A 20 anni dalla caduta del Muro i commenti del nunzio a Berlino e dello storico Giovagnoli
“È stato il risultato di una lunga storia di oppressione e della lotta contro questa
oppressione”. Il cancelliere tedesco Angela Merkel ha attraversato l'ex valico di
frontiera che divideva in due Berlino, sulla Bornholmer Strasse, e ha dato il via
alle celebrazioni ufficiali per i vent'anni della caduta del muro. Assieme alla Merkel
c’erano l'ex presidente dell'Unione sovietica, Mikhail Gorbaciov, e l'ex presidente
della Polonia, Lech Walesa. Alessandra De Gaetano:
Stamani,
la chiesa di Gethsemane, a Prenzlauer Berg, ha ospitato la celebrazione ecumenica
voluta dalla Chiesa evangelica e dalla Conferenza episcopale dei vescovi tedeschi.
Ad assistere, il cancelliere Angela Merkel e il presidente della Repubblica Horst
Koehler. Sulla celebrazione, ecco la riflessione del nunzio apostolico in Germania,
mons. Jean-Claude Perisset, nell’intervista di Fausta Speranza:
R. –
A 20 anni di distanza abbiamo iniziato la giornata con un’ora di preghiera ecumenica
nella chiesa del Gethsemane, i cattolici, i protestanti ed altri insieme alle più
alte autorità dello Stato, perché – come si è detto nei diversi interventi – il cambio
dei regimi in Europa orientale, particolarmente a Berlino e nella Germania orientale,
è dovuto alla fedeltà di tanti cristiani che di nascosto, o anche sotto minacce da
parte delle autorità comuniste, rimanevano fedeli alla fede cristiana e si sono riuniti
poi nelle Chiese per pregare. Ogni lunedì, per esempio, a Lipsia, e in altre città
della Germania orientale, questa celebrazione cominciava ringraziando Dio per aver
dato a questi sconosciuti e ai tanti fedeli questa fedeltà e permanenza nella speranza.
C’è la gioia interiore di aver ritrovato la libertà, però penso che bisogna sapere
cosa fare di questa libertà. In questi Paesi liberati dal dominio del comunismo è
arrivato il dominio del consumismo e allora cosa avremmo guadagnato?
D.
– Dunque una giornata di festa, carica però di altre attese, altre speranze per il
futuro…
R. – Certamente, perché – come si è già detto in altre circostanze
– l’unione dell’Europa non si comprende senza l’unione di Berlino e viceversa. La
caduta del Muro significa che tutta l’Europa deve ritrovare la sua unità. E come si
può ritrovare questa unità se non nelle nostre radici, che sono poi quelle cristiane,
nelle radici che vengono dal cristianesimo. Tutti i diritti dell’uomo, tutto ciò che
vogliamo per il rispetto e la libertà hanno le radici nella salvezza che Cristo ci
ha portato. E’ lui che fa cadere il muro tra il bene e il male, ed elimina il male.
Bisogna sempre vedere, quando si guadagna umanamente qualcosa, cosa facciamo poi di
questa libertà ritrovata. Dunque, diventa un appello alla responsabilità di ciascuno,
degli ambienti politici, di tutti, perché la libertà non ci faccia cadere in altri
pericoli.
Per una riflessione dal punto di vista storico, Fausta
Speranza ha parlato con il prof. Agostino Giovagnoli, docente di Storia
contemporanea all’Università Cattolica di Milano:
R.
– Certamente è stato un evento di importanza epocale. La novità è che allontanandoci
nel tempo, mi pare stia diventando sempre più chiaro il ruolo di questo evento che
allora colse tutti di sorpresa, suscitando una grande euforia ma anche lasciando,
in fondo, incerti sul futuro che si stava aprendo. Credo che, al momento i contemporanei
hanno vissuto quell’evento con gli occhi della Guerra Fredda che finiva e quindi facendo
immediatamente i conti con il vincitore – indubbiamente e indiscutibile – di questa
lunga, dolorosa vicenda, che è l’Occidente. In realtà, quell’evento rappresentò il
collasso finale di un equilibrio bipolare e quindi un evento che disegnava anche uno
scenario nuovo, un futuro nuovo: un mondo in cui non ci sarebbe stato più quell’asse,
sia pure conflittuale, che aveva avuto il suo perno nel rapporto tra Stati Uniti e
Unione Sovietica. Altri protagonisti, però, stavano per affacciarsi, altri ruoli,
altre realtà regionali in un mondo sempre più complesso.
D. – Le sembra
che ci fossero speranze che poi nel tempo sono state disattese?
R.
– Naturalmente sì! Le speranze di quel momento erano, per esempio, innanzitutto le
speranze di un mondo pacifico, definitivamente pacifico, senza più conflitti; oppure,
la speranza che l’evoluzione dell’Europa orientale sarebbe stata un’evoluzione immediatamente
nella direzione della democrazia e che quest’ultima sarebbe diventata un modello accettato
in tutto il mondo … In realtà, il mondo era già più complesso di quello che appariva.
Per esempio, tutta la novità del mondo islamico, tutte le novità del mondo asiatico
e anche di quello africano …
D. – Professore, 20 anni non sono sufficienti
per aprire alcuni archivi storici, però in qualche modo in questi anni abbiamo raccolto
dei documenti che in quel momento non c’erano: si può parlare di una storiografia?
R.
– Comincia ad esserci una storiografia, proprio grazie a documenti che stanno emergendo
e al lavoro di alcuni storici. Credo che oggi il dibattito storiografico si stia concentrando
su un punto: ci si chiede se i protagonisti della fine del comunismo siano stati veramente
soprattutto i grandi leader – Reagan da una parte, per esempio, Gorbaciov dall’altra
– o ci sono stati, invece, tanti attori diversi? Faccio un esempio: le vicende della
Polonia, negli anni Ottanta, sono state decisive per arrivare alla caduta del Muro,
e in quelle vicende – come sappiamo – il ruolo della Chiesa cattolica, in particolare
di Giovanni Paolo II, è stato decisivo. Dunque, oggi la storiografia sta restituendo
un quadro più complesso in cui emerge anche l’importanza di diversi attori e anche,
in particolare, del fattore religioso.
D. – Decisivo, soprattutto,
per l’assenza di spargimento di sangue …
R. – Certamente! Questo è
uno dei fatti più positivi di quegli eventi: sono avvenuti quasi senza spargimento
di sangue. Ed è stato sicuramente legato all’influenza dei fattori culturali e religiosi
che, per loro natura, non sono portatori di violenza. Certamente il ruolo dei credenti
– penso anche al ruolo dei cristiani protestanti, per esempio nell’Europa orientale,
accanto ai cattolici – è stato molto importante proprio nel favorire quella che, nelle
sue espressioni migliori, è stata come in Cecoslovacchia definita una “rivoluzione
di velluto”.