2009-11-18 16:10:00

Appello all'Europa: non dimentichi i cristiani discriminati in Iraq, Pakistan e Kosovo


“Libertà religiosa e diritti civili: i cristiani in Kosovo, Iraq e Pakistan” è il tema discusso ieri a Roma alla Camera dei Deputati. Un dibattito, organizzato dall’associazione “Salva i monasteri”, che ha messo in luce i difficili contesti nei quali i cristiani si fanno testimoni del Vangelo nonostante la poca protezione e le violenze che subiscono. C’era per noi Benedetta Capelli:RealAudioMP3

Un appello all’Europa affinché non sia più cieca né sorda davanti alle discriminazioni inflitte ai cristiani. Lo hanno lanciato ieri i vescovi presenti che hanno raccontato le violenze subite e il mancato riconoscimento dei diritti civili. Kosovo, Iraq e Pakistan uniti dunque da una profonda sofferenza ma anche dalla forza della fede delle piccole comunità. Il racconto degli attacchi ai villaggi cristiani in Pakistan del vescovo di Faisalabad, mons. Joseph Coutts:

“Abbiamo avuto questa brutta esperienza nella piccola città di Gojra il 2 agosto, quando una grande folla di musulmani ha attaccato noi cristiani. I cristiani avevano dissacrato il santo Corano e tutti si sono arrabbiati, ma non era vero. Otto cristiani sono morti, più un bambino e una bambina. Ma ci sono anche cose positive: il governo ha subito aiutato a ricostruire le case che erano state bruciate. In Pakistan, tutti noi cristiani riuniti siamo più o meno il 2 per cento, ma non siamo una minoranza silenziosa”.  
A preoccupare però è la legge sulla blasfemia che prevede il carcere a vita o la condanna a morte per chi profana il Corano o diffama il nome di Maometto. Una norma contestata, negli ultimi tempi, anche dalla stessa comunità musulmana. Ancora mons. Joseph Coutts:

“La collaborazione con i musulmani è molto importante, importantissima. Per i musulmani la legge è buona per difendere l’onore del profeta Maometto. Non è che i non musulmani dissacrino il Corano, più che altro questa legge è diventata uno strumento in mano a qualche nemico. E’ molto difficile difendersi. Adesso, però, hanno capito, specialmente dopo questa tragedia di Gojra".

Più difficile la situazione in Iraq dove si assiste ad un incessante esodo dei cristiani, dove si fa fatica a rivendicare i propri diritti di fronte all’incertezza politica, aggravata da anni di conflitto. Si sceglie così di vivere nel “dialogo silenzioso”, ha detto mons. Mikhael Al Jamil, arcivescovo di Takrit dei Siri, nel mostrarsi cioè nella propria “testimonianza di vita”:

“I cristiani sono liberi di praticare la loro religione, i loro sentimenti e le loro preghiere. Per quanto riguarda i diritti civili, però, questi non sono uguali a quelli di un musulmano, che viene sempre prima di un cristiano. La convivenza non è male, ma non è come noi pensiamo: non dobbiamo mai paragonare quello che succede in Oriente con quello che succede in Occidente. E’ questo lo sbaglio, il grande sbaglio. Qui in Europa considerano gli orientali come se avessero la loro stessa testa, il loro stesso pensiero. Bisogna fare attenzione a questo”.

Infine il Kosovo, dove in 10 anni almeno 150 luoghi sacri sono stati distrutti, e dove è drammatico lo scenario in diverse enclave serbe. Diventa così urgente lavorare per una convivenza più sentita e sul rispetto reciproco affinché, come auspicato dal Papa, la libertà religiosa sia “la roccia” su cui si fondano i diritti umani.







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