2009-11-07 15:12:35

La Chiesa indiana biasima le parole del leader del Bharatiya Janata Party


Sostenere che “le conversioni corrompono la cultura indiana danneggia in modo evidente l’edificazione dell’armonia religiosa che ha caratterizzato la nostra civiltà per anni”. E’ quanto sottolinea all’agenzia AsiaNews padre Babu Joseph, portavoce della Conferenza dei vescovi cattolici dell’India (Cbci), commentando le dichiarazioni di Rajnath Singh, leader del partito conservatore indù Bharatiya Janata Party (Bjp). Singh nei giorni scorsi ha affermato che “i missionari stranieri” usano la religione “per infiltrarsi in India e corromperne la cultura”. Il leader del partito indù ha anche aggiunto che le “conversioni illegali di massa” costituiscono una “minaccia per la sicurezza interna del Paese”. Per la Chiesa indiana si tratta di accuse infondate: invece di evocare fantasmi e minare “l’unicità del mosaico religioso e culturale” del Paese – spiega padre Babu Joseph - i politici indiani “dovrebbero concentrare le loro attenzioni sulle sfide alle quali è chiamato lo Stato sia sul fronte interno che su quello estero”. Le dichiarazioni di Singh giungono in un momento di forte crisi del Bharatiya Janata Party, dopo le sconfitte nelle recenti elezioni statali in Maharashtra, Haryana e Arunachal Pardesh. Il tema delle conversioni forzate emerge in modo ciclico nel dibattito politico locale e nazionale. Lo stesso Singh ha ripetutamente chiesto al governo l’estensione in tutto il Paese della legge anti-conversione vigente in cinque Stati. Tale legge non è invece inserita nella Costituzione che riconosce la libertà religiosa. Nell’estate del 2008 diverse aree dell’India, tra cui lo Stato dell’Orissa, sono state sconvolte dal dramma delle violenze compiute da estremisti indù contro la comunità cristiana. (A.L.)







All the contents on this site are copyrighted ©.