Domani i festeggiamenti a Berlino a 20 anni dalla storica caduta del Muro: occasione
per riflettere sul potere delle ideologie
E’ tutto pronto a Berlino per la celebrazione del ventennale della caduta del muro.
La porta di Brandeburgo, per anni simbolo della divisione ospiterà domani almeno 100
mila persone provenienti da tutto il mondo, per festeggiare la “Festa della libertà”.
Attesi, tra gli altri, i leader dei Paesi della Ue, il presidente della Russia Medvedev,
il Segretario di Stato Usa Hilary Clinton. A fare gli onori di casa la Cancelliera
Angela Merkel. Un ventaglio di iniziative per rivivere la memorabile notte del 9 novembre
1989, quando il muro iniziava a cadere per mano popolare. Da Berlino Alessandra
De Gaetano.
La bella,
eroica, elettrica Berlino sta per diventare teatro di grandi festeggiamenti e rievocazioni
simboliche a cielo aperto. È tutta allestita con diversi maxischermi la piazza della
porta di Brandeburgo, Pariser Platz, pronta a spiccare il volo verso la libertà. Testimonial
di questo grande evento, domani sarà la Cancelliera tedesca, che attraverserà simbolicamente
il primo varco aperto venti anni fa, a Bornholmer Strasse, a braccetto con il leader
della svolta democratica polacca Lech Walesa e il leader della Perestrioka Mikhail
Gorbaciov. Intanto, per le strade dove un tempo sorgeva il muro, che costeggiano il
fiume Sprea, si vedono tessere di domino di enormi dimensioni, con raffigurazioni
tutte colorate, realizzate dagli studenti della capitale tedesca. Tutte vere e proprie
opere d’arte, dipinte a mano in collaborazione con personalità del calibro di Nelson
Mandela e Lech Walesa, che rappresentano un muro simbolico di un chilometro e mezzo
di blocchi allineati, che domani verranno abbattuti con l’effetto domino in scala
monumentale. A farle cadere, dopo aver presenziato alla cerimonia ufficiale del passaggio
per la porta di Brandeburgo, saranno la Cancelliera Angela Merkel, insieme ai suoi
autorevoli ospiti. Intanto al Check Point Charlie, il più famoso passaggio di frontiera
tra Est e Ovest, continuano ad arrivare pullman da cui scende un flusso continuo di
persone, tra cui molti giovani, per vedere da vicino uno dei luoghi simbolo della
riconquistata libertà dei berlinesi. Ovunque, in città, è un susseguirsi di mostre,
che documentano, attraverso il tempo, il percorso di Berlino negli ultimi 50 anni.
Festeggiare
il capitolo nuovo che l’Europa unita ha potuto vivere a partire dalla caduta del Muro
di Berlino non significa dimenticare che il rischio dell’ideologia è sempre in agguato.
Fausta Speranza ne ha parlato con Mario Mauro presidente del gruppo
PDL del Parlamento Europeo:
R. – E’ opportuno
capire che lo spettro vero non è tanto quello di una singola ideologia, quanto il
fatto che le ideologie sempre continuano a presentare un pericolo gravissimo per la
coesistenza pacifica, per la nostra civiltà, per il nostro desiderio di compimento
della nostra umanità. Con la caduta del Muro cade l’ultimo grande totalitarismo della
storia del Novecento, il comunismo. Nazismi, fascismi e comunismi sono stati facce
diverse della stessa medaglia: una concezione del potere per cui il potere è tutto
e l’uomo non è niente. Ma il crollo del comunismo non ha fatto finire il dramma delle
ideologie. Oggi abbiamo ideologie nuove che possono rappresentare anche esse un pericolo
grave per il nostro futuro. Le ideologie totalitarie che hanno caratterizzato il Novecento
prendevano il popolo a pretesto per un progetto di potere: tutto veniva fatto in nome
del popolo. Oggi, si prende addirittura Dio a pretesto per un progetto di potere:
tra le nuove ideologie, infatti, c’è sicuramente il fondamentalismo di matrice islamista.
Ma accanto a questa dittatura fondamentalista, corriamo il rischio di avere una dittatura
meno evidente ma ugualmente pervasiva: la dittatura del relativismo. Una concezione
del potere, cioè, che tende ad escludere che l’uomo possa mettersi in rapporto con
la verità e con Dio. E questa dittatura del relativismo è forse il pericolo più grande
che corre l’Europa. Quindi la caduta del Muro deve esserci oggi di monito: a non tollerare
neanche la dittatura del relativismo.
D. – Ecco,
nella questione del relativismo c’è anche quella della sentenza della Corte europea
di Strasburgo, del Consiglio d’Europa che – ripetiamolo - è un organismo diverso dall’Unione
Europea…
R. – Guardi, è forse il tema più delicato
per il nostro futuro. Non solo l’integrazione europea, ma anche l’integrazione di
grandi comunità di migranti che vengono dal resto del mondo nell’Unione Europea, pone
a chi voglia completare il progetto posto in essere dai Padri Fondatori dei problemi
gravissimi e profondi. Il Crocifisso è un simbolo religioso. Benissimo. Ma è anche
un simbolo della lotta, del lungo cammino che nella storia è avvenuto per garantire
la libertà religiosa. E’ proprio Cristo, infatti, che con la sua incredibile vicenda,
umana e divina insieme, ci dice la cosa più grande, e cioè che la religione non può
essere ostaggio della politica e la politica non può diventare un terreno su cui la
religione lancia dei messaggi impropri. Proprio per questo vale la pena che il Crocifisso
stia nelle aule e negli uffici pubblici di un Paese come il nostro che ha visto il
fiorire della propria laicità e della propria struttura, di istituzioni garanti dei
diritti della vita dei cittadini, proprio da questa storia e da questa tradizione.
E ha senso – a mio modo di vedere – che stia anche in Europa e che stia in tutta quella
parte del mondo che in qualche modo in questa tradizione affonda le proprie radici.
D.
– Mario Mauro, c’è un’espressione nella sentenza della Corte europea di Strasburgo
particolarmente significativa, purtroppo inquietante: si parla di “neutralità del
pluralismo”. Dunque, l’idea che il pluralismo debba essere fatto di varie neutralità
e non di identità che si incontrano? E’ questa, dunque, la tendenza di fondo?
R.
– Mi sembra del tutto evidente – lo dice la parola stessa – che “pluralismo” voglia
dire concorrenza tra le identità, competizione tra le identità. Competizione è parola
che deriva dal latino: cum-petere, cercare insieme la soluzione migliore. Laddove
invece si pretende che il pluralismo sia una specie di barattolo vuoto dove vengono
contenuti “come cetriolini senza sugo” - come diceva Bernanos nella sua grande opera
“i grandi cimiteri sotto la luna” - tutti coloro che fanno parte della collettività.
Allora evidentemente siamo in presenza non di “pluralismo”, ma di “totalitarismo”.