Pellegrinaggio universitario al Santuario di San Gabriele dell'Addolorata: il saluto
del Papa
Sono oltre quattro mila i ragazzi romani e abruzzesi partecipanti al Settimo pellegrinaggio
degli universitari organizzato dall’Ufficio per la Pastorale universitaria della diocesi
di Roma che si svolge oggi al Santuario di San Gabriele dell’Addolorata a Isola del
Gran Sasso d’Italia. Tema della giornata: “Lo riconobbero dallo spezzare il pane”.
Il servizio di Marina Tomarro:
“Che questo
provvido incontro tra universitari romani e abruzzesi susciti in voi una rinnovata
adesione in Cristo ed una sempre più grande testimonianza evangelica”. Con queste
parole, tramite telegramma, il Santo Padre Benedetto XVI ha voluto salutare i partecipanti
al Settimo pellegrinaggio degli universitari a San Gabriele dell’Addolorata. Questa
mattina mons. Michele Seccia, vescovo della diocesi di Teramo-Atri, nell’accogliere
i ragazzi appena arrivati al Santuario ha spiegato loro che non bisogna mai fermarsi
e che si può ripartire proprio guardando le macerie di un sepolcro. Il sepolcro è
quello vuoto di Cristo, simbolo di sofferenza e di morte, ma soprattutto della grande
speranza della Resurrezione. E’ proprio su questo tema della rinascita dopo il dolore
della tragedia del terremoto che si sono basate le testimonianze degli universitari
abruzzesi e nel pomeriggio i giovani pellegrini parteciperanno ad una solenne celebrazione
eucaristica presieduta dall’arcivescovo dell’Aquila, mons. Giuseppe Molinari.
Ma
qual è l’obiettivo primario di questo pellegrinaggio? Isabella Piro lo ha chiesto
a don Paolo Morocutti, cappellano della Lumsa, la Libera Università Maria Santissima
Assunta di Roma:
R. – L’obiettivo
di questo settimo pellegrinaggio è l’obiettivo continuativo degli altri pellegrinaggi
dei giovani universitari, delle giovani matricole: iniziare l’anno insieme. In questo
senso, come pellegrinaggio è caratterizzato da un cambiamento: precedentemente andavamo
sempre ad Assisi, che era il luogo ormai consueto di questi pellegrinaggi. Iniziavamo
da un amico dei giovani, San Francesco; quest’anno siamo all’Isola del Gran Sasso,
ad incontrare un altro amico dei giovani, San Gabriele dell’Addolorata. E questo sta
a significare anche questo legame che la pastorale universitaria della diocesi di
Roma vuole realizzare in maniera solidale insieme a tanti studenti meno fortunati
che in questo anno hanno vissuto il dramma del terremoto, che poi per tanti giovani
ha toccato anche la possibilità di vivere serenamente il periodo degli studi.
D.
– Quindi per questi ragazzi in particolare, questo pellegrinaggio assume un valore
in più, ha un valore aggiunto?
R. – Ha il valore
della solidarietà. Il Santo Padre Benedetto XVI più volte sottolinea l’importanza
della carità intellettuale, ma la carità intellettuale poi si fa anche carità fattiva
venendo a fare incontrare giovani vite che condividono un periodo importante della
loro storia, che è quello della ricerca scientifica, della formazione integrale della
propria personalità.
D. – Il motto dell’iniziativa
è tratto dal Vangelo di Luca: “Lo riconobbero nello spezzare il pane”. Cosa significa
questo versetto?
R. – Il versetto è in comunione
con l’Anno dell’Eucaristia per la diocesi di Roma: la diocesi di Roma riflette quest’anno
sull’Eucaristia e sull’importanza dell’Eucaristia domenicale; anche la pastorale universitaria
vuole ripartire insieme alla diocesi da questa sottolineatura, che è una sottolineatura
esistenziale per il cristiano e anche per lo studente: partire dall’Eucaristia per
una formazione integrale e un umanesimo cristiano.
D.
– San Gabriele è un amico dei giovani. Cosa rappresenta questo santo per gli universitari?
R.
– Questo santo, che non è molto conosciuto, in realtà significa molto per la vita
dei giovani cattolici. Benedetto XV nel 1920 lo canonizza e canonizzandolo lo fa patrono
della gioventù cattolica. Quindi, i giovani sono molto attaccati alla figura di San
Gabriele dell’Addolorata che tra l’altro è morto a 24 anni con una vita intensa vissuta
nell’amore per la Chiesa e nel dono di sé ai fratelli.
D.
– Il pellegrinaggio degli universitari è giunto – appunto – alla settima edizione.
Possiamo fare un bilancio di tutto quello che è stato fatto finora?
R.
– Il bilancio è indubbiamente positivo, sia per i numeri sia poi per quello che prosegue,
perché evidentemente il pellegrinaggio delle matricole si colloca all’inizio dell’anno
accademico e questo è una forte spinta per questi giovani: anche per i fuori sede
è un momento aggregativo di grande importanza in cui ripartiamo da un incontro di
spiritualità, di solidarietà, di comunione che poi ha una sua continuazione nelle
varie cappellanie universitarie nel cammino di ciascuna università.
D.
– L’università è tempio della sapienza. Ma questo non deve far dimenticare anche l’importanza
della fede nella conoscenza …
R. – La vera sapienza
implica anche il dato della fede, evidentemente non si esclude. E’ una sapienza che
si incarna nello studio, però in uno studio che è offerta, che è ricerca della verità.
D.
– I ragazzi che partecipano a questo pellegrinaggio degli universitari cosa imparano?
Come escono rinnovati da questa esperienza?
R. –
C’è una duplice esperienza: la prima è l’esperienza umana della socializzazione. Trovano
altri giovani e quindi questo aspetto comunionale è comunque importante in una società
in cui si pensa troppo all’individuo e si tende anche a questa de socializzazione
ormai imperante. Il secondo aspetto è quello della grazia: visitare questi luoghi,
toccare con mano l’esperienza di giovani santi che hanno dato la vita, tocca il cuore
di questi ragazzi. E questa è l’esperienza della grazia.