Universitari romani e abruzzesi ieri in pellegrinaggio al santuario di San Gabriele
dell’Addolorata, per pensare insieme al futuro
Erano oltre 4000 gli studenti romani e abruzzesi che ieri al santuario di San Gabriele
dell’Addolorata all’Isola del Gran sasso hanno partecipato al VII pellegrinaggio degli
universitari organizzato dall’Ufficio per la pastorale universitaria del Vicariato
di Roma. Durante la giornata, che ha avuto come tema “Lo riconobbero nello spezzare
il pane”, i ragazzi hanno potuto confrontarsi sull’attuale situazione post terremoto
che stanno vivendo gli Atenei abruzzesi. Il servizio di Marina Tomarro.
Un murales
con una grande scritta “spes” speranza. E’ il dono che gli universitari romani hanno
voluto lasciare ai loro colleghi abruzzesi. Ma quanto è stato importante questo incontro?
Don Luigi Epicoco direttore della pastorale universitaria dell’Aquila:
E’
molto importante perché c’è una sorta di normalità, cosa che magari in questo periodo
ci manca un po’. Vedere intorno tanti colleghi, tanti ragazzi che vivono di nuovo
la normalità, la loro vita universitaria, ci fa ricordare l’impegno a riprendere
la nostra normalità nei rapporti nella nostra vita universitaria. La Croce è una cosa
molto personale, nessuno può evitartela però la vicinanza rende sopportabile questa
Croce, la rende un po’ più umana in attesa di poter andare oltre anche quel Calvario.
La vicinanza di questi amici ci ricorda di rimetterci in piedi e lenisce un poco quelle
ferite che ancora ci portiamo addosso.
Al pellegrinaggio
hanno partecipato numerosi studenti abruzzesi. Ascoltiamo alcune testimonianze.
E’
importante che quello che ci è successo non venga dimenticato. E per non dimenticare
è importante raccontare ai nostri amici, ai nostri colleghi, alla gente, ai giovani
come me quello che è successo. Quindi giornate del genere all’inizio dell’Anno Accademico
ci stanno proprio bene. Serve per fare luce, fare chiarezza e metterci in moto, perché
poi ognuno nel suo piccolo può dare un contributo.
In
questa giornata ho sentito e, soprattutto, ho visto negli occhi dei ragazzi che erano
di fronte a me mentre parlavo, una sete di sapere, perché molto probabilmente sentire
ciò che noi abbiamo vissuto li rende compartecipi della situazione e anche dei disagi
che viviamo, però sicuramente andare avanti, anche con il loro sostegno e soprattutto
con la comunione spirituale ci rende più forti e uniti in Cristo.