“La Chiesa sia segno luminoso di speranza per l'umanita' del Terzo millennio'': così
Benedetto XVI, che a Brescia ricorda le parole di Papa Montini sulla Chiesa “povera
e libera” e il suo rapporto con il mondo
E’ festa nella diocesi di Brescia che oggi accoglie il Papa alla sua prima visita
pastorale a trent’anni dalla morte di Paolo VI e in omaggio a sant’Arcangelo Tadini.
Dal mattino presto, sfidando la pioggia, migliaia di fedeli si sono disposti lungo
il tragitto della papa-mobile che ha portato Benedetto XVI dallo scalo militare di
Ghedi, dove è giunto alle 9.30 salutato dalle autorità, a Botticino sera.”Vogliamo
il papa” hanno scandito i bambini mentre il Pontefice entrava nel santuario per una
preghiera davanti alle spoglie di Tadini, una figura che, ha detto Benedetto XVI alla
comunità parlando a braccio “invita tutti ad amare Dio e a lavorare per un mondo fraterno
nel quale ognuno vive non per sé ma per gli altri”. Poi la partenza per Brescia, dove
durante la Messa il Papa ha ricordato Paolo VI e il suo amore per una Chiesa forte,
radicata in Cristo e quindi vicina all’uomo, modello per il dialogo col mondo contemporaneo.
Il servizio della nostra inviata Gabriella Ceraso.
(Canto
d’ingresso)
La Chiesa sia segno luminoso di speranza
per l’umanità” è la preghiera rivolta dal Papa a Maria nel ricordo di Paolo VI. Ad
ascoltarlo 12mila fedeli, nella piazza intitolata al Papa bresciano. Molti di più
quelli per le strade del centro della città e in piazza Loggia dove Benedetto XVI
ha sostato in preghiera, come in passato Giovanni Paolo II, davanti la stele ricordo
della strage del 1974. Quindi l’arrivo sul sagrato del Duomo tra tantissimi applausi,
volti sorridenti e centinaia di bandierine bianche e gialle, sulle note del Tu es
Petrus…
Sul palco bianco posto sul sagrato del Duomo,
le parole del vescovo mons Luciano Monari: “Santità - ha detto - ci faccia sentire
l’ardore con cui dobbiamo vivere l’esaltante vocazione cristiana". Poi il saluto del
sindaco Adriano Pàroli che ha rinnovato la fedeltà alla tradizione bresciana fatta
di fede e giustizia sociale. Prima della Messa nella cattedrale seicentesca altri
incontri: il Papa sfila davanti al monumento di Paolo VI e si ferma con i malati,
i seminaristi e le claustrali. Poi il solenne inizio del rito col clero bresciano.
“E’
una gioia spezzare il pane qui dove nacque e si formò il servo di Dio Giovan Battista
Montini” dice con affetto il Papa alla folla, con cui medita sul mistero della Chiesa
a partire dall’icona evangelica della vedova povera che getta nel tesoro del Tempio
gli ultimi spiccioli che le rimangono. La Chiesa, spiega il Papa, è un’organismo spirituale
concreto, che prolunga nel tempo e nello spazio l’oblazione del figlio di Dio, un
sacrificio decisivo agli occhi del Padre, in cui è condensato tutto l’amore divino,
come è concentrato nel gesto della vedova tutto il suo amore per Dio e per i fratell:
La
Chiesa, che incessantemente nasce dall’Eucaristia, è la continuazione di questo dono,
di questa sovrabbondanza che si esprime nella povertà, del tutto che si offre nel
frammento. È il Corpo di Cristo che si dona interamente, Corpo spezzato e condiviso,
in costante adesione alla volontà del suo Capo. Sono lieto che stiate approfondendo
la natura eucaristica della Chiesa, guidati dalla Lettera pastorale del vostro Vescovo.
Questa
è la Chiesa che il Servo di Dio Paolo VI ha amato e cercato di far comprendere, di
cui, con cuore palpitante scriveva di voler comprendere tutto, storia destino, sofferenze,
sforzo di perenne fedeltà, di volerla abbracciare e amare in ogni sua componente.
A lei guardava, prosegue, come la sposa di tutta la vita e a lei lasciava in punto
di morte l’invito ad avere il senso dei bisogni veri e profondi dell’umanità e a “camminare
povera cioè libera, forte e amorosa verso Cristo”.
Così
deve essere la comunità ecclesiale per riuscire a parlare all’umanità contemporanea.
L’incontro e il dialogo della Chiesa con l’umanità di questo nostro tempo stavano
particolarmente a cuore a Giovanni Battista Montini in tutte le stagioni della sua
vita, dai primi anni di sacerdozio fino al Pontificato. Egli ha dedicato tutte le
sue energie al servizio di una Chiesa il più possibile conforme al suo Signore Gesù
Cristo, così che, incontrando lei, l’uomo contemporaneo possa incontrare Lui, perché
di Lui ha assoluto bisogno.
Questo,
spiega il Papa, è l’anelito di fondo del Concilio Vaticano II e anche la riflessione
di Paolo VI sulla Chiesa, come espressa nell’Enciclica Ecclesiam suam. Chiesa che
voleva basata sulla coscienza di sé, bisognosa di rinnovamento sul modello di Cristo,
e in relazione con il mondo esterno. Quindi l’appello al clero bresciano.
Come
non vedere che la questione della Chiesa, della sua necessità nel disegno di salvezza
e del suo rapporto con il mondo, rimane anche oggi assolutamente centrale? Che, anzi,
gli sviluppi della secolarizzazione e della globalizzazione l’hanno resa ancora più
radicale, nel confronto con l’oblio di Dio, da una parte, e con le religioni non cristiane,
dall’altra? La riflessione di Papa Montini sulla Chiesa è più che mai attuale; e più
ancora è prezioso l’esempio del suo amore per lei, inscindibile da quello per Cristo. Il
mistero della Chiesa, continua il Papa, citando l’Ecclesiam suam, deve essere un fatto
vissuto, un’esperienza per l’anima e non un semplice oggetto di conoscenza teologica
e ciò presuppone una robusta vita interiore. Ed è qui che l’omaggio a Paolo VI si
fa esplicito:
Carissimi, che dono inestimabile per la Chiesa la lezione
del Servo di Dio Paolo VI! E com’è entusiasmante ogni volta rimettersi alla sua scuola!
È una lezione che riguarda tutti e impegna tutti, secondo i diversi doni e ministeri
di cui è ricco il Popolo di Dio, per l’azione dello Spirito Santo. In
particolare, nell’anno sacerdotale, il Papa ricorda la lezione di Paolo VI ai seminaristi
e ai sacerdoti presenti. Prima sul celibato: “verginità consacrata”, dice "come amore
verginale di Cristo fu quello per la Chiesa”, poi incoraggiandoli a confidare, come
faceva Paolo VI anche nei difficili Anni 60 solo in Gesù Cristo per il futuro della
Chiesa, in un atteggiamento di attesa vigile nella preghiera unica condizione perché
Dio operi in pienezza. Al termine dell’omelia poi il saluto ai Consacrati e ai fedeli
laici bresciani vitali nella fede e nelle opere.
Negli
Insegnamenti di Paolo VI, cari amici bresciani, voi potete trovare indicazioni sempre
preziose per affrontare le sfide del presente, quali, soprattutto, la crisi economica,
l’immigrazione, l’educazione dei giovani. Il
servo di Dio Giovan Battista Montini torna anche nelle parole del Papa all’Angelus
per la profonda devozione che egli nutriva per la Vergine cui affidò il suo sacerdozio
e su cui maturò nel tempo, dice il Papa, la visione di Madre della Chiesa. E proprio
a lei che orienta le anime a Cristo il Pontefice affida il popolo lombardo prima di
congedarsi con la solenne benedizione. (Canto)
Nel
pomeriggio Benedetto XVI si trasferirà a Concesio, fuori Brescia, per una visita ai
luoghi cari all’infanzia di Giovanni Battista Montini. Dopo il benvenuto del sindaco
e del presidente dell’Istituto Paolo VI, il Papa visiterà la casa natale di Montini
donata all’Opera per l’educazione cristiana dal cugino Vittorio e ora custodita da
una comunità di Figlie di Maria Ausiliatrice. Poi il trasferimento a piedi presso
le strutture del nuovo centro studi Paolo VI nel caldo colore dell’ardesia: tre volumi
dalle linee semplici aperti verso casa Montini. L’Istituto custodisce un enorme patrimonio
legato alla figura di Paolo VI, come spiega il presidente Giuseppe Camadini
al microfono di Gabriella Ceraso:
R. – L’impostazione
dell’Istituto è rigorosamente improntata ad un metodo scientifico. Non è previsto
un intento agiografico o encomiastico, ma la ricerca della verità. Innanzitutto ha
raccolto un archivio che comprende documenti olografi e per lo più inediti di Montini,
oltre 50mila. La biblioteca accoglie inoltre oltre 33mila volumi, di cui circa 10mila
già appartenuti personalmente a Giovanni Battista Montini. Si tratta quindi di un
complesso di fonti preziose per gli studiosi ed è prevista anche la possibilità di
stage residenziali, soprattutto di giovani ricercatori.
D.
– Dunque cultura e religione, così come arte e religione, s’incontrano sempre nell’Istituto,
nella collezione internazionale Arte e Spiritualità che vi è contenuta. Qual è il
valore di quest’esposizione?
R. – Si tratta di oltre
sei mila tra dipinti, sculture, disegni; circa quattro mila donati da mons. Pasquale
Macchi nella veste di esecutore testamentario di Paolo VI. Artisti europei ed oltre
in successione tematica ed aperta anche al flusso di giovani e, quindi, sotto questo
profilo, rivela anche quella che fu l’attenzione pedagogica di Montini.
D.
– Nell’Istituto c’è anche una struttura nuova, moderna, che è l’auditorium intitolato
all’ingegner Montini. Sarà proprio qui che il Papa, con tutti voi, conferirà il Premio
internazionale Paolo VI, che è una delle vostre iniziative. E’ un premio importante,
considerato il Nobel cattolico. A chi andrà il riconoscimento quest’anno?
R.
– Il conferimento viene fatto ad una persona o ad un’istituzione che abbia contribuito
in modo rilevante alla cultura d’ispirazione religiosa. Quest’anno è stato prescelto
l’ambito dell’educazione e per esso è stata designata per la prima volta un’istituzione,
la prestigiosa editrice della collana di pubblicazione che si denomina sotto “Sources
Chrétiennes”. Ha sede a Lione ma ha una risonanza culturale e scientifica nel mondo
occidentale ed è ormai tradizione: il pontefice ha accettato, tutte le volte, di conferire
personalmente il Premio.
D. – Quali sono le ragioni
profonde per questa scelta della nuova sede in Concesio, oltre alla necessità di spazi
più ampi?
R. – L’ubicazione costituisce una continuità
fra quella che fu l’ispirazione familiare e ambientale di Montini, che ha visto poi
l’esplicitarsi di una linea di mediazione culturale che ci è caro ricercare e, possibilmente,
trasmettere alle giovani generazioni.
Al termine della
visita dell’Istituto il Papa si fermerà nell’auditorium «Vittorio Montini» per consegnare
il Premio internazionale «Paolo VI» per la prima volta assegnato ad un ente e non
ad una personalità, come in 25 anni di storia. Premiata è la collana patristica francese
«Sources Chrétiennes», per l’impegno profuso nella riscoperta delle fonti cristiane
antiche e medievali. Ma cosa portò nel 1942 i fondatori, i futuri cardinali Henri
De Lubac e Jean Daniélou, ad iniziare questo lavoro? Gabriella Ceraso lo ha
chiesto a Paolo Siniscalco direttore del comitato scientifico della collana:
R. – I
fondatori della collana “Sources Chrétiennes” hanno avuto lo scopo di far conoscere
gli autori cristiani dei primi secoli, non solo greci e latini, ma anche orientali,
perché l’intelligenza cristiana senza il ricorso costante alla tradizione dei Padri
non è compresa in tutta la sua ricchezza. Questo è un punto molto importante, tenendo
conto che i primi volumi sono stati proprio del 1942-43, quando la guerra sembrava
ipotecata dal nazismo. La luce che deriva da questi Padri è stata ritenuta ottima
via per fare uscire l’Europa da un momento tanto difficile.
D.
– Nella motivazione - che è ampia - è dato molto peso nell’assegnazione di questo
premio alla valenza educativa delle “Sources Chretiennes”. Lei come la può spiegare?
R.
– Le pubblicazioni delle “Sources Chrétiennes” sono estremamente ricche: ci sono introduzioni,
note e c’è la traduzione dei testi stessi. Penso che questo sia per il lettore un
momento formativo e ad ogni modo un momento di riscoperta di una storia che è fondamentale
per la nostra Europa.
D. – Patristica e i testi fondamentali
del Cristianesimo sono anche al centro delle catechesi di Benedetto XVI sin dall’inizio,
come a dire che tutto questo patrimonio ha ancora una forte attualità per l’uomo di
oggi?
R. – Per l’uomo di oggi e per tutti i problemi
che ha. Basti pensare alla situazione così frammentata del mondo e invece all’appello
che continuamente fanno i Padri all’unità della Chiesa, ma in fondo all’unità del
genere umano. Queste persone cercavano la sapienza, che è nella rivelazione di Dio,
ma una sapienza che poi deve confrontarsi con i problemi quotidiani. Ed è proprio
la cosa che hanno fatto i cristiani dei primi secoli. In questo senso, le catechesi
del Papa vogliono mettere in evidenza l’attualità di questi autori che è un’attualità
perenne.
Una visita tra la memoria e l’attualità dunque
quella del Papa oggi in terra bresciana, dove Paolo VI, Giovan Battista Montini, è
nato e si è formato, sin dall’ambiente familiare dell’amata mamma Giuditta e di papà
Giorgio, per lunghi e difficili anni, guida dei cattolici bresciani. Lo conferma Fausto
Montini, nipote del Papa, al microfono della nostra inviata a Brescia, Gabriella
Ceraso. R.
– La vitalità dei genitori ed in particolare di Paolo VI, che nasce nel periodo in
cui c’è ancora la presenza del famoso “Non expedit”, cioè della non partecipazione
né attiva né passiva dei cattolici alla vita politica. Potevano però dimostrare di
essere validi cittadini contribuendo ad attività - di carattere sostanzialmente culturale
ed economico – che diventassero significative ed importanti per la società. Credo
che sia in quest’ambiente che lo zio riconosce le sue formazioni iniziali.
D.
– Di suo zio, come Papa, si sottolineano diversi aspetti a livello ufficiale. Lei
quale aspetto custodisce?
R. – Questa sensazione
di totale disponibilità verso chiunque. Quando, per la prima volta, gli ho sentito
dire nella preghiera, dopo la consacrazione: “E me, indegno tuo servo”, lo ha detto
con un contenuto così convinto che ho detto: “Questo è proprio quello che lui è, si
sente servo di tutti”.
D. – C’è una traccia, un insegnamento
che porta nella sua vita di questa figura?
R. – Come
insegnamento, forse, porto l’avere una coscienza formata. La cultura religiosa dev’essere
almeno pari a quella umanistica e civile che si ha.