Popolari europei a Venezia. Intervista con Carlo Casini
Al via a Venezia la Conferenza internazionale, promossa dal gruppo parlamentare del
Partito popolare europeo, dedicato al dialogo con le Chiese cristiane e le altre istituzioni
religiose. Un dialogo, quello promosso dal Ppe, con rappresentanti del cristianesimo,
dell’ebraismo e dell’islam, che mira a rafforzare i comuni valori europei come la
tolleranza, la diversità ed il rispetto reciproco. Il servizio del nostro inviato
Stefano Leszczynski:
Il dialogo
interreligioso come strumento per promuovere e rafforzare i valori fondanti dell’Unione
Europea. Con questo intento, si sono riuniti a convegno a Venezia, nello storico complesso
monumentale dell’isola di San Servolo, i rappresentanti del Ppe e quelli delle Chiese
cristiane, dell’islam e dell’ebraismo. Un dialogo iniziato 15 anni fa dal presidente
del Ppe, Wilfried Martens, ex primo ministro belga, e diretto inizialmente a rafforzare
i legami con il mondo della chiesa ortodossa. Oggi che il progetto europeo ha conosciuto
uno sviluppo insperato nel passato, la ricerca di un’identità europea diviene irrinunciabile
e passa necessariamente per l’identificazione dei principi che uniscono i cittadini
europei. Il tema del dialogo interreligioso - sottolinea l’europarlamentare Mario
Mauro - ha un importante valore politico nell’Europa di oggi. Se, infatti, è vero
che le religioni da sole non possono trovare soluzione agli attuali problemi politici
dell’Europa, è anche vero - sottolinea Mauro - che la politica non può non tener conto
delle istanze religiose nella realizzazione dei propri programmi.
L’Unione
Europea con i suoi 27 Stati e le 23 differenti lingue parlate al suo interno offre
un modello unico nel suo genere circa i risultati che il dialogo interculturale può
conseguire. In questo ambito - anche se la disciplina dei rapporti tra le religioni
e gli Stati esula dal campo prettamente comunitario - il dialogo con le religioni
può portare un importante contributo in campo etico e morale in tutto ciò che riguarda
la vita quotidiana dei cittadini dell’Unione. La difesa della libertà religiosa e
della dignità dell’essere umano costituiscono, nella parole dei relatori al convegno,
lo strumento fondamentale per contrastare il relativismo che avanza da più parti in
ambito europeo: una concezione errata della laicità, che ha prodotto distorsioni degli
ideali europei come la sentenza della Corte di Strasburgo sul divieto di esporre i
crocifissi nelle scuole italiane.(Da Venezia, Stefano Leszczynski, Radio
Vaticana)
Sull’importanza del patrimonio cristiano per la vita sociale
e politica del Vecchio continente, il nostro inviato a Venezia, Stefano Leszczynski,
ha intervistato il deputato del Ppe, Carlo Casini, presidente della Commissione
affari costituzionali del parlamento europeo:
R. - Il
cristianesimo dovrebbe essere anche il nostro "humus" politico. Quindi, il rapporto
con le Chiese è estremamente importante. Ci sono evidentemente due problemi. Uno è
quello di garantire da parte della politica la libertà delle Chiese, che è problema
non soltanto extraeuropeo, a volte gravissimo, ma è un problema anche interno all’Europa.
Tuttavia, c’è anche il problema di verificare assieme alle Chiese cristiane questa
nostra identità. Sotto questo profilo è utile parlare di dignità umana, che è il linguaggio
comune sia della visione religiosa, sia della visione politica. Se poi non sappiamo
in che cosa consiste questa dignità umana, le Chiese, in questo senso, ci possono
aiutare. C’è poi, però, una connessione con tutti i problemi che discendono da questo
concetto. Ce ne sono stati piccolissimi accenni finora, ma se pensiamo alla famiglia
- soprattutto al significato della vita nei momenti della sua estrema fragilità -
si capisce che il dialogo con le Chiese è estremamente importante. Non è un dialogo
clericale, non è confessionale: è un dialogo per scoprire esattamente chi è l’uomo
e quindi quale sia la radice della nostra azione politica. La politica, alla fine,
deve servire l’uomo.
D. - Sembra che si diffonda
sempre di più in Europa, ma anche nei vari Stati membri, una distorta idea di laicità:
quindi, la laicità come esclusione della Chiesa dalla vita sociale e dalla vita istituzionale
e politica. Come deve essere una corretta interpretazione della laicità?
R.
- Io parlerei di una visione corrotta della laicità, perché la visione cristiana applicata
alla vita civile è una visione laica, cioè non pretende, nella modernità, di imporre
la fede a nessuno. La fede non può nascere e crescere se non nella libertà di coscienza
individuale. Intende indicare la visione religiosa dell’uomo e della società, il primato
della persona umana, che è esattamente il valore che renderebbe nobile la laicità.
Purtroppo, oggi, la laicità viene intesa non solo come opposizione alla Chiesa, ma
c’è una visione, più in generale, corrotta, che è quella per cui essere laici significa
non avere alcuna verità, cioè essere l’uomo del dubbio. Non credo che questa sia una
visione nobile. Io penso che una visione vera della laicità sia quella che nasce dalla
storia, che cioè afferma la possibilità di tutti gli uomini di lavorare e di vivere,
crescere, sperare insieme, perché ci sono alcuni valori comuni. Questi valori comuni
non sono necessariamente quelli dell’appartenenza ad una religione invece che ad un’altra,
ma della comune considerazione, del valore dell’uomo come valore supremo all’interno
del mondo. Dunque, la dignità umana come valore uguale per tutti e la ragione come
strumento che tutti abbiamo in comune. Si è laici nella misura in cui si crede alla
ragione e se si ritiene che vi sia un obiettivo comune: quello di riconoscere l’uguaglianza
di tutti gli esseri umani. Una visione corrotta della laicità è quella che dice: “No,
nemmeno questa è una cosa vera, noi facciamo ciò che ci pare”. E allora si arriva
al contrario della laicità: si abbandona la ragione e si nega l’uomo. (Montaggio
a cura di Maria Brigini)