estetico,
e un itinerario di fede, di ricerca teologica. Il teologo Hans Urs von Balthasar apre
la sua grande opera intitolata Gloria. Un’estetica teologica con queste suggestive
espressioni: “La nostra parola iniziale si chiama bellezza. La bellezza è l’ultima
parola che l’intelletto pensante può osare di pronunciare, perché essa non fa altro
che incoronare, quale aureola di splendore inafferrabile, il duplice astro del vero
e del bene e il loro indissolubile rapporto”. Osserva poi: “Essa è la bellezza disinteressata
senza la quale il vecchio mondo era incapace di intendersi, ma che ha preso congedo
in punta di piedi dal moderno mondo degli interessi, per abbandonarlo alla sua cupidità
e alla sua tristezza. Essa è la bellezza che non è più amata e custodita nemmeno dalla
religione”. E conclude: “Chi, al suo nome, increspa al sorriso le labbra, giudicandola
come il ninnolo esotico di un passato borghese, di costui si può essere sicuri che
– segretamente o apertamente – non è più capace di pregare e, presto, nemmeno di amare”.
La via della bellezza ci conduce, dunque, a cogliere il Tutto nel frammento, l’Infinito
nel finito, Dio nella storia dell’umanità. Simone Weil scriveva a tal proposito: “In
tutto quel che suscita in noi il sentimento puro ed autentico del bello, c’è realmente
la presenza di Dio. C’è quasi una specie di incarnazione di Dio nel mondo, di cui
la bellezza è il segno. Il bello è la prova sperimentale che l’incarnazione è possibile.
Per questo ogni arte di prim’ordine è, per sua essenza, religiosa”. Ancora più icastica
l’affermazione di Hermann Hesse: “Arte significa: dentro a ogni cosa mostrare Dio”.
Facendo eco alle parole del Papa Paolo VI, il Servo di Dio Giovanni Paolo II ha riaffermato
il desiderio della Chiesa di rinnovare il dialogo e la collaborazione con gli artisti:
“Per trasmettere il messaggio affidatole da Cristo, la Chiesa ha bisogno dell’arte”
(Lettera agli Artisti, n. 12); ma domandava subito dopo: “L’arte ha bisogno della
Chiesa?”, sollecitando così gli artisti a ritrovare nella esperienza religiosa, nella
rivelazione cristiana e nel “grande codice” che è la Bibbia una sorgente di rinnovata
e motivata ispirazione. Cari Artisti, avviandomi
alla conclusione, vorrei rivolgervi anch’io, come già fece il mio Predecessore, un
cordiale, amichevole ed appassionato appello. Voi siete custodi della bellezza; voi
avete, grazie al vostro talento, la possibilità di parlare al cuore dell’umanità,
di toccare la sensibilità individuale e collettiva, di suscitare sogni e speranze,
di ampliare gli orizzonti della conoscenza e dell’impegno umano. Siate perciò grati
dei doni ricevuti e pienamente consapevoli della grande responsabilità di comunicare
la bellezza, di far comunicare nella bellezza e attraverso la bellezza! Siate anche
voi, attraverso la vostra arte, annunciatori e testimoni di speranza per l’umanità!
E non abbiate paura di confrontarvi con la sorgente prima e ultima della bellezza,
di dialogare con i credenti, con chi, come voi, si sente pellegrino nel mondo e nella
storia verso la Bellezza infinita! La fede non toglie nulla al vostro genio, alla
vostra arte, anzi li esalta e li nutre, li incoraggia a varcare la soglia e a contemplare
con occhi affascinati e commossi la méta ultima e definitiva, il sole senza tramonto
che illumina e fa bello il presente. Sant’Agostino,
cantore innamorato della bellezza, riflettendo sul destino ultimo dell’uomo e quasi
commentando ante litteram la scena del Giudizio che avete oggi davanti ai vostri occhi,
così scriveva: “Godremo, dunque di una visione, o fratelli, mai contemplata dagli
occhi, mai udita dalle orecchie, mai immaginata dalla fantasia: una visione che supera
tutte le bellezze terrene, quella dell’oro, dell’argento, dei boschi e dei campi,
del mare e del cielo, del sole e della luna, delle stelle e degli angeli; la ragione
è questa: che essa è la fonte di ogni altra bellezza” (In Ep. Jo. Tr. 4,5: PL 35,
2008). Auguro a tutti voi, cari Artisti, di portare nei vostri occhi, nelle vostre
mani, nel vostro cuore questa visione, perché vi dia gioia e ispiri sempre le vostre
opere belle. Mentre di cuore vi benedico, vi saluto, come già fece Paolo VI, con una
sola parola: arrivederci! Je suis heureux de saluer
tous les artistes présents. Chers amis, je vous encourage à découvrir et à exprimer
toujours mieux, à travers la beauté de vos œuvres, le mystère de Dieu et le mystère
de l’homme. Que Dieu vous bénisse ! Dear friends,
thank you for your presence here today. Let the beauty that you express by your God-given
talents always direct the hearts of others to glorify the Creator, the source of all
that is good. God’s blessings upon you all! Sehr
herzlich grüße ich euch, liebe Freunde. Mit eurem künstlerischen Talent macht ihr
gleichsam das Schöpferwirken Gottes sichtbar. Der Herr, der uns im Schönen nahe sein
will, erfülle euch mit seinem Geist der Liebe. Gott segne euch alle. Saludo
cordialmente a los artistas que participan en este encuentro. Queridos amigos, os
animo a fomentar el sentido y las manifestaciones de la hermosura en la creación.
Que Dios os bendiga. Muchas gracias.