Campagna di Asianews contro la legge sulla blasfemia in Pakistan
Introdotta nel 1986 dal dittatore Zia-ul-Haq, la norma sulla blasfemia in Pakistan
punisce con il carcere a vita o la condanna a morte chi dissacra il Corano o ingiuria
il nome di Maometto ed è divenuta un pretesto per colpire le minoranze religiose del
Paese. Di questo si è parlato, ieri, nella Sala Marconi della nostra emittente, in
una conferenza stampa moderata da padre Bernardo Cervellera, direttore dell’agenzia
AsiaNews, promotrice di una campagna di sensibilizzazione perché questa legge sia
abrogata. Per noi c’era Salvatore Sabatino: Kasur,
Korian, Gojra, Sialkot. Sono solo alcuni dei villaggi e città che in questi ultimi
mesi hanno vissuto il terrore provocato dalla violenza cieca di alcuni gruppi integralisti
islamici. Tutto questo a causa di una legge sulla blasfemia, che in Pakistan è entrata
in vigore nell’86 e che in 23 anni ha portato alla pena di morte almeno 33 persone
e alla messa in stato di accusa di quasi mille, tutte appartenenti a minoranze religiose.
Una norma che non solo provoca divisioni interne, ma che non permette alle comunità
non musulmane uno sviluppo sociale. Padre Bernardo Cervellera,
direttore di AsiaNews:
“Viene frenato il loro contributo
allo sviluppo del Paese, perché viene frenato l’impegno delle scuole, l’impegno dei
centri sociali, l’impegno degli ospedali verso la popolazione pakistana. Questa legge
di fatto distrugge la convivenza tra diverse comunità religiose in Pakistan e questo
- secondo me - è un problema internazionale”.
Una
situazione, questa, resa ancora più difficile dal momento storico che sta vivendo
il Paese, vittima di una continua violenza di matrice talebana infiltrata dal vicino
Afghanistan. La legge sulla blasfemia si alimenta, insomma, di estremismo portando
il Pakistan in una situazione di forte tensione ed allontanando il principio laico
che era alla base della sua fondazione. Ma la norma sulla blasfemia sta sollevando
discussioni anche all’interno del Paese tanto da indurre il governo a promuovere un
vertice con il Comitato parlamentare permanente. Un primo passo di mobilitazione sociale
che ha, però, provocato la ferma risposta dei fondamentalisti islamici che chiedono
punizioni contro chi combatte per abrogare questa norma. Come fare, dunque, per uscire
da questa situazione e come fare a sensibilizzare la Comunità internazionale? Peter
Jackob, segretario nazionale di Giustizia e Pace in Pakistan:
"Basically… Fondamentalmente,
non è semplice per il governo pakistano prendere una posizione forte e dare quindi
una risposta per aiutare le minoranze religiose. Ma ha lerisorse ed anche la forza
e deve riuscire ad agire”.