Congresso Mondiale della Pastorale per i migranti e i rifugiati: il bilancio di mons.
Marchetto
Si è concluso giovedì scorso in Vaticano il VI Congresso Mondiale della Pastorale
per i migranti e i rifugiati che ha voluto riflettere intorno ad “Una risposta pastorale
al fenomeno migratorio nell’era della globalizzazione, a cinque anni dall’Istruzione
Erga migrantes caritas Christi” (EMCC). Ma qual è lo stato di ricezione di questa
Istruzione nelle comunità ecclesiali così come è emerso dal Congresso? Fabio Colagrande
lo ha chiesto all'arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio
Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti:
R. -
Proprio l’altro ieri ho ricevuto una copia dell'Istruzione EMCC nella traduzione in
ucraino: è l'ultima arrivata di una quindicina di lingue che hanno "ricevuto" il testo
italiano originale. Ed è chiaro che per avere una ricezione di un documento, bisogna
anzitutto comprenderlo in una lingua conosciuta. Ma non basta comprendere il testo.
Occorre "riceverlo" e parlo teologicamente e concretamente. Se mi riferisco all'elemento
teologico, vi è stata una grande soddisfazione in seno al Congresso per la ricezione
(penso al N. 62) nell'Enciclica sociale Caritas in veritate di Papa Benedetto. In
effetti la nostra Istruzione è una delle pochissime fonti della citata enciclica diverse
dal Magistero pontificio. Certamente il dicastero ha compiuto con grande impegno il
suo dovere di far conoscere e aiutare nell'applicazione del nostro documento. Ora,
per venire al documento finale del Congresso, che riassume il pensiero e il lavoro
dei gruppi di studio di tale nostra recentissima riunione, costatiamo che vi si riconosce
una buona ricezione della EMCC ma, al tempo stesso, si auspica una maggior accettazione
concreta del documento, che porti specialmente a un maggior dialogo tra Chiese di
partenza e di arrivo dei migranti, a una accoglienza più profonda del fatto che per
essi vi è una pastorale specifica, e la creazione in tutti i Paesi di una Commissione
per la pastorale della mobilità umana, o almeno, di un Promotore Episcopale a tale
riguardo. Certo ci sono segni confortanti relativi a questi tre punti che considero
fondamentali, non ultimo la numerosa presenza al nostro Congresso, specialmente di
Cardinali e Vescovi (circa cento) legati alla pastorale dei migranti e dei rifugiati
nelle loro funzioni di Pastori.
D. - Quali le prospettive
più interessanti emerse dal Congresso per futuri piani d’azione pastorali?
R.
- I piani d'azione devono certamente essere formulati da ogni Chiesa locale, tenendo
in considerazione la Sitz im Leben, cioè la situazione di vita di ciascuna. Ciò non
toglie che la scelta dei temi di questo Congresso indica chiaramente alcune priorità
pastorali che ci sembra dover suggerire per i piani delle Chiese locali. Mi riferisco
anzitutto alle migrazioni interne, alla necessità di una risposta pastorale specifica
al fenomeno dell'urbanizzazione. Ricordo, per esempio, che il Cardinale Scherer, Arcivescovo
di San Paolo, ha affermato che l'80% della popolazione brasiliana vive nelle città.
E il fenomeno si accentuerà. In ogni caso si pensa che i migranti interni nel mondo
siano 740 milioni, che sommati ai 214 milioni di migranti internazionali, porta al
miliardo il loro numero, oggi. In futuro, poi, dovrà crescere il dialogo fra Chiese
di arrivo e di partenza, e i piani pastorali devono essere quindi coordinati a tali
livelli. Del resto gli esempi presentati ai congressisti (dal Messico e dagli Stati
Uniti, dalla Tanzania, e dal Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee) ispireranno
le Chiese locali. A loro riguardo, il Congresso suggerisce due priorità, e cioè l'attenzione
ai giovani, speranza della Chiesa e dell'umanità, e ai migranti in prigione e in
campi di detenzione. I cappellani e gli operatori pastorali assumeranno la responsabilità
pastorale anche di questi fratelli e sorelle così bisognosi. Questo dico perché in
vari Paesi ci sono difficoltà per visitare i carcerati e i detenuti. Abbiamo anche
indicato la necessità di considerare e riconsiderare, nei piani pastorali, l'elemento
del dialogo e delle cooperazioni ecumenica e interreligiosa, specialmente nel contesto
dei movimenti e delle associazioni ecclesiali. Ricordo, di fatto, che l'EMCC è il
primo documento, diciamo del Magistero, ad affrontare in profondità questi argomenti.
E poi bisogna che i Movimenti e le associazioni ecclesiali entrino nel circolo di
attenzione della pastorale della mobilità umana, non possono cioè non fare attenzione
a questo segno dei tempi. Per ultimo, è chiaro, sia per la presenza all'inizio del
Congresso di nostri distinti ospiti, rappresentanti dello Stato e degli Organismi
Internazionali, sia per una conferenza specifica al riguardo, che i piani pastorali
dovranno tener conto della necessità anche per noi di una urgente collaborazione internazionale
e civile a favore dei migranti e dei rifugiati. Il fenomeno è globale e la risposta
anche lo deve essere, con il contributo di tutti, in comunione d'impegno e coordinamento
di forze generose.
D. - Quali elementi sono emersi sul fronte
della cura dei migranti e dei rifugiati in carcere e nei campi di detenzione? R.
- È emerso certo un impegno della Chiesa (nelle sue varie componenti) verso il “popolo
delle carceri e dei campi di detenzione”, e ancor più il desiderio di adempiere tale
ministero, per realizzare la parola del Signore "ero carcerato e siete venuti a trovarmi"
(Mt 25,36). Sull’attenzione specifica relativa ai migranti e ai rifugiati detenuti
sono emerse situazioni diverse: in alcuni Paesi non c’è un’attenzione pastorale specifica
(ma migranti e rifugiati sono incontrati possibilmente dai cappellani delle carceri).
In altri Paesi esiste una continuità pastorale nell’attenzione ai migranti e ai rifugiati
che sono seguiti nei periodi di detenzione dagli operatori pastorali dei migranti
che parlano la loro stessa lingua e ne conoscono tradizioni e idiosincrasie. La Chiesa
continua a chiedere alle differenti istituzioni civili, con legame al sistema di detenzione,
di rispettare i diritti umani in carcere dei migranti e dei rifugiati, come anche
degli altri detenuti. Essa, con la sua presenza di madre, umanizza luoghi che spesso
hanno poco di umano e assiste con la medicina della riconciliazione. C’è poi da ricordare
il particolare dramma, dai colori violenti, di certi luoghi di detenzione dei migranti
nel mondo.