Mons. Migliore all'Onu: necessaria una riforma del diritto di veto
L’osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, l’arcivescovo Celestino
Migliore, è intervenuto ieri, durante la 64.ma Assemblea Generale dell’Onu, sulla
questione del diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza. Secondo il presule, richiede
una riforma la facoltà di impedire una deliberazione della maggioranza riconosciuta
ad ognuno dei cinque membri permanenti (Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia
e Cina). Il servizio di Amedeo Lomonaco:
In questa
fase di negoziati intergovernativi – osserva l’arcivescovo Celestino Migliore - l’abolizione
del diritto di veto sembra essere meno praticabile. Una sua riforma è invece più opportuna
e realistica. L’esperienza insegna che ci sono buone ragioni per l’avanzamento di
posizioni in favore della riforma del diritto di veto con l’obiettivo di limitarne
l’esercizio. In tante occasioni – fa notare mons. Celestino Migliore - il suo impiego
ha rallentato e addirittura ostacolato la soluzione di questioni cruciali per la pace
e la sicurezza internazionale, permettendo la perpetrazione della violazione della
libertà e della dignità umana.
Troppo spesso – aggiunge
l’arcivescovo - è la mancanza di intervento che provoca un danno reale. La riforma
del diritto di veto è allora tanto più necessaria in un tempo in cui il “consenso
multilaterale” continua ad essere in pericolo ed e è ancora subordinato alle decisioni
di pochi. In questo contesto – sottolinea il presule - la Santa Sede riconosce l’importanza
del parere espresso da altre delegazioni secondo cui i membri permanenti del Consiglio
di Sicurezza dell’Onu dovrebbero impegnarsi a non dare un veto in situazioni in cui
sono implicati il genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e gravi violazioni
del diritto umanitario internazionale.
I membri permanenti
dovrebbero mostrare grande responsabilità e trasparenza nell’esercizio del diritto
di veto. Prima di una votazione – osserva mons. Celestino Migliore - trasparenza e
flessibilità politica dovrebbero già far parte del processo di stesura di una risoluzione,
al fine di garantire che gli Stati membri non pongano il veto prima che questa sia
stata esaminata. Sapendo che un membro permanente avrebbe espresso un voto contrario
– fa notare il presule - alcune proposte non sono mai state presentate al Consiglio
di Sicurezza per la votazione.
Un dialogo più aperto
e una cooperazione tra membri permanenti e gli altri membri del Consiglio di Sicurezza
– sottolinea l’arcivescovo - sono cruciali per evitare successivi ostacoli nell’adozione
di una risoluzione. La decisione di estendere, limitare o abolire il veto riguarda
gli Stati membri e dipenderà dal più ampio consenso possibile su una delle opzioni.
Una decisione sulla riforma del diritto di veto – conclude mons. Celestino Migliore
– favorirebbe trasparenza, uguaglianza e giustizia, riflettendo i valori della democrazia
e della reciproca fiducia nel lavoro del Consiglio di Sicurezza.