Il dramma dei 300 mila bambini soldato nel mondo al centro della Conferenza internazionale
di Torino. Intervista col prof. Giorgio Greppi
“L’infanzia violata dalla guerra: i bambini soldato” è il titolo della Conferenza
internazionale svoltasi ieri a Torino presso la Scuola di applicazione e Istituto
di studi militari dell’Esercito. Si tratta di un fenomeno drammatico ed estremamente
diffuso al quale la Comunità internazionale non riesce a porre un freno. Da decenni,
infatti, nonostante numerose convenzioni internazionali per la tutela dell’infanzia
i bambini soldato continuano ad essere arruolati in maniera coatta, ad uccidere ed
essere uccisi. Stefano Leszczynski ha intervistato il prof. Giorgio Greppi,
coordinatore dell’Osservatorio sui diritti umani dell’Ispi, l'Istituto per gli studi
di politica internazionale:
R. - La situazione
è particolarmente drammatica ed è una sfida alla comunità internazionale contemporanea.
Si parla di circa 300 mila bambini utilizzati in oltre 80 Paesi del mondo in conflitti
armati, la maggior parte dei quali sono conflitti non internazionali. Questo implica
che il problema dei bambini soldato non comporti soltanto la necessità, per gli Stati,
di rispettare le norme internazionali per quanto riguarda le loro forze armate regolari,
ma anche in tutte le situazioni di conflittualità non internazionale nella quale i
bambini soldato vengono reclutati da forze armate irregolari, da formazioni di guerriglia.
In altre parole, le norme internazionali - anche quelle che vietano il reclutamento
dei bambini nei conflitti armati - si indirizzano essenzialmente agli Stati e questo
determina, come conseguenza, la difficoltà di trovare puntuale applicazione nelle
situazioni in cui lo Stato non è interamente responsabile di quello che succede.
D.
- Sono soprattutto gruppi irregolari ad arruolare i bambini. Il problema si pone quando
la guerriglia si trova a fronteggiare eserciti regolari. In questo caso, gli Stati
come devono comportarsi?
R. - Mi ha colpito stamattina
l’appello di uno dei relatori al nostro convegno. Nel rivolgersi ai presenti, un ex
bambino soldato africano che ha fatto la sua relazione ha detto: “La prima obbligazione
che grava su di voi è ‘disarmate i bambini soldato’”. Il primo obbligo che ha lo Stato
con le sue formazioni irregolari è ovviamente quello di non reclutare i bambini soldato.
Il secondo, invece, è quello di disarmare e di porre delle condizioni perché i bambini
soldato non partecipino ai conflitti.
D. - I bambini
soldato comunque combattono. Nel caso si macchiassero di crimini di guerra, la normativa
internazionale cosa può fare?
R. - Le norme sono
ancora agli inizi della loro applicazione. Per ora non abbiamo grandissimi casi, ci
sono stati casi marginali. E’ ovvio che ove vi siano condizioni di imputabilità, anche
il bambino soldato può essere considerato criminale di guerra.
D.
- Quindi vittima e carnefice allo stesso tempo…
R.
- Sì. Vittima e carnefice ma non solo: uno studio della Croce Rossa internazionale
mette in evidenza che uno dei problemi gravi dei bambini soldato è che questi bambini
sono particolarmente inclini alla ferocia, perché ovviamente sono privi dei freni
morali che invece ha l’adulto.