La Chiesa del Guatemala contesta le disposizioni governative sulla pianificazione
familiare
La Chiesa del Guatemala, attraverso un’esortazione indirizzata alle autorità di governo,
esprime preoccupazione per la recente normativa approvata dall’esecutivo sulla pianificazione
familiare e la salute riproduttiva. Il documento è stato firmato dall’arcivescovo
della capitale, il cardinale Rodolfo Quezada Toruño, e da mons. Víctor Hugo Palma
Paúl, vescovo di Escuintla, presidente della Commissione per la pastorale educativa.
Per i vescovi guatemaltechi il testo, approvato anche da parte dell’Assemblea nazionale,
presenta numerose irregolarità concettuali e non poche ambiguità per quanto riguarda
ad esempio termini come “genere”, “popolazioni emarginate”, “barriere mediche”. Vocaboli
che impediscono di capire ciò di cui si sta esattamente parlando. D’altra parte, il
testo in alcune sue direttive è apertamente incostituzionale poiché non rispetta un
articolo della Costituzione che consacra la libertà di insegnamento e il diritto dei
genitori a scegliere l’educazione dei propri figli.Non meno grave, a giudizio dei
vescovi del Guatemala, è il fatto che numerose istituzioni pubbliche e private sono
autorizzate a comprare, vendere e distribuire farmaci in rappresentanza del Ministero
della Salute per garantire - si dice - “l’accesso alle risorse per la pianificazione
familiare”. Segnalato esplicitamente è il caso della ong “Afrofam”, che fin dall’inizio
ha perseguito il solo scopo di promuovere i metodi contraccettivi. Dal punto di vista
dell’educazione integrale, i presuli del Guatemala ritengono rischioso il regolamento
in questione perché parziale, incompleto e insidioso visto che la sua filosofia di
base è l’attività sessuale e basta. Perciò le norme “non rispettano l’evoluzione psicopedagogica
dei bambini e degli adolescenti nell’ambito dei rapporti affettivi”; il sesso appare
quasi come “una pura attività fisiologica e in nessun momento come relazionale” e
poco o nulla si dice sulla persona umana, sulla sua dignità, sul fine della procreazione
e sulla famiglia in quanto nucleo essenziale della società. Insomma un testo da rifiutare
perché inaccettabile dal punto di vista costituzionale, giuridico, medico e pedagogico.
I vescovi si rivolgono pertanto ai genitori, agli educatori e alle famiglie richiamando
la loro attenzione su queste norme e chiedono una drastica revisione del regolamento.
Per i vescovi, questo testo dimostra che il Paese è di fronte ad “un analfabetismo
umanistico e pedagogico” molto grave. “Alcuni - si legge nella nota - chiamano bene
il male” e dicono di voler difendere la verità ma usano “il linguaggio ambiguo e falsano
le cose parlando di ‘giustizia, salute ed educazione’ quando, in realtà, attentano
alla vita e alla dignità della persona”.(A cura di Luis Badilla)