2009-11-08 14:47:02

Domani i festeggiamenti a Berlino a 20 anni dalla storica caduta del Muro: occasione per riflettere sul potere delle ideologie


E’ tutto pronto a Berlino per la celebrazione del ventennale della caduta del muro. La porta di Brandeburgo, per anni simbolo della divisione ospiterà domani almeno 100 mila persone provenienti da tutto il mondo, per festeggiare la “Festa della libertà”. Attesi, tra gli altri, i leader dei Paesi della Ue, il presidente della Russia Medvedev, il Segretario di Stato Usa Hilary Clinton. A fare gli onori di casa la Cancelliera Angela Merkel. Un ventaglio di iniziative per rivivere la memorabile notte del 9 novembre 1989, quando il muro iniziava a cadere per mano popolare. Da Berlino Alessandra De Gaetano. RealAudioMP3

La bella, eroica, elettrica Berlino sta per diventare teatro di grandi festeggiamenti e rievocazioni simboliche a cielo aperto. È tutta allestita con diversi maxischermi la piazza della porta di Brandeburgo, Pariser Platz, pronta a spiccare il volo verso la libertà. Testimonial di questo grande evento, domani sarà la Cancelliera tedesca, che attraverserà simbolicamente il primo varco aperto venti anni fa, a Bornholmer Strasse, a braccetto con il leader della svolta democratica polacca Lech Walesa e il leader della Perestrioka Mikhail Gorbaciov. Intanto, per le strade dove un tempo sorgeva il muro, che costeggiano il fiume Sprea, si vedono tessere di domino di enormi dimensioni, con raffigurazioni tutte colorate, realizzate dagli studenti della capitale tedesca. Tutte vere e proprie opere d’arte, dipinte a mano in collaborazione con personalità del calibro di Nelson Mandela e Lech Walesa, che rappresentano un muro simbolico di un chilometro e mezzo di blocchi allineati, che domani verranno abbattuti con l’effetto domino in scala monumentale. A farle cadere, dopo aver presenziato alla cerimonia ufficiale del passaggio per la porta di Brandeburgo, saranno la Cancelliera Angela Merkel, insieme ai suoi autorevoli ospiti. Intanto al Check Point Charlie, il più famoso passaggio di frontiera tra Est e Ovest, continuano ad arrivare pullman da cui scende un flusso continuo di persone, tra cui molti giovani, per vedere da vicino uno dei luoghi simbolo della riconquistata libertà dei berlinesi. Ovunque, in città, è un susseguirsi di mostre, che documentano, attraverso il tempo, il percorso di Berlino negli ultimi 50 anni.

 
Festeggiare il capitolo nuovo che l’Europa unita ha potuto vivere a partire dalla caduta del Muro di Berlino non significa dimenticare che il rischio dell’ideologia è sempre in agguato. Fausta Speranza ne ha parlato con Mario Mauro presidente del gruppo PDL del Parlamento Europeo:RealAudioMP3

R. – E’ opportuno capire che lo spettro vero non è tanto quello di una singola ideologia, quanto il fatto che le ideologie sempre continuano a presentare un pericolo gravissimo per la coesistenza pacifica, per la nostra civiltà, per il nostro desiderio di compimento della nostra umanità. Con la caduta del Muro cade l’ultimo grande totalitarismo della storia del Novecento, il comunismo. Nazismi, fascismi e comunismi sono stati facce diverse della stessa medaglia: una concezione del potere per cui il potere è tutto e l’uomo non è niente. Ma il crollo del comunismo non ha fatto finire il dramma delle ideologie. Oggi abbiamo ideologie nuove che possono rappresentare anche esse un pericolo grave per il nostro futuro. Le ideologie totalitarie che hanno caratterizzato il Novecento prendevano il popolo a pretesto per un progetto di potere: tutto veniva fatto in nome del popolo. Oggi, si prende addirittura Dio a pretesto per un progetto di potere: tra le nuove ideologie, infatti, c’è sicuramente il fondamentalismo di matrice islamista. Ma accanto a questa dittatura fondamentalista, corriamo il rischio di avere una dittatura meno evidente ma ugualmente pervasiva: la dittatura del relativismo. Una concezione del potere, cioè, che tende ad escludere che l’uomo possa mettersi in rapporto con la verità e con Dio. E questa dittatura del relativismo è forse il pericolo più grande che corre l’Europa. Quindi la caduta del Muro deve esserci oggi di monito: a non tollerare neanche la dittatura del relativismo.

 
D. – Ecco, nella questione del relativismo c’è anche quella della sentenza della Corte europea di Strasburgo, del Consiglio d’Europa che – ripetiamolo - è un organismo diverso dall’Unione Europea…

 
R. – Guardi, è forse il tema più delicato per il nostro futuro. Non solo l’integrazione europea, ma anche l’integrazione di grandi comunità di migranti che vengono dal resto del mondo nell’Unione Europea, pone a chi voglia completare il progetto posto in essere dai Padri Fondatori dei problemi gravissimi e profondi. Il Crocifisso è un simbolo religioso. Benissimo. Ma è anche un simbolo della lotta, del lungo cammino che nella storia è avvenuto per garantire la libertà religiosa. E’ proprio Cristo, infatti, che con la sua incredibile vicenda, umana e divina insieme, ci dice la cosa più grande, e cioè che la religione non può essere ostaggio della politica e la politica non può diventare un terreno su cui la religione lancia dei messaggi impropri. Proprio per questo vale la pena che il Crocifisso stia nelle aule e negli uffici pubblici di un Paese come il nostro che ha visto il fiorire della propria laicità e della propria struttura, di istituzioni garanti dei diritti della vita dei cittadini, proprio da questa storia e da questa tradizione. E ha senso – a mio modo di vedere – che stia anche in Europa e che stia in tutta quella parte del mondo che in qualche modo in questa tradizione affonda le proprie radici.

 
D. – Mario Mauro, c’è un’espressione nella sentenza della Corte europea di Strasburgo particolarmente significativa, purtroppo inquietante: si parla di “neutralità del pluralismo”. Dunque, l’idea che il pluralismo debba essere fatto di varie neutralità e non di identità che si incontrano? E’ questa, dunque, la tendenza di fondo?

 
R. – Mi sembra del tutto evidente – lo dice la parola stessa – che “pluralismo” voglia dire concorrenza tra le identità, competizione tra le identità. Competizione è parola che deriva dal latino: cum-petere, cercare insieme la soluzione migliore. Laddove invece si pretende che il pluralismo sia una specie di barattolo vuoto dove vengono contenuti “come cetriolini senza sugo” - come diceva Bernanos nella sua grande opera “i grandi cimiteri sotto la luna” - tutti coloro che fanno parte della collettività. Allora evidentemente siamo in presenza non di “pluralismo”, ma di “totalitarismo”.







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