Seminario a Roma su "Europa, Cina, Africa: nuove vie per lo sviluppo internazionale"
“Superare la logica assistenziale e la visione afro-pessimista”, è il concetto, ribadito
da Giuseppe Morabito, direttore generale per l’Africa del Ministero affari esteri,
durante la conferenza stampa conclusiva del seminario promosso a Roma dalla Comunità
di Sant’Egidio, dal Ministero affari esteri, dall’Istituto di studi dell’Asia occidentale
e dell’Africa e dall’Accademia delle scienze sociali di Cina. La conferenza conclusasi
ieri, e che ha visto coinvolti esponenti del mondo della politica, dell’economia e
della cultura, ha affrontato il tema: “Europa, Cina e Africa: nuove vie per lo sviluppo
internazionale”. Questo dialogo “trilaterale” risponde all’esigenza di guardare al
futuro dell’Africa in modo adeguato al contesto della globalizzazione, e di far sentire
la voce degli africani fra i protagonisti di una nuova “civiltà del convivere”. Al
contrario, la rivalità e la concorrenza tra europei e cinesi in Africa, hanno denunciato
gli esponenti africani, non aiuta ad affrontare i veri problemi del continente, come
lo sviluppo di una nuova società civile. Un evento organizzato “per capire meglio
quali passi fare insieme sui temi dello sviluppo, della pace, delle migrazioni”, ha
spiegato Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio. Boureima Badini,
già ministro della giustizia in Burkina Faso e ora rappresentante dei mediatori nella
crisi in Costa d’Avorio, ha invitato ad “un cambiamento di sguardo nei confronti dell’Africa,
anche della visione che gli africani hanno di sé stessi”: niente più “paternalismo”
e assistenzialismo, ha detto, “oggi l’aiuto deve servirci per fare a meno degli altri”
e “fare sintesi tra pratiche tradizionali e democrazia occidentale”. “Noi africani
siamo contenti dell’arrivo dei cinesi in Africa - ha affermato – ma bisogna che la
Cina sappia che gli africani vogliono essere trattati in modo paritario”. Dal canto
suo la Cina, come ha ricordato Qiu Bohua, ambasciatore del Forum cooperazione tra
Africa e Cina, ha auspicato “che gli altri Paesi abbiano una visione e un atteggiamento
più aperto e tollerante, per poter dare il nostro contributo allo sviluppo africano”.
Del resto, ha aggiunto, “nessuno è perfetto”. Noi abbiamo fatto tante opere importanti
in Africa, come scuole, biblioteche, strade, e forse abbiamo fatto poco sul piano
comunicativo per valorizzarle. Abbiamo creato occupazione nel settore tessile, dando
lavoro a decine di migliaia di persone e favorendo la stabilità”. Sul piano dello
sfruttamento delle risorse energetiche (metano e petrolio), Qiu Bohua ha precisato
che la Cina “importa solo il 6% delle risorse esportate dall’Africa”. “Con l’esperienza
miglioreremo le nostre modalità di cooperazione – ha concluso – e speriamo che le
nostre opere porteranno benessere al popolo africano”. Anche He Wenping, docente all’Accademia
di scienze sociali di Pechino, ha fatto notare che “la Cina, rispetto all’Europa,
ha uno sguardo diverso sull’Africa: per gli europei è il continente della povertà
e dei problemi, per noi è il continente delle opportunità dove realizzare progetti”.
La diversità di approccio è dovuta al fatto che “gli occidentali fanno attenzione
ai processi, i cinesi invece guardano solo ai risultati”. Prova ne è, a suo parere,
“che i modello occidentale di cooperazione non ha dato risultati molto soddisfacenti
nel liberare l’Africa da povertà e sottosviluppo”. (C.P.)