Rapporto Unicef sulla drammatica condizione dell'infanzia violata
Sono ancora 25 mila i bambini, al di sotto dei 5 anni, che muoiono ogni giorno per
cause facilmente evitabili. Un numero in diminuzione rispetto al passato ma che esige
azioni concrete. È il messaggio lanciato dall’Unicef, che ha presentato ieri il rapporto
“La condizione dell'infanzia nel mondo”, per i 20 anni della Convenzione sui diritti
dell’infanzia che si celebrano oggi. Mercoledì, all’udienza generale, anche il Papa
ha invitato i fedeli ad unirsi alla sua preghiera facendo appello alla comunità internazionale,
affinché “si moltiplichino gli sforzi per offrire una risposta adeguata ai drammatici
problemi dell’infanzia”. Il servizio è di Linda Giannattasio:
Per i bambini
resta ancora tanto da fare. L’Unicef lancia un appello, ma nel suo rapporto sulla
condizione dell’infanzia racconta anche le molte sfide vinte, prima fra tutte la riduzione
del numero dei decessi tra i bambini al di sotto dei 5 anni, passato da 12,5 milioni
nel '90 a circa 8 milioni, lo scorso anno. Una diminuzione, spiega il rapporto, che
riflette il successo nella comunità internazionale dei programmi di vaccinazione:
la poliomielite è prossima all’eradicazione, i decessi infantili provocati dal morbillo
sono diminuiti del 74% tra il 2000 e il 2007. Milioni di vite sono state salvate con
le vaccinazioni contro difterite, tetano o epatite. In calo i tassi di diffusione
dell’Hiv. Restano enormi, però, le differenze tra le varie regioni del mondo. Asia
e Africa le aree dove l’emergenza è più forte: nell’Africa subsahariana muoiono ancora
144 bambini ogni 1.000 e 76 nell’Asia meridionale. Sono passati 20 anni dall'approvazione
della Convenzione sui diritti dell’infanzia, adottata dalle Nazioni Unite e ratificata
da 193 Paesi. Cosa è cambiato in questi anni? Risponde Vincenzo Spadafora,
presidente di Unicef Italia: “Negli anni Novanta, dicevamo che morivano
oltre 12 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni ogni anno; i dati più recenti
ci dicono che siamo scesi a otto milioni. Chiaramente, parliamo ancora di una cifra
terribilmente alta, però vuol dire anche che il lavoro che abbiamo compiuto in Italia
e nel mondo, dove poi abbiamo realizzato concretamente il nostro impegno, è servito
realmente a qualcosa”.
Il Papa mercoledì ha lanciato un appello, perché
offra un’adeguata risposta ai “drammatici” problemi dell’infanzia. Cosa può fare allora
la comunità internazionale? Ancora Spadafora: “Il messaggio del Pontefice
è straordinario perché va al cuore del problema: al di là della buona volontà di tante
persone, di organizzazioni come la nostra e dei volontari il problema è nelle mani
dei governi. Questo è un dato di fatto. E sono i governi che devono far sì che questi
temi non siano considerati marginali, ma siano davvero delle priorità. A volte sentiamo
dire che non ci sono risorse, ma sono i governi che decidono dove e cosa finanziare.
Per cui, se davvero i governi – compreso quello italiano – decideranno di fare qualcosa
di concreto, credo che sarà il modo migliore per rispondere all’appello del Pontefice
ma soprattutto ai bisogni concreti di tutti i bambini”.
Tante le sfide
per il futuro, per aiutare quei bambini – ancora un miliardo – privi di uno o più
servizi essenziali alla loro sopravvivenza. Tante azioni ancora da compiere per garantire
che la promessa di quei diritti, sanciti dalla Convenzione del 1989, diventi realtà.