Obama contro gli insediamenti israeliani a Gerusalemme Est
La decisione israeliana sugli insediamenti inasprisce i palestinesi “in un modo che
potrebbe andare a finire molto pericolosamente”: è quanto ha detto oggi il presidente
degli Stati Uniti, Barack Obama, in una intervista alla Fox News. Già ieri il portavoce
della Casa Bianca aveva espresso costernazione e preoccupazione per il riavvio dei
negoziati di pace. Anche il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha deplorato
l'autorizzazione data ieri dalle autorità israeliane alla costruzione di 900 nuovi
alloggi a Gerusalemme Est, insediamenti ritenuti dall’Onu illegali. La questione
di Gerusalemme Est rappresenta uno dei principali punti di attrito tra israeliani
e palestinesi. Lo spiega Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente, nell’intervista
di Roberta Rizzo:
R. - Sono in
linea di collisione da parecchio tempo. Netanyahu aveva in qualche modo accettato
di frenare sugli insediamenti in Cisgiordania, mentre sulla questione di Gerusalemme
Est non c’è mai stata da parte israeliana la spinta a seguire le richieste americane.
Adesso siamo al momento della verità e bisogna capire se questa diversità di opinione
evidente tra amministrazione Obama e governo israeliano sfocerà in qualcosa, oppure
se rimarranno semplicemente due punti di vista diversi e si andrà avanti a costruire
case a Gerusalemme Est, come succede da quarant’anni a questa parte.
D. -
Dunque, si tratta di una battuta di arresto al processo di pace?
R. - La situazione,
in questi giorni, è estremamente grave in Medio Oriente: sta davvero saltando il quadro
delineato con il processo di pace iniziato a Oslo. Con tutto quanto è accaduto nelle
ultime settimane - nel momento in cui Abu Mazen ha detto che non si sarebbe ricandidato
alla presidenza dell’Autorità palestinese, e nel momento in cui, ormai da giorni,
l’Autorità palestinese continua a dire di voler procedere con la proclamazione di
uno Stato in maniera autonoma rispetto alla trattativa - il processo di pace è già
finito. Siamo ormai di fronte a due alternative: o si blocca la costruzione delle
case e si rimette in qualche modo in gioco la trattativa sugli insediamenti, riavviando
il processo di pace, oppure andiamo verso gli atti unilaterali. Certo è che la comunità
internazionale può dire all’Autorità palestinese che dichiarare unilateralmente la
nascita di uno Stato è un passo azzardato. Ma devono anche offrirle una alternativa
e l’unica alternativa è dimostrare che il processo negoziale può portare a qualche
soluzione.