Mostrare il vero volto di Cristo, unico Redentore dell'uomo: così il Papa alla plenaria
della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli
“La priorità pastorale è mostrare il volto vero di Cristo, Signore della storia e
unico Redentore dell’uomo”: è quanto scrive Benedetto XVI nel messaggio inviato in
occasione della plenaria della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, che
si è aperta oggi a Roma presso la Pontificia Università Urbaniana. L’assemblea si
svolge sul tema “San Paolo e i nuovi areopaghi”. Il Papa ha ricordato le parole di
Paolo VI: non si tratta soltanto di predicare il Vangelo, ma di “raggiungere e quasi
sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti,
i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita
dell'umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e col disegno della salvezza”.
Questo il testo integrale del Messaggio di Benedetto XVI: Al
Venerato Fratello Il Signor Cardinale Ivan Dias Prefetto
della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli In
occasione dell’Assemblea Plenaria della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli,
desidero rivolgere a Lei, Signor Cardinale, il mio cordiale saluto, che volentieri
estendo ai Cardinali, agli Arcivescovi, ai Vescovi e a quanti vi prendono parte. Saluto,
altresì, il Segretario, il Segretario Aggiunto, il Sottosegretario e tutti i collaboratori
di codesto Dicastero. Unisco l’espressione dei miei sentimenti di apprezzamento e
di gratitudine per il servizio che rendete alla Chiesa nell’ambito della missione
ad gentes. Il tema da voi affrontato in questo incontro, “San Paolo
e i nuovi areopaghi”, anche alla luce dell’Anno Paolino da poco concluso, aiuta a
rivivere l’esperienza dell’Apostolo delle Genti quando ad Atene, dopo aver predicato
in numerosi luoghi, si recò all’areopago e vi annunciò il Vangelo usando un linguaggio
che oggi potremmo definire ‘inculturato’ (cfr At 17,22-31). Quell’areopago,
che allora rappresentava il centro della cultura del dotto popolo ateniese, oggi -
come ebbe a dire il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II - “può essere assunto
a simbolo dei nuovi ambienti in cui si deve proclamare il Vangelo” (Redemptoris missio,
37). In effetti, il riferimento a quell’evento costituisce un invito pressante a saper
valorizzare gli “areopaghi” di oggi, dove si affrontano le grandi sfide dell’evangelizzazione.
Voi intendete analizzare questo tema con realismo, tenendo conto dei molti cambiamenti
sociali avvenuti. Un realismo sorretto dallo spirito di fede, che vede la storia alla
luce del Vangelo, e con la certezza che aveva san Paolo della presenza di Cristo risorto.
Risuonano confortanti anche per noi le parole che Gesù gli rivolse a Corinto: “Non
aver paura; continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà
di farti del male” (At 18,9-10). In maniera efficace, il Servo di Dio Paolo VI ebbe
a dire che non si tratta soltanto di predicare il Vangelo, ma di “raggiungere e quasi
sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti,
i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita
dell'umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e col disegno della salvezza”
(Insegnamenti XIII, [1975], 1448). Occorre guardare
ai “nuovi areopaghi” con tale spirito; alcuni di essi, nell’attuale globalizzazione,
sono diventati comuni, mentre altri restano specifici di alcuni Continenti, come si
è visto anche nella recente Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi.
L’attività missionaria della Chiesa va pertanto orientata verso questi centri nevralgici
della società del terzo millennio. Né va sottovalutato l’influsso di una diffusa cultura
relativista, il più delle volte carente di valori, che entra nel santuario della famiglia,
si infiltra nel campo dell’educazione e in altri ambiti della società e li contamina,
manipolando le coscienze, specialmente quelle giovanili. Al tempo stesso, però, malgrado
queste insidie, la Chiesa sa che è sempre in azione lo Spirito Santo. Si aprono, infatti,
nuove porte al Vangelo e si va estendendo nel mondo l’anelito verso un autentico rinnovamento
spirituale e apostolico. Come in altre epoche di cambiamento, la priorità pastorale
è mostrare il volto vero di Cristo, Signore della storia e unico Redentore dell’uomo.
Ciò esige che ogni comunità cristiana e la Chiesa nel suo insieme offrano una testimonianza
di fedeltà a Cristo, costruendo pazientemente quell’unità da Lui voluta e invocata
per tutti i suoi discepoli. L’unità dei cristiani renderà, infatti, più facile l’evangelizzazione
e il confronto con le sfide culturali, sociali e religiose del nostro tempo.
In tale impresa missionaria possiamo guardare all’apostolo Paolo, imitarne lo “stile”
di vita e il medesimo “spirito” apostolico incentrato totalmente in Cristo. Con tale
completa adesione al Signore, i cristiani potranno più facilmente trasmettere alle
generazioni future l’eredità della fede, capace di trasformare anche le difficoltà
in possibilità di evangelizzazione. Nella recente Enciclica Caritas in veritate ho
voluto sottolineare che lo sviluppo economico e sociale della società contemporanea
ha bisogno di recuperare l’attenzione alla vita spirituale e una “seria considerazione
delle esperienze di fiducia in Dio, di fraternità spirituale in Cristo, di affidamento
alla Provvidenza e alla Misericordia divine, di amore e di perdono, di rinuncia a
se stessi, di accoglienza del prossimo, di giustizia e di pace… L'anelito del cristiano
è che tutta la famiglia umana possa invocare Dio come «Padre nostro!»” (n. 79). Signor
Cardinale, mentre ringrazio per il servizio che codesto Dicastero rende alla causa
del Vangelo, invoco su di Lei e su quanti prendono parte alla presente Assemblea Plenaria
l’aiuto di Dio e la protezione della Vergine Maria, Stella dell’Evangelizzazione,
mentre di cuore invio a tutti la mia Benedizione.