2009-11-20 14:55:34

Vescovi africani: negato l'accesso alle cure di Aids a due terzi dei malati


“La Chiesa non è seconda a nessuno nella lotta all’Aids in Africa e nell’assistenza alle persone colpite” ed ha anzi un approccio di più ampio respiro al problema. È quanto affermano i vescovi africani riuniti nel SECAM, il Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar, nel messaggio per la Giornata mondiale contro l’Aids che si celebra il 1° dicembre. Facendo eco alle parole di Benedetto XVI in occasione del suo viaggio pastorale in Africa, la lettera ricorda che la Chiesa è impegnata in una "lotta efficace" contro l’Aids che continua a devastare il continente, anche se “esso sta progressivamente passando in secondo piano nell’agenda dei governi, della società civile e delle organizzazioni internazionali”. “Mentre l’attenzione ufficiale diminuisce – scrivono i presuli - noi esprimiamo la nostra determinazione pastorale a dare risposte adeguate , perché il continente africano resta il più colpito. A dispetto di alcune impressioni premature, l’Hiv e l’Aids non sono andati via e l’idea che oggi le cure siano accessibili a tutti è falsa”. Infatti, “solo un terzo delle persone infettate ricevono le cure necessarie”, e di questi “dopo due anni, solo il 60% sono ancora sotto trattamento”. Inoltre, “per ogni due persone in cura, ve ne sono cinque che hanno appena contratto il virus”. “Per invertire questo trend – continua il messaggio - occorre riconoscere l’impatto di tutti i fattori in gioco (le guerre, la debolezza degli Stati africani, la disuguaglianza tra uomini e donne, le devastazioni portate dai cambiamenti climatici e tanti altri) e affrontarli in modo comprensivo. Tutti questi fattori rendono infatti i poveri più poveri, più diseredati e più vulnerabili al virus e se contagiati più esposti al rischio di sviluppare la malattia”. Il problema dell’Aids – sottolineano quindi i vescovi del SECAM riprendendo i concetti espressi dal Papa - non può essere affrontato esclusivamente o principalmente con la distribuzione di profilattici. Solo una strategia basata sull’educazione alla responsabilità individuale nel quadro di una visione morale della sessualità umana, specialmente tramite la fedeltà coniugale, può avere un reale impatto sulla prevenzione della malattia. In particolare, “i comportamenti più efficaci per prevenire la trasmissione sessuale della malattia sono l’astinenza prima del matrimonio e la fedeltà all’interno del matrimonio”. Di qui, in conclusione l’appello ai giovani: “Non lasciatevi ingannare dall’idea che non potete controllarvi: l’astinenza è la migliore protezione”. (L.Z.)







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