Appello all'Europa: non dimentichi i cristiani discriminati in Iraq, Pakistan e Kosovo
“Libertà religiosa e diritti civili: i cristiani in Kosovo, Iraq e Pakistan” è il
tema discusso ieri a Roma alla Camera dei Deputati. Un dibattito, organizzato dall’associazione
“Salva i monasteri”, che ha messo in luce i difficili contesti nei quali i cristiani
si fanno testimoni del Vangelo nonostante la poca protezione e le violenze che subiscono.
C’era per noi Benedetta Capelli:
Un appello
all’Europa affinché non sia più cieca né sorda davanti alle discriminazioni inflitte
ai cristiani. Lo hanno lanciato ieri i vescovi presenti che hanno raccontato le violenze
subite e il mancato riconoscimento dei diritti civili. Kosovo, Iraq e Pakistan uniti
dunque da una profonda sofferenza ma anche dalla forza della fede delle piccole comunità.
Il racconto degli attacchi ai villaggi cristiani in Pakistan del vescovo di Faisalabad,
mons. Joseph Coutts:
“Abbiamo avuto questa brutta
esperienza nella piccola città di Gojra il 2 agosto, quando una grande folla di musulmani
ha attaccato noi cristiani. I cristiani avevano dissacrato il santo Corano e tutti
si sono arrabbiati, ma non era vero. Otto cristiani sono morti, più un bambino e una
bambina. Ma ci sono anche cose positive: il governo ha subito aiutato a ricostruire
le case che erano state bruciate. In Pakistan, tutti noi cristiani riuniti siamo più
o meno il 2 per cento, ma non siamo una minoranza silenziosa”. A preoccupare
però è la legge sulla blasfemia che prevede il carcere a vita o la condanna a morte
per chi profana il Corano o diffama il nome di Maometto. Una norma contestata, negli
ultimi tempi, anche dalla stessa comunità musulmana. Ancora mons. Joseph Coutts:
“La collaborazione con i musulmani è molto importante, importantissima.
Per i musulmani la legge è buona per difendere l’onore del profeta Maometto. Non è
che i non musulmani dissacrino il Corano, più che altro questa legge è diventata uno
strumento in mano a qualche nemico. E’ molto difficile difendersi. Adesso, però, hanno
capito, specialmente dopo questa tragedia di Gojra".
Più difficile la
situazione in Iraq dove si assiste ad un incessante esodo dei cristiani, dove si fa
fatica a rivendicare i propri diritti di fronte all’incertezza politica, aggravata
da anni di conflitto. Si sceglie così di vivere nel “dialogo silenzioso”, ha detto
mons. Mikhael Al Jamil, arcivescovo di Takrit dei Siri, nel mostrarsi
cioè nella propria “testimonianza di vita”:
“I cristiani sono liberi
di praticare la loro religione, i loro sentimenti e le loro preghiere. Per quanto
riguarda i diritti civili, però, questi non sono uguali a quelli di un musulmano,
che viene sempre prima di un cristiano. La convivenza non è male, ma non è come noi
pensiamo: non dobbiamo mai paragonare quello che succede in Oriente con quello che
succede in Occidente. E’ questo lo sbaglio, il grande sbaglio. Qui in Europa considerano
gli orientali come se avessero la loro stessa testa, il loro stesso pensiero. Bisogna
fare attenzione a questo”.
Infine il Kosovo, dove in 10 anni almeno
150 luoghi sacri sono stati distrutti, e dove è drammatico lo scenario in diverse
enclave serbe. Diventa così urgente lavorare per una convivenza più sentita e sul
rispetto reciproco affinché, come auspicato dal Papa, la libertà religiosa sia “la
roccia” su cui si fondano i diritti umani.