Convertire i cuori per sconfiggere la fame: sul discorso del Papa alla Fao, il
commento di mons. Gandolfo della Cei. Il parere delle Ong
Riconoscere il “valore trascendente” di ogni uomo “resta il primo passo per favorire
quella conversione del cuore che può sorreggere l’impegno per sradicare la miseria”:
è uno dei passaggi chiave del discorso di Benedetto XVI, ieri al palazzo della Fao
in occasione del Vertice mondiale sulla sicurezza alimentare. Un aspetto che viene
sottolineato da mons. Giovanni Battista Gandolfo, responsabile del Servizio
per gli interventi caritativi a favore del Terzo Mondo della Conferenza episcopali
italiana, intervistato da Alessandro Gisotti:
R. - Oggi,
si dà molta importanza, molto spazio all’“uomo economico”, all’“uomo politico”. Per
contro, se ne dà - a mio avviso - molto poca all’“uomo religioso”. Eppure, è sull’esperienza
religiosa, e in particolare sull’esperienza cristiana, che effettivamente si raggiunge
quel valore trascendente di cui parla il Santo Padre, anche perché è il valore trascendente
- come dice sempre Benedetto XVI - che favorisce la conversione della mente e del
cuore. L’inizio di questo nostro spirito di solidarietà, di questa promozione umana,
resta proprio la conversione del cuore e della mente, perché è attraverso questa conversione
che si sradicano davvero tutte quelle forme che allontanano dal rispetto verso l’uomo
e la donna di oggi. D. - “C’è cibo per tutti”, ha affermato
con forza il Papa alla Fao; è l’egoismo che produce miseria. C’è dunque bisogno di
cambiare gli stili di vita, come peraltro Benedetto XVI chiede anche nella Caritas
in veritate? R. - Certamente. Credo sia uno dei primi punti
della vita cristiana quello di cambiare l’attuale stile di vita, anche perché oggi
abbiamo poco rispetto nei confronti dei valori veri dell’esistenza. Una di queste
situazioni ruguarda proprio il rapporto con gli uomini che soffrono la fame. E quindi,
se noi non cambiamo questi stili di vita non possiamo andare incontro a queste persone:
si faranno tante parole - anche belle, se si vuole, come si è fatto fino adesso -
ma poi deve intervenire il Sommo Pontefice per indicare che, effettivamente, ci sono
possibilità per sfamare la gente e queste possibilità non vengono usate. D.
- Gli uomini appartengono ad un’unica famiglia, ha detto il Papa. Una persona che
muore di fame, dunque, interroga ognuno di noi. In che modo la Chiesa può promuovere
questo spirito di solidarietà, di comunione? R. - La Chiesa
ha sempre cercato di andare incontro alle necessità della gente. Perché si vada veramente
incontro a queste necessità, è necessario ritornare ai valori trascendenti della persona
e, allo stesso tempo, cercare di dare alla persona non soltanto un aiuto, ma esprimere
questo aiuto e questa solidarietà attraverso progetti, attraverso doni che riescano
a formare, ad educare le persone così che non vengano soltanto sfamate, ma diventino
esse stesse protagoniste della loro lotta contro la fame. Sull’importanza
dei valori e dei diritti dell’uomo, sottolineati dal Papa alla Fao, si sofferma Guido
Barbera, presidente del Cipsi, il Coordinamento di iniziative popolari di solidarietà
internazionale, intervistato da Fabio Colagrande:
R. - Credo
che ieri il Santo Padre abbia sottolineato, ancora una volta, che se si vogliono affrontare
questi problemi dobbiamo ripartire da una riscoperta dei valori fondamentali e dei
diritti fondamentali. Non possono essere semplicemente le grandi coltivazioni, le
strategie di chi ha l’interesse di guadagnare a risolvere il problema della fame.
Se io aumento la mia quantità di ricchezza, non risolvo i problemi della popolazione.
Quello che purtroppo sta succedendo, anche in continenti storicamente provati dalla
fame come l’Africa, è che il Prodotto interno lordo sta aumentando: In due anni l’Africa,
secondo i dati della Banca mondiale, è cresciuta del cinque e mezzo per cento. Anche
adesso, nonostante la crisi, il tasso è in crescita, ma la gente è sempre più povera
e negli ultimi due anni 200 milioni di persone in più sono affamate. D.
- E’ per questo che il Papa ha ricordato ieri che vanno anche ridefinite le relazioni
internazionali per consentire ai Paesi poveri condizioni paritarie... R.
- Noi dobbiamo metterci in testa - come giustamente ha sottolineato ieri il Santo
Padre - che la cooperazione non è un fatto di mercato. La cooperazione non è un fatto
di aiuti. La cooperazione è il rispetto dei diritti e della dignità degli esseri umani,
per cui essa parte dalla riscoperta di relazioni tra le persone e da una politica
che è fatta dalle persone per le persone, cioè una politica che deve rispondere veramente
ai problemi delle persone. Negli ultimi tempi, invece, la politica sta mercificando
qualunque cosa. Quando noi parliamo di bisogno dell’acqua, di bisogno di più alimentazione,
poniamo il problema su un piano puramente commerciale di situazioni in cui l’essere
umano, la persona, deve provvedere in qualche modo ad arrivare all’acquisto o al recupero
dell’acqua piuttosto che degli alimenti. Se parlo invece di diritto - che sta alla
base del concetto della politica - diventa davvero un impegno della comunità affrontare
queste problematiche e in questo caso non ci sono più scuse: abbiamo una popolazione
mondiale che deve avere il suo diritto riconosciuto di poter mangiare, bere, poter
avere l’istruzione, la sanità. Insomma, gli elementi essenziali per vivere non come
relitti dimenticati, ma come persone con una propria dignità. (Montaggio
a cura di Maria Brigini) Proseguono intanto i lavori
del Vertice mondiale sull’alimentazione, giunto alla seconda giornata. L'inviata alla
sede della Fao, Roberta Gisotti: Clima purtroppo
sottotono qui al Palazzo della Fao, dopo la delusione cocente rispetto ai contenuti
della Dichiarazione del Vertice approvata già ieri mattina, priva di indicazioni su
finanziamenti e tempi per sconfiggere la fame. Insoddisfatto e rammaricato lo stesso
direttore generale della Fao, Jaques Diouf, che si è difeso dicendo “non ho negoziato
io il documento, sono stato escluso, non c’ero neppure.” E questo è davvero strano.
Intanto, stamani ad aprire i lavori è stato il contestato presidente dello Zimbabwe,
Robert Mugabe, che si è appellato perché siano sospese le sanzioni - che ha definito
“inumane e illegali” - contro il suo Paese, rivendicando il merito di lavorare per
strappare i suoi cittadini alla fame. Ha parlato oggi anche il primo ministro turco,
Tayyp Erdogan, con parole severe. I problemi della sicurezza alimentare “stanno diventano
ingestibili”, ha detto, auspicando maggiori investimenti nel settore agricolo. Ma
di che tipo? Proprio a questo tema è stata dedicata un’interessante
conferenza stampa a margine dei lavori in Assemblea con i responsabili della Fao e
dell’Ifad, che si stanno occupando insieme all’Undp e alla Banca mondiale di un problema
scottante e complesso: il "land grabbing", ovvero l’accaparramento delle terre, mascherato
sotto la veste degli investimenti agricoli nei Paesi in via di sviluppo: acquisizioni
in grande ascesa specie in Africa, da parte di grandi privati e Stati. Investimenti
certo necessari, utili e positivi quando non ledono gli interessi delle popolazioni
locali, specie dei soggetti più deboli i poveri rurali. Occorre coinvolgere le comunità
locali negli accordi di vendita, ha ammonito il presidente dell'Ifad, Nwanze. Si parla
di 20 milioni di ettari acquisiti negli ultimi tre anni da compratori esteri. Ma è
una stima in difetto. Si sta quindi lavorando per arrivare a delle Linee guida volontarie
e ad un Codice di condotta, che garantisca sul piano legale la trasparenza dei contratti,
il diritto dei cittadini, e la sostenibilità ambientale dei progetti. Ma i tempi non
sono brevi ed il rischio è di arrivare tardi quando gli scempi saranno in massima
parte consumati. Insoddisfazione per lo svolgimento del Vertice
viene espressa da molte Ong impegnate nella lotta contro la fame. Ecco il commento
di Sergio Marelli, presidente della Focsiv, la Federazione degli organismi
cristiani per il Servizio internazionale volontario. L’intervista è di Massimiliano
Menichetti:
R. - Non
c’è più nessun riferimento alla scadenza temporale per arrestare la fame nel mondo:
non c’è accenno ai 44 miliardi di dollari l’anno chiesti da Diouf per sostenere l’agricoltura
nel mondo e non c’è una chiara scelta di campo su chi dovrà gestire queste risorse
tra la Banca mondiale e le agenzie delle Nazioni Unite. E’ fin troppo evidente che
non possono che essere le Nazioni Unite a gestire le politiche mondiali. D.
- Il Papa ha ribadito: abbiamo bisogno di una solidarietà animata dalla carità. Poi
è entrato nelle pieghe del problema:… R. - Parole chiarissime:
dall’affermare il diritto di tutti i Paesi e di tutti i popoli a definire i propri
modelli economici e produttivi, passando per dire che le comunità locali devono essere
coinvolte e che quindi i poveri sono una risorsa e non un problema, fino ad affermare
che la fame non è dovuta a mancanza di cibo ma a cause strutturali come le speculazioni,
le sovvenzioni ai prodotti agricoli e un mercato internazionale che marginalizza i
Paesi poveri. D. - Questo vertice è stato disertato da molti
leader di Paesi occidentali. Cosa serve, in realtà, per potere affrontare la fame
nel mondo? R. - Serve rimettere la persona al centro, serve
rimettere al centro i processi democratici. Serve come ha detto il Papa - coinvolgere
le comunità locali. Noi riassumiamo questo in uno slogan, in una parola: serve la
sovranità alimentare di tutti i popoli della terra. D. - E’
necessario riflettere anche sulla questione degli sprechi, del cibo che viene buttato… R.
- E’ fuori dubbio: non a caso, il Papa apre il suo discorso proprio dicendo che c’è
cibo sufficiente. Il problema è che non è equamente distribuito e chiude il proprio
discorso con un richiamo agli stili di vita sobri, al non accettare la logica del
consumo e degli sprechi. Un’apertura e una chiosa finale che richiamano appunto alla
necessità non di produrre di più, quanto piuttosto di distribuire più equamente e
più giustamente le risorse che ci sono.