Kenya: la Chiesa dice “sì” alla riforma costituzionale
Il progetto di riforma costituzionale avviato in Kenya trova il sostegno dei vescovi
cattolici del Paese che, il 10 e 11 novembre scorsi, si sono riuniti a Nairobi per
studiare la bozza del nuovo testo con l'ausilio di esperti giuristi. In particolare,
i presuli non hanno espresso giudizi sul nuovo testo, ma hanno convenuto sulla necessità
di riformare una Costituzione che attualmente - anche alla luce delle violenze post-elettorali
che hanno sconvolto il Paese nel corso del 2007 e del 2008 - rappresenta un "ostacolo
alla trasparenza" e alla "responsabilità pubblica della leadership politica". La riforma
– riferisce l’Osservatore Romano - è stata anche al centro di un incontro promosso
dal National Council of Churches of Kenya (Ncck), organizzazione che riunisce numerose
comunità protestanti e altre denominazioni cristiane presenti nel Paese. Dal canto
loro, gli esponenti del Ncck s'augurano vivamente che il progetto di Costituzione
elaborato dagli esperti venga approvato dal popolo keniota. Al contrario, una sua
bocciatura, nel referendum del prossimo anno, riaprirebbe scenari definiti "inquietanti".
Si ravviverebbero antiche “divisioni”, si alimenterebbero ulteriormente l'"odio etnico
e i focolai di violenza", e fino alle elezioni del 2012 si vivrebbe in un clima d'"instabilità
e d'anarchia". La necessità di una profonda opera educativa capace di costruire nel
Paese rapporti pacifici tra la comunità cristiana e quella musulmana è stata poi ribadita
dall'arcivescovo cattolico di Mombasa, Boniface Lele. Intervenendo all'università
di Londra a una conferenza sulle relazioni tra islam e cristianesimo in Africa, il
presule ha portato la propria testimonianza di pastore in un territorio a maggioranza
musulmana. In particolare l'arcivescovo ha apprezzato l'opera di alcune organizzazioni
in cui fedeli delle due religioni offrono in vari luoghi dell'Africa, e senza alcuna
discriminazione, servizi sanitari, educativi e alimentari. E ha citato l'esempio dei
Coast Interfaith Councils of Kenya, finanziati dai Catholic Relief Services. Il presule
ha anche segnalato la necessità di accettare la sfida del dialogo interreligioso.
Una strada che spesso incontra ancora notevoli resistenze, ma che non può che essere
percorsa. "Finora - ha detto - le attività volte a un dialogo tra cristiani e musulmani
sono state dirette da vescovi interessati, singoli sacerdoti e istituti religiosi
poco coordinati tra loro". Nonostante questo, ha sottolineato, è stato però possibile
formare un certo numero di persone competenti e in grado di avviare un serio dialogo
interreligioso. “Dovremmo testimoniare l'amore di Dio - ha detto il presule - senza
distinzioni. Del resto, le persone d'ogni cultura e religione sono fatte a immagine
di Dio”. Riferendosi all'arcidiocesi di Mombasa, l'arcivescovo Lele ha indicato la
sfida del pluralismo nelle scuole gestite da cattolici, ma frequentate per la maggior
parte da studenti musulmani. "Di recente - ha detto - la questione dell'uso dell'hijab
(velo) da parte delle ragazze nelle scuole d'ispirazione cattolica ha provocato un
acceso dibattito". Secondo Lele, c'è bisogno di una politica governativa globale su
questioni come gli indumenti religiosi degli studenti, la dieta e la distribuzione
di banchi tra ragazzi e ragazze. Sono anche necessarie politiche su come adattare
i molteplici calendari religiosi, le preghiere quotidiane e settimanali e il culto
in Kenya senza interrompere l'insegnamento. (M.G.)