Mons. Chang-mou sulla visita di Obama a Seul: le Coree hanno bisogno di ponti, non
di muri
La visita del presidente statunitense, Barak Obama, a Seul è un'occasione importante
per ribadire che “per la riconciliazione con i fratelli del Nord” - e per porre fine
alla “guerra fredda e alla ‘cortina di ferro’, residuo del secolo scorso” - i coreani
al di qual e al di là del 38.mo parallelo hanno bisogno di "ponti, non di muri". L'affermazione
è di mons. Andreas Choi Chang-mou, arcivescovo di Kwangju e membro della Commissione
Speciale per la Riconciliazione in seno alla Conferenza episcopale coreana. Intervistato
dall'agenzia Fides, il presule ha parlato del negoziato in atto osservando che, “in
questo processo, molto dipende dalla comunità internazionale e dalle grandi potenze
coinvolte: USA, Russia, Cina e Giappone”. Al presidente Usa Barak Obama, da oggi in
visita a Seul, l’arcivescovo di Kwangju ricorda “gli ottimi risultati della sunshine
policy inaugurata dal defunto leader Kim Dae Jung”, che portò a un forte riavvicinamento
e storici segnali di apertura fra Corea del Nord e Corea del Sud. “Sarebbe una politica
da rilanciare, a tutti i livelli”, nota ancora il presule, che invia un messaggio
al presidente Obama: “A 20 anni dalla caduta del muro di Berlino, guardando quello
storico evento, vorrei dire: la Corea ha bisogno di ponti, non di muri. Dobbiamo lavorare
in questa direzione”. E aggiunge: “La Chiesa sostiene la politica del dialogo, che
in passato aveva dato ottimi risultati e grandi segni di speranza. Per contribuire
alla riconciliazione del popolo coreano abbiamo istituito - ricorda - una apposita
Commissione per la Riconciliazione a livello di Conferenza episcopale". La Chiesa
in Corea del Sud ha fra le sue priorità pastorali l’aiuto e la solidarietà verso i
fratelli del Nord. “Lavoriamo lì tramite la Caritas e le opere sociali - afferma l'arcivescovo
di Kwangju - dato che la popolazione al Nord versa in condizioni di estrema povertà:
è una questione umanitaria e di sviluppo umano, così si esprime l'amore al prossimo”.
E sulla presenza di “semi di fede cristiana” in Nord Corea, mons. Choi Chang-mou sottolinea:
“In Nord Corea, dopo le persecuzioni dei decenni scorsi, c'è la cosiddetta ‘Chiesa
del silenzio’: una comunità di persone che non hanno lasciato estinguere la fiammella
dello Spirito ma che non hanno libertà di professarsi fedeli in Cristo. E’ una Chiesa
che soffre, che va incoraggiata e pian piano risvegliata, non abbandonata”. (A.D.C.)