Il cardinale Bagnasco: annunciare il Vangelo, non se stessi
Il cardinale Angelo Bagnasco ha presieduto questa mattina nella Basilica di Santa
Maria degli Angeli, ad Assisi, la Messa per la chiusura della sessantesima assemblea
generale dell'episcopato italiano. Il porporato ha sottolineato che i vescovi hanno
il compito di custodire integro il Deposito della fede perché nulla vada perduto.
Si tratta – ha detto - di annunciare il Vangelo e non se stessi, liberi da progetti,
calcoli e ambizioni. Quindi ha ricordato il 50.mo anniversario della Consacrazione
dell’Italia al Cuore Immacolato di Maria. Ecco il testo integrale dell’omelia del
cardinale Bagnasco: Carissimi Confratelli
E’ con gioia e non senza commozione che celebriamo la divina Eucaristia in questo
santuario che custodisce la Porziuncola e che è dedicato a Santa Maria degli Angeli.
Luogo caro agli innumerevoli pellegrini e meta di preghiera e di conversione. Anche
noi, Vescovi della Chiesa che è in Italia, qui convenuti per la nostra 60° Assemblea
Generale, ci siamo fatti pellegrini portando davanti al cuore immacolato della Santa
Vergine i nostri amati Sacerdoti, i Diaconi, le nostre Comunità. Ma innanzitutto noi
stessi, che, rivestiti dal dono e dalla responsabilità del servizio episcopale, sentiamo
di avere particolare bisogno di luce e di grazia per precedere il nostro popolo con
l’umile ma doveroso esempio della santità. E’ dalla santità, infatti, che fluisce
in modo specialmente efficace e convincente il nostro ministero pastorale.
Nel cuore dell’Eucaristia, il nostro pensiero va al Santo Padre, Benedetto XVI: il
ricordo non viene dall’esterno, ma sorge dall’affetto che abbiamo per lui, la sua
persona e il suo compito: “Tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la mia Chiesa”
. Nasce da quel vincolo di radicata e obbediente comunione che il divino Maestro
chiede innanzitutto a noi, Pastori della sua Chiesa.
Davanti all’altare e sotto lo sguardo della gran Madre di Dio, rinnoviamo il “sì”
che abbiamo pronunciato un giorno, quello della nostra Ordinazione episcopale. E’
affiorato trepidante sulle nostre labbra, coscienti che per essere Vescovi secondo
il cuore di Dio avremmo dovuto farci in modo più deciso e amoroso discepoli di Cristo.
Sapendo che la responsabilità di cui la Chiesa ci investiva era più grande delle nostre
spalle, ma la grazia non sarebbe mancata. Ogni giorno facciamo esperienza che se
il compito di annunciare il Vangelo ci sorpassa, la preoccupazione non ci schiaccia,
perché Lui è con noi. Diversamente sappiamo che, se annunciamo noi stessi, la responsabilità
è sì modesta ma la preoccupazione diventa opprimente. Questi giorni ci hanno testimoniato
che il desiderio di ciascuno per corrispondere alla grazia ricevuta è grande e sincero,
e ci siamo sentiti incoraggiati, dalla presenza di tanti fratelli, a camminare cantando
come ci esorta sant’Agostino: “canta e cammina!”. Se l’Anno Sacerdotale, occasione
di grazia voluta dal Santo Padre, deve ravvivare la bellezza del Sacerdozio nel cuore
di ogni sacerdote e la nostalgia operosa verso la santità che richiede, ciò è impegnativo
innanzitutto per noi Vescovi. I nostri presbiteri possano cogliere in noi la gioia
crescente e l’impegno rinnovato per la santità sacerdotale.
Ma siamo qui anche per fare memoria del 50° anniversario della Consacrazione dell’Italia
al Cuore Immacolato di Maria, un evento che ha segnato coloro che l’hanno vissuto
in prima persona, e che ha segnato altresì la storia religiosa della Chiesa e del
Paese. I gesti che si compiono nel segno della fede, infatti, non restano in superficie
come dei gesti esteriori e convenzionali, ma scendono in profondità come dei semi
buoni che, una volta deposti, portano frutto secondo i tempi e i modi che Dio solo
conosce. Per questo oggi ne facciamo memoria e confermiamo quel seme che sappiamo
essere comunque presente e fecondo. Da un capo all’altro dell’Italia, il numero sconfinato
di chiese parrocchiali e santuari, di cappelle ed edicole dedicate alla Madonna, sono
come un grande abbraccio, il segno visibile di una presenza che illumina e rassicura
come lo sguardo di una madre. Ben conosciamo la devozione del nostro popolo alla
Vergine Maria, le tradizioni radicate nel cuore della gente, non solo degli adulti
e degli anziani ma anche dei ragazzi e dei giovani. Ne siamo testimoni spesso commossi
e grati. La devozione alla Madonna non subisce tracolli col tempo, è sempre fresca
e profonda, irriga l’anima e orienta a Dio, supera indenne e feconda le temperie culturali
più diverse. E’ con noi spiritualmente il Papa per rinnovare la memoria e la preghiera
di questo cinquantesimo: “I Vescovi italiani – ci ha scritto nel suo Messaggio – vollero
consacrare l’Italia al Cuore immacolato di Maria. Di tale atto così significativo
e fecondo, voi rinnoverete la memoria, confermando il particolarissimo legame di affetto
e devozione che unisce il popolo italiano alla celeste Madre del Signore. Volentieri
mi unisco a questo ricordo”. E proprio
perché la devozione nostra e del nostro popolo tocchi l’anima e la vita, i sentimenti
e le decisioni, ci lasciamo ora guidare dall’esempio di Colei che, Madre di Cristo,
è stata anche la prima e più fedele discepola. “Maria serbava tutte queste cose meditandole
nel suo cuore!” conclude il Vangelo appena proclamato. Non è forse questo l’atteggiamento
che ogni discepolo dovrebbe avere nei confronti del Maestro? Tanto più se il Maestro
è anche la ragione della vita, la ragione non ideologica e fredda, ma fatta carne
e sangue, capace di illuminare la mente e scaldare il cuore. L’evangelista apre uno
spiraglio sul mondo interiore di Maria. Ne possiamo intravedere un triplice atteggiamento:
raccoglimento, riflessione, vita. La Madre di Gesù
non disperde nulla di quanto avviene attorno al Figlio: come un giorno il Signore
ordinerà agli Apostoli di raccogliere i resti dei pani moltiplicati, così ella, anticipatrice,
raccoglie ogni frammento di ciò riguarda Cristo. Lo raccoglie nello scrigno interiore.
Tutti siamo esposti alla tentazione di correre sulle cose disperdendo quanto il Signore
ci dona di ispirazioni, grazie, incontri, affetti. Anche noi Vescovi corriamo questo
rischio pressati da responsabilità molteplici e gravi. A noi è dato il compito di
custodire integro il Deposito della fede, la storia delle nostre Chiese Particolari
perché nulla vada perduto. Il compito di custodire ed essere i primi testimoni della
vita del nostro popolo, quello che vive la vita con dignità e fede, con semplicità
profonda; che attende dai suoi Pastori la guida sicura sulla via del Cielo, come soleva
dire il Santo Curato d’Ars. Il cuore della Vergine,
però, non è un semplice e geloso contenitore di ricordi, un puro esercizio di memoria:
è anche il luogo della riflessione. Quanto accade attorno a Gesù, piccolo o grande
che sia, è un ammaestramento, ha un senso che va oltre, perché riguarda l’umanità
intera, la storia di tutti e di ciascuno: è storia di salvezza. La riflessione di
Maria si rivela così desiderio e ricerca della volontà di Dio. Per questo è preghiera.
Come non vedere anche qui la trama della nostra
vita spirituale e della nostra missione di Vescovi? La ricerca della volontà di Dio
sulle nostre povere persone e sulla nostra vita non è forse la condizione prima della
nostra santificazione e della fecondità del nostro ministero? La ricerca della volontà
di Dio e non di noi stessi, l’abbandono fiducioso e incondizionato a Cristo, Pastore
delle nostre anime nel grembo della Chiesa, non è forse condizione della nostra libertà
e della pace? Quando, come Maria, non si sceglie ma si è scelti giorno per giorno,
allora nulla più ci spaventa anche se ci fa trepidare: “Non temere, io sono con te”.
I nostri amati sacerdoti devono scorgere in noi Vescovi l’esempio che li precede nell’affidarsi
alla volontà di Dio, devono scorgere gli uomini dell’obbedienza nella fede e nell’amore:
con semplicità, con quella non affettazione che urta e allontana, con l’ umiltà dei
piccoli e dei poveri, di coloro cioè che sono poveri perché non vogliono possedere
se stessi. Ben sappiamo che essere liberi da se stessi è per tutti l’impresa più ardua:
liberi da progetti, calcoli, ambizioni. Anche la pastorale, con le sue necessarie
programmazioni e con l’entusiasmo che chiede, non deve imprigionare l’anima e creare
ansie, perché significherebbe voler limitare lo Spirito che guida la Chiesa, che ci
precede e che è sempre all’opera nel segreto delle anime.
Infine, il raccoglimento e la meditazione orante sfociano nel loro naturale estuario:
la vita. Ecco perché Luca parla del cuore. Esso è il centro profondo, originante il
mistero della persona, il luogo delle scelte, dove la riflessione si intreccia con
la decisione di agire. Possiamo dire che il cuore è la sintesi di intelligenza, volontà,
amore, azione: appunto la vita dell’uomo. Cari
Confratelli, in quanto successori degli Apostoli, siamo costituiti maestri. In comunione
con Pietro e sotto di lui, siamo maestri autentici della fede e del Vangelo, siamo
i primi e necessari responsabili. Ma dobbiamo anche esserne testimoni attraverso
la coerenza della nostra vita. La nostra debolezza non ci esime dal compito: esso
è grazia e dovere. La Santa vergine ci introduce nella storia, attraverso la vita
spirituale che è “stare con lui” come ricorda il Vangelo della vocazione. Chi non
ricorda che, a Cana, nel mezzo della festa di nozze di due giovani sposi, Maria partecipa
alla gioia ma non ne è assorbita: si accorge del piccolo dramma che sta per consumarsi,
e prontamente e discretamente interviene? E’ un esempio di quanto la profondità del
nostro stare con Cristo nella preghiera personale e liturgica, lungi dall’allontanarci
dal mondo, ci immette nella quotidianità della storia con un respiro, un’intelligenza
e una passione nuovi. Capaci di quella prossimità alla gente che, insieme ai nostri
sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose, i laici più impegnati delle nostre
comunità, è una cifra tipica della Chiesa in Italia, un patrimonio che non possiamo
disperdere.Lì il Signore ci attende. Molti di coloro che hanno segnato il corso della
storia sono dei mistici, anime che hanno vissuto il rapporto con Cristo come la presenza
decisiva e l’orizzonte della vita. Sono vissuti costantemente riferiti a Lui: basta
pensare a san Francesco d’Assisi, santa Teresa d’Avila, il Santo Curato d’Ars, Madre
Teresa di Calcutta. Carissimi Amici, la Madonna
ci faccia crescere come Pastori secondo il cuore di Cristo ricordando le parole del
Curato d’Ars: “il sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù”. Ci doni di essere uomini
di speranza, seminatori della gioia evangelica e sacerdotale nei nostri sacerdoti,
messaggeri miti e forti di quel Dio che l’uomo cerca, a volte senza saperlo, e che
in Gesù Cristo si è fatto il Dio dal volto umano.