L'intervento di apertura del cardinale Bagnasco alla 60.ma Assemblea generale della
Cei
Prosegue ad Assisi la 60.ma Assemblea generale della Cei, che oggi ha eletto mons.
Gualtiero Bassetti, vescovo di Perugia, nuovo vicepresidente dei vescovi italiani.
I lavori, che si concluderanno giovedì prossimo, sono stati aperti ieri dalla prolusione
del cardinale presidente, Angelo Bagnasco, con una forte attenzione all’Africa, al
ruolo dei sacerdoti e con un invito a quanti hanno cariche pubbliche a trasformare
il clima talora d’odio “in un’opera d’amore verso l’Italia”. In un messaggio di saluto
inviato all’Assemblea, Benedetto XVI sottolinea come questi incontri alimentino quella
“cooperazione tra i vescovi indispensabile per realizzare il mandato di incrementare
nel popolo cristiano la fede, la speranza e la carità, di alimentare i rapporti con
le altre comunità religiose e le autorità civili e di operare per la presenza del
lievito del Vangelo nella cultura e nel tessuto della società italiana”. Da Assisi,
il nostro inviato Luca Collodi:
Il cardinale
Bagnasco ha salutato i vescovi presenti ad Assisi con il ricordo del martirio dei
“sette fratelli cristiani orribilmente uccisi nel Sudan meridionale”. Il riferimento
è al secondo Sinodo dei Vescovi per l’Africa, dove i Padri sinodali hanno pronunciato
parole forti sulla miseria africana “che però hanno avuto un ascolto debole e flebile
nei media internazionali”. La chiave missionaria è invece quella usata dal cardinale
presidente per comprendere l’iniziativa nei riguardi dei fratelli anglicani, che da
tempo - ha detto - chiedevano di entrare nella piena comunione della Chiesa cattolica:
"Una scelta ragionevole per andare incontro in modo
unitario ed equo, cioè equilibrato, alle richieste pervenute".
Sul
fronte pastorale, è stata presentata la nuova edizione italiana del Rito delle esequie.
Un appuntamento con l’esperienza della morte oggi rimossa dalla vita quotidiana, con
la tendenza a considerarla un fatto privato:
"Va
da sé, che la comunità cristiana non possa avallare una tale cultura così irreale:
nascondere la morte e dimenticare l’anima non rende più allegra la vita, in genere
la rende solo più superficiale".
Ricordando l’Anno
sacerdotale, Bagnasco ha tratteggiato il ruolo del sacerdote del terzo millennio,
“uomo del cuore, segno visibile della misericordia di Cristo, mandato a tutti per
farsi vicino a chi vive nel suo territorio”. Il cardinale ha poi affrontato l’immagine
della Chiesa nella sua proiezione mediatica: realtà - ha osservato - dove si annidano
motivi di sofferenza con letture volte ad attribuire intenzioni o parole che non hanno
motivo di esserci. La prolusione ha esteso lo sguardo all’Europa a venti anni dalla
caduta del Muro di Berlino, dove la secolarizzazione ha finito con l’imporsi come
denominatore comune. “Surreale e sorprendente” è definita la sentenza della Corte
europea di Strasburgo sul Crocifisso, frutto di un ideologia laicista priva di valori
che non rinuncia a fare capolino nelle circostanze più delicate della vita continentale:
"C’è
piuttosto l’obbligo di registrare qui il tentativo di rivalsa che esigue minoranze
culturali, servendosi del volto apparentemente impersonale della burocrazia comunitaria,
perseguono sulle libere determinazioni dei popoli. Ma per questa strada si mette fuori
gioco se stessi e l’Europa".
Radicale riserva espressa
sulla pillola RU486 e rilancio dell’obiezione di coscienza degli operatori sanitari
compresi i farmacisti. No anche all’ora di religione islamica a scuola, dove l’insegnamento
della religione cattolica - ha spiegato Bagnasco - vuole assicurare quei principi
del cattolicesimo, che “fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano”. Infine,
la riflessione sul clima politico italiano dove si registra un’aria di sistematica
e pregiudiziale contrapposizione, che talora induce a ipotizzare atteggiamenti di
odio a danno degli interessi della gente e dello sviluppo del Paese, a partire dal
Mezzogiorno:
"Davvero ci piacerebbe che nel riconoscimento
di una sana - per quanto vivace - dialettica, inseparabile dal costume democratico,
si arrivasse ad una sorta di disarmo rispetto alla prassi più bellicosa, che è anche
la più inconcludente".