Colloquio nel centenario della nascita del cardinale Willebrands, protagonista dell'ecumenismo
Si svolgerà domani a Roma, presso la Pontificia Università Gregoriana, il Colloquium
dedicato al cardinale Johannes Willebrands nel centenario della nascita, organizzato
dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. All’iniziativa
partecipa anche l’arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana Rowan
Williams, che sabato incontrerà in Vaticano Benedetto XVI. Chiuderà l’incontro una
relazione del cardinale Walter Kasper, presidente del dicastero per l’unità dei cristiani.
Philippa Hitchen ha chiesto a uno dei promotori dell’evento, padre James
Puglisi, direttore del Centro Pro Unione e ministro generale dei Frati Francescani
dell’Atonement, quale sia lo scopo di questo colloquio:
R. – Lo scopo
è quello di ricordare il cardinale Willebrands anzitutto come persona e, in secondo
luogo, come una persona che ha gestito la questione ecumenica a nome della Chiesa.
All’inizio si può parlare di una squadra Bea-Willebrands, anche prima del Concilio,
perché furono nominati al Segretariato per l’unità dei cristiani per la preparazione
dei documenti ufficiali del Vaticano II. Si ricorda quindi anche come architetto della
prima fase – se vogliamo – dell’impegno ecumenico della Chiesa cattolica e poi, essendo
un grande teologo e avendo una conoscenza della teologia veramente molto profonda,
la sua ultima conferenza pubblica ha spiegato il perché rimanesse un uomo di speranza.
Tutto questo ci fa pensare alla speranza che genera ancora all’interno della Chiesa. D.
– Il cardinale Willebrands ha lavorato anche con il vostro centro. Un suo ricordo
personale di questo grande uomo, di questo grande teologo?
R.
– Era molto simpatico. Abbiamo ancora davanti a noi la sua immagine, la domenica mattina,
con il suo berretto, che va alla partita di calcio, col sigaro in bocca. Queste sono
le immagini che abbiamo di lui. Durante il Concilio, quando era anche chiamato a guidare
gli osservatori ortodossi, anglicani e protestanti presenti al Concilio, abbiamo organizzato
delle Conferenze con degli esperti per affrontare insieme quello che stava succedendo.
Così facendo, la presenza degli osservatori e degli esperti è stata portata alla luce,
permettendo di far arrivare anche il loro pensiero, il loro spirito, la loro idea
all’interno del Concilio. Essendo poi il latino la lingua ufficiale del Concilio,
molti vescovi che non comprendevano perfettamente la lingua latina hanno partecipato
a queste Conferenze per cercare di capire cosa realmente stesse succedendo. Il cardinale
Willebrands con la sua conoscenza teologica e – possiamo dire – anche con la sua abilità
diplomatica, ha potuto negoziare situazioni difficili, trovare soluzioni, riuscendo
a compiere un lavoro profondo in merito all’ecumenismo durante il Concilio e dopo
il Concilio.
D. – Ha parlato di lui come uomo di
grande speranza. Nell’attuale movimento ecumenico cos’è che potrebbe dare ancora oggi
la speranza?
R. – Io penso che - così come egli stesso
disse - nonostante gli ostacoli, sia lo Spirito che gestisce tutto questo. Questa
è la fonte della speranza, perché non dipende dall’organizzazione degli uomini o delle
donne, ma dipende piuttosto dall’opera dello Spirito e nonostante l’ostacolo che noi
possiamo mettere lo Spirito vincerà. Questo è il motivo della speranza. (Montaggio
a cura di Maria Brigini)