Mons. Piacenza: in Olanda una nuova primavera per la Chiesa
“Ho avuto l’impressione di una nuova primavera per la Chiesa olandese”. Così il segretario
della Congregazione per il Clero, mons. Mauro Piacenza ha definito l’incontro
che ha avuto ad Amsterdam, su invito dei vescovi e dei rettori nel quadro dell’Anno
Sacerdotale, con oltre cento seminaristi dei quattro seminari dei Paesi Bassi. Un
incontro a cui ha preso parte anche il primate olandese mons. Willen Eijk, arcivescovo
di Utrecht e l’arcivescovo di Haarlem-Amsterdam, mons. Joseph Maria Punt, che ha promosso
l’evento. Al suo rientro in Vaticano, Roberto Piermarini ha chiesto a mons.
Piacenza quale sia la situazione delle vocazioni in Olanda:
R. – La situazione
mi sembra buona, anzitutto perché i seminaristi erano più o meno 103-104 e se pensiamo
al numero piuttosto piccolo di diocesi in Olanda, è tutto sommato un numero - nel
contesto contemporaneo e nelle attuali situazioni - abbastanza consolante, ma soprattutto
consolante è la qualità e la vivacità. Io ho parlato senza troppe mediazioni della
dottrina sul sacerdozio, richiamando ai grandi punti soprattutto di orientamento cristologico
ed ecclesiologico ed ho trovato un interesse non soltanto vivace, ma anche straordinario
rispetto a quello che potevo immaginarmi e soprattutto ho sentito nel dibattito successivo
alle singole relazioni e dalle domande un interesse per le cose importanti e sostanziali,
una grande buona volontà e spirito di fede e, direi, di realismo da parte dei seminaristi.
D. – Nei seminari dei Paesi Bassi viene data una formazione
missionaria visto che l’Olanda è stato uno dei Paesi che ha sempre dato tantissimi
missionari alla Chiesa universale... R. – E’ chiaro che quando
si forma un sacerdote si deve sempre formare con un cuore missionario, perché altrimenti
non sarebbe neanche un sacerdote. Io credo che se si formeranno questi sacerdoti secondo
le esigenze della Chiesa locale, con una prospettiva veramente sacerdotale e quindi
sempre veramente missionaria sia come sensibilità, ma sia anche come formazione intellettuale,
e se si riuscirà a rifare un certo tessuto connettivo in merito, è chiaro che il carattere
stesso, la loro storia, i loro ricordi anche di un’epopea di santi e di eroi della
fede, porterà certamente – secondo me – ad uno slancio missionario anche ad gentes.
D. – Sono sempre le parrocchie la fucina delle vocazioni o
anche le famiglie ed altre realtà ecclesiali? R. – Direi soprattutto
le realtà ecclesiali e quindi soprattuto movimenti, gruppi di preghiera. Ci sono poi
anche quelle sorprese, che ci sono sempre, e che sono quelle che lo Spirito Santo
ci dona per darci conforto - perché anche dalle macerie possono fiorire le serre -
e sono quelle di quei ragazzi che possono venire da esperienze totalmente negative
rispetto alla fede, dall’aver militato in gruppi decisamente anche antiecclesiali
e che poi si sono ritrovati a porsi delle domande-chiave o hanno incontrato qualche
situazione nella loro vita o qualche persona o qualche comunità che ha indubbiamente
aperto loro gli occhi. D. – Quindi lei è soddisfatto? Vede
un filo di speranza in questa visita anche per la Chiesa olandese? R.
– Decisamente sì. Ho visto poi una certa comunanza di intenti degli educatori e dei
formatori, con i quali mi sono poi visto personalmente e privatamente, ed ho visto
anche una buona volontà. Soprattutto ho visto una capacità – veramente bella – di
leggere gli anni passati, di leggere gli errori che sono stati fatti con grande umiltà
e questo è fondamentale per poter programmare in fedeltà il futuro. Io credo che si
possa erpicare il terreno, perché importante è, secondo me, avere l’umiltà di riconoscere
gli errori, perché se da un seminario di 80 persone arrivo ad un seminario di 5 persone,
io non posso dire semplicemente che “sono i tempi”, perché non erano neanche molto
facili i tempi degli Apostoli…! Bisogna, quindi, creare una grinta missionaria, una
grinta missionaria che si fa innamorandosi di nostro Signore Gesù Cristo e quindi
facendo un’esperienza travolgente di amore personale.