Mons. Crociata: le istituzioni sanitarie cattoliche rischiano la chiusura
Le istituzioni sanitarie cattoliche "costituiscono l'attuazione storica di quell'albergo
a cui il Buon Samaritano della parabola evangelica affida, perché venga debitamente
curata, la persona ferita raccolta sulla strada di Gerico, simbolo della strada percorsa
da ogni uomo, anzitutto dal più povero". E’ quanto ha affermato mons. Mariano Crociata,
segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana (Cei) intervenendo ieri a
Roma all'assemblea dell'Associazione Religiosa Istituti Socio-sanitari (Aris). Il
presule – rende noto l’agenzia Zenit - ha espresso l'apprezzamento dei vescovi per
la "preziosa opera" svolta dall'associazione. Proprio dall'icona evangelica del samaritano
e dalla grande tradizione cristiana dell'hospitalis "ha origine l'ospedale e successivamente
la tradizione dei grandi ordini religiosi ospedalieri e di cura degli infermi". Le
istituzioni sanitarie cattoliche - ha aggiunto mons. Mariano Crociata - possono offrire
"un significativo contributo al mondo della sanità per una cura più umana della persona",
soprattutto in un contesto come quello attuale, "profondamente pervaso da logiche
di morte". Di fronte alle "notevoli e perduranti difficoltà in cui le strutture si
trovano ad operare", tali da "condizionare irrimediabilmente la loro attività o addirittura
da metterne a rischio la sopravvivenza”, mons. Crociata ha anche sottolineato la necessità
di attivare "tutte le soluzioni utili a far sì che esse riescano a superare questo
momento di crisi ". Secondo il segretario Generale della Cei, la situazione attuale
è "non solo congiunturale ma strutturale", e "richiede una riflessione ecclesiale
più approfondita e scelte coraggiose che ci aiutino a trasformare la crisi in opportunità
di rinnovamento". "Per uscire dalla crisi è imprescindibile un forte impegno nella
direzione della comunione"; la collaborazione "non può ridursi ad una funzione strumentale,
ma deve fondarsi in un profondo senso di Chiesa e potrà realizzarsi solo radicandosi
in esso". "Fare rete tra noi - ha dichiarato - significa, in ultima analisi, amare
la Chiesa e, attraverso di essa, partecipare alla redenzione del mondo della malattia
e della sofferenza con il nostro impegno". (A.L.)