Conclusa la Settimana di studi sull'astrobiologia in Vaticano. Secondo gli scienziati
almeno quattro i pianeti in grado di ospitare forme di vita
La “Settimana di studio sull’astrobiologia”, organizzata dalla Pontificia Accademia
delle Scienze e dalla Specola Vaticana, si è rivelata un’importante opportunità per
scienziati di diverse discipline. E’ quanto ha affermato stamani, durante la conferenza
stampa tenutasi nella Sala Stampa della Santa Sede, padre Josè Funes direttore della
Specola Vaticana. Alla conferenza stampa incentrata sulla Settimana di studio sull’astrobiologia,
conclusa oggi, sono intervenuti anche il professor Chris Impey, del Dipartimento di
astronomia dell’Università dell’Arizona, la dottoressa Athena Coustenis, astronoma
dell'osservatorio di Parigi ed il professor Jonathan Lunine, del Dipartimento di Fisica
dell’università di Tor Vergata. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
L’astrobiologia
studia la relazione tra la vita e l’universo. I principali settori verso cui si orienta
questo sguardo sul cosmo sono l’origine della vita, le sue prospettive future, l’eventuale
presenza di forme di vita in altri pianeti. Il professor Jonathan Lunine
ha illustrato gli attuali orizzonti dell’astrobiologia: “Non
voglio dire che siamo molto vicini a scoprire altre forme di vita. Forse potrebbe
avvenire tra dieci anni, cento o anche mai. Senz’altro, però, è importante capire
le cose che possiamo trovare e quelle che invece non possiamo trovare. Sarà molto
difficile determinare su quale pianeta ci sarà la vita o, magari, anche solo la possibilità
di ospitare la vita”. L’astrobiologia - ha aggiunto padre Josè Funes -
si fonda su un approccio multidisciplinare che comprende l’astronomia, la cosmologia,
la biologia, la chimica, la geologia e la fisica. Le domande sull’origine della vita
presentano implicazioni filosofiche e teologiche ma la Settimana di studi - ha spiegato
- si è concentrata, soprattutto, su prospettive scientifiche. Cosa accadrebbe se ci
fosse un incontro tra l’uomo e forme di vita extraterrestri? Padre Funes: “Capiterebbe
all’umanità quello che è successo quando gli europei hanno incontrato altre popolazioni.
Possiamo anche immaginare cosa possano aver pensato le persone nate in America quando
si sono incontrate con gli europei. Sarebbe anche un incontro di culture e civilizzazione”. Ma
oggi - ha detto padre Josè Funes - non è ancora arrivata l’ora di annunci sensazionali: “Non
possiamo fare un grande annuncio dicendo che abbiamo scoperto la vita nell’universo.
Bisogna dare agli scienziati la possibilità di poter continuare con le loro ricerche,
perché nel fare ricerca possiamo imparare tante cose”. Riferendosi all’inestimabile
patrimonio scientifico, il professor Chris Impey ha sottolineato che 400 anni fa Galileo
Galilei ha cambiato il modo di vedere la relazione dell’uomo con l’universo. Negli
ultimi 15 anni - ha aggiunto - le innovazioni tecnologiche hanno portato alla scoperta
di oltre 400 pianeti oltre il sistema solare. E’ plausibile ritenere che ci siano
molteplici luoghi abitabili nella Via Lattea. Nell’Universo
sono dunque sparsi ingredienti compatibili con la vita. La professoressa Athena
Cosutenis ha ricordato, in particolare, che sotto la superficie del satellite Europa,
nel sistema di Giove, sarebbe stata individuata la presenza di una grande quantità
di acqua allo stato liquido. In questo Oceano, potrebbero esserci forme di
vita. Oltre al pianeta Marte, due satelliti sono poi di particolare interesse per
gli astrobiologi: si trovano nel sistema di Saturno e sono Titano ed Encelado. Titano
presenta caratteristiche molto simili a quelle della Terra ed anche Encelado sembra
offrire condizioni adatte alla vita.