Il cardinale Bertone alla Camera per il 7.mo anniversario della visita di Giovanni
Paolo II al Parlamento Italiano
“Giovanni Paolo II ha voluto mettere in guardia dal rischio dell'alleanza fra democrazia
e relativismo etico. Tale alleanza «toglie alla convivenza civile ogni sicuro punto
di riferimento morale e la priva, più radicalmente, del riconoscimento della verità».
Forte di tale convinzione, la Chiesa considera perciò suo dovere intervenire sui temi
che riguardano da vicino la crescita e lo sviluppo dell’uomo. Questo contributo non
inficia, ma anzi arricchisce il principio di una «sana laicità», perché si sforza
di fornire un apporto originale alla costruzione del bene comune”. Così il cardinale
segretario di Stato Tarcisio Bertone ha ricordato ieri alla Camera dei Deputati il
VII anniversario della visita di Giovanni Paolo II al Parlamento Italiano, il 14 novembre
2002. Ecco il testo integrale del discorso del cardinale Bertone:
Desidero
ringraziare il Presidente Gianfranco Fini per l’invito che mi ha rivolto a partecipare
alla commemorazione del settimo anniversario della storica visita di Papa Giovanni
Paolo II, la prima di un Pontefice al Parlamento Italiano, il 14 novembre 2002.
Saluto in modo particolare l’Onorevole Alberto Michelini, autore del documento filmato
sulla vita di Karol Wojtyła, gli Onorevoli Parlamentari, le Personalità e tutti
coloro che sono intervenuti. Rimangono ancora impressi nella
nostra mente i lenti passi, sostenuti dal bastone, con cui Giovanni Paolo II ha salito
i gradini che lo hanno portato allo scranno più alto della Camera dei Deputati. Erano
i passi di un uomo segnato dalla sofferenza fisica, acuita dalle conseguenze dell’attentato
che subì il 13 maggio 1981, e dal morbo che, da alcuni anni, lo aveva aggredito e
che lo avrebbe accompagnato fino alla fine. Papa Giovanni
Paolo II non ha mai fatto mistero della sua malattia, non ha mai tentato di nasconderla.
Attraverso la sua sofferenza fisica ci ha richiamato il valore del Vangelo della Vita
che impegna tutti, singoli, famiglie, associazioni e Istituzioni, ad adoperarsi «affinché
le leggi dello Stato non ledano in nessun modo il diritto alla vita», anzi promuovano
«la difesa dei diritti fondamentali della persona umana, specialmente di quella più
debole», sia essa embrionale o morente. Indubbiamente, come il Pontefice
ricordava proprio nell’Aula di Montecitorio, questi valori appartengono alla radice
più profonda della tradizione e della cultura del Popolo italiano. Nella nostra terra
– affermava il Papa – «l’annuncio evangelico, qui giunto fin dai tempi apostolici,
ha suscitato una civiltà ricca di valori universali». Egli ha voluto così esprimere
il suo amore per l’Italia, terra che aveva imparato a conoscere fin da quando, ancora
giovane sacerdote, era venuto nell’Urbe per completare gli studi. Non
si può non rimarcare che Giovanni Paolo II ha dimostrato anche di avere doti di grande
comunicatore, capace di dialogare in modo autentico e proficuo con i tanti interlocutori
che ha avuto occasione di incontrare. Egli, tuttavia, ha sempre inteso affermare che
alla base di ogni vero dialogo deve regnare l’amore per la verità, potremmo dire lo
“splendore della verità”, riprendendo il titolo di una sua nota enciclica. L’amore
alla verità genera la consapevolezza che ciò che è stato ereditato dai padri si può
protendere con slancio e in modo costruttivo verso il futuro. Un dialogo che
parta dalla consapevolezza del proprio patrimonio culturale e umano, pertanto, è sempre
proficuo. Se, invece, mancano le radici, difficilmente la pianta può slanciarsi verso
il cielo o un popolo guardare al proprio futuro. Dove esiste incertezza di valori,
diminuisce anche la capacità di accoglienza delle differenze e si spegne il desiderio
di contribuire in modo positivo all’edificazione dell’intero corpo sociale. Consapevole
di tali sfide e pericoli, e motivato dal profondo amore per la Nazione italiana, durante
la visita al Parlamento italiano del 2002, Giovanni Paolo II ha voluto mettere in
guardia dal rischio dell'alleanza fra democrazia e relativismo etico.Tale
alleanza «toglie alla convivenza civile ogni sicuro punto di riferimento morale e
la priva, più radicalmente, del riconoscimento della verità». Forte di tale convinzione,
la Chiesa considera perciò suo dovere intervenire sui temi che riguardano da vicino
la crescita e lo sviluppo dell’uomo. Questo contributo non inficia, ma anzi arricchisce
il principio di una «sana laicità», perché si sforza di fornire un apporto originale
alla costruzione del bene comune. Questa passione per l’uomo, profondamente
cristiana e sanamente laica, ha spinto Giovanni Paolo II a raggiungere ogni angolo
della terra. Rimarranno sempre impresse nelle nostre menti le migliaia di chilometri
che Egli ha percorso per annunciare il Vangelo e, soprattutto, i molti e significativi
incontri che ha avuto. Vorrei ricordare, in particolare, quelli con i giovani, che
il Papa amava definire la «[sua] speranza» e che lo hanno seguito con entusiasmo e
gioia, a cominciare dal grande raduno al “Parco dei Principi”, a Parigi, nel 1980.
Là si pose la prima pietra di un edificio che è cresciuto e che consiste nella celebrazione
delle Giornate Mondiali della Gioventù. Come non ricordare, in particolar modo, quella
di Roma nel 2000: più di due milioni di giovani vennero da tutto il mondo per ascoltare
il Papa e per sentirsi ripetere con forza: «In realtà, è Gesù che cercate quando
sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che
trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae». I giovani hanno colto senza
riserve questa attenzione del Pontefice. Ed erano soprattutto loro ad affollare Piazza
San Pietro la sera del 2 aprile 2005, quando il Papa, che aveva gridato con forza
«Aprite le porte a Cristo», è rimasto senza voce ed è tornato alla casa del Padre. Ai
giovani, il Papa ha anche mostrato il valore fondamentale dell’educazione per la costruzione
della società. Da educatore, quale è stato fin dai primi anni di ministero sacerdotale,
Giovanni Paolo II ha indicato l’ineludibilità dell’educazione nella crescita umana
non solo dei singoli, ma della coscienza stessa di un popolo. In questo compito rimane
primario e insostituibile il ruolo della famiglia, che nasce e cresce nel rapporto
stabile, duraturo e aperto alla vita fra un uomo e una donna. L’educazione familiare
richiede però l’ausilio di altri soggetti, primo fra tutti la scuola, come ricordava
il compianto Pontefice, proprio qui alla Camera. «Una Nazione sollecita del proprio
futuro favoriscelo sviluppo della scuola in un sano clima di libertà,
e non lesina gli sforzi per migliorarne la qualità, in stretta connessione con le
famiglie e con tutte le componenti sociali». Testimone nella
sofferenza, amante della verità, educatore di giovani. Questo fu Giovanni Paolo II.
Più di tutto, però, è stato un uomo di preghiera, un uomo che ha fatto del suo rapporto
con il Signore, potremmo dire, il suo “pane” quotidiano. Non c’era incontro, discorso,
o testo che il Papa non preparasse prima nella sua cappella, davanti al Crocifisso,
in un dialogo silenzioso, eppure carico di parole con Dio. Nei
nostri occhi resta fissata l’immagine del Pontefice che, durante la Via Crucis al
Colosseo, in quel Venerdì Santo del 2005, avvinghiato alla Croce pronunciava faticosamente
queste parole: “Sì, adoriamo e benediciamo il mistero della croce del Figlio
di Dio, perché è proprio da quella morte che è scaturita una nuova speranza per l’umanità
(…). Offro anch’io le mie sofferenze, perché il disegno di Dio si compia e la sua
parola cammini fra le genti”. Chi è stato con lui nelle sue ultime ore ci testimonia
che ha pregato fino alla fine. Pregare significa riconoscere
che la verità di sé si realizza nella comunione verso Dio, che però non può essere
disgiunta da una comunione verso gli altri uomini. Mi piace
qui ricordare quanto disse una illustre donna cristiana del nostro tempo, l’italiana
Chiara Lubich, recentemente scomparsa, a proposito di coloro che si lasciano ispirare
dalla croce di Cristo: “Attraverso l’uomo, Dio si riaffaccia sul mondo, e ripete –
sia pur in modo infinitamente inferiore ma simile – le azioni che fece un giorno Lui
quando, uomo tra gli uomini, benediceva chi lo malediceva, perdonava chi lo insultava,
salvava, guariva, predicava parole di Cielo, saziava affamati, fondava sull’amore
una nuova società, mostrava la potenza di Colui che l’aveva mandato”. In
altri termini, il recupero della dimensione trascendente della vita umana non lede
l’impegno costruttivo dell’uomo nel mondo, anzi lo rende più proficuo. Se
guardiamo al ruolo dell’Italia nella storia, alla sua capacità generativa di cultura,
notiamo quanto essa abbia attinto a quest’intima unione tra la dimensione verticale
verso Dio e l’impeto del servizio al prossimo. Questo sguardo al trascendente si rivela
necessario anche nel contesto attuale, in cui tante nuove sfide, prima fra tutte la
sempre crescente multi-etnicità del Paese, si affacciano sul nostro orizzonte. Salendo
i gradini di Montecitorio, Giovanni Paolo II ha così voluto rinnovare al Popolo italiano,
attraverso i suoi rappresentanti, il messaggio di fiducia e di speranza che viene
dal Vangelo. Possa «l’amata Nazione italiana (…) continuare nel presente e nel futuro
a vivere secondo la sua luminosa tradizione, sapendo ricavare da essa nuovi e abbondanti
frutti di civiltà, per il progresso materiale e spirituale del mondo intero».