A 20 anni dalla caduta del Muro di Berlino, le parole di Benedetto XVI e Papa Wojtyla.
Le riflessioni di padre Lombardi e Gianni Pittella
Bornholmer Strasse, 9 novembre 1989. Fu in questa strada che 20 anni fa venne aperto
uno dei primi varchi nel Muro di Berlino. E' in questa strada che lunedì prossimo
- giorno di solenni celebrazioni per il ventennale della caduta - si incontreranno
alcuni dei protagonisti di quella storica sera. Ma sarà la Porta di Brandeburgo, nel
cuore della città berlinese, lo sfondo della grande festa alla quale si attendono
almeno 100 mila persone e molti dei leader mondiali di Gran Bretagna, Francia e Russia,
oltre al segretario di Stato americano, Hillary Clinton, in rappresentanza del presidente
Obama, e all'ultimo leader sovietico, Mikhail Gorbaciov. Alessandro De Carolis
rievoca le parole che Benedetto XVI e Giovanni Paolo II hanno dedicato a questo avvenimento
durante il loro Pontificato:
(musica)
“Nessuno
ha intenzione di costruire un muro”. L’affermazione di Walter Ulbricht, capo di Stato
della DDR e segretario del Partito socialista unitario della Germania è datata 15
giugno 1961. Esattamente due mesi dopo, tra il 12 e il 13 agosto di quell’anno, i
primi metri di filo spinato si tendono a creare in modo appena percettibile - se non
fosse per la mole minacciosa degli autoblindo che li presidiano - la prima delle quattro
“generazioni” del Muro che, nel corso appena di una notte, ma una notte che durerà
30 anni, crea d’improvviso due Berlino, due Germanie, due Europa. Quella prima, grigia
Cortina di filo, che con i mesi acquisterà l’ingombro del cemento e del ferro - e
il peso del sangue di chi negli anni tenterà di lasciarsela alle spalle, spesso freddato
a pochi metri dal suo sogno di libertà - ha il proprio simbolo nella Porta di Brandeburgo.
Una porta antica sbarrata, che vede violata la sua finalità essenziale: quella di
permettere il transito, e dunque di unire, due luoghi. E’ dunque con emozione che
un figlio di quell’epoca, e una “vittima” di ciò che quello sbarramento produsse,
possa fermarsi una sera d’estate sotto quella stessa Porta, tornata ad essere simbolo
di una nazione riunita e di un continente senza guerre calde o fredde. E’ il 23 giugno
1996, quando Giovanni Paolo II pronuncia davanti a una sterminata folla di tedeschi
queste parole: “Das neue Haus Europa, von dem wir sprechen,
... La nuova casa Europa, della quale parliamo, ha bisogno di una Berlino
libera e di una Germania libera. Ha soprattutto bisogno di aria per respirare, di
finestre aperte, attraverso le quali lo spirito della pace e della libertà possa entrare.
L’Europa ha quindi bisogno, non da ultimo, di uomini convinti che aprano le porte,
di uomini che tutelino la libertà mediante la solidarietà e la responsabilità. Non
solo la Germania, ma anche tutta l’Europa ha bisogno per questo del contributo indispensabile
dei cristiani”.
Per anni, la storia costringe sui versanti opposti
del Muro due uomini che saranno amici, fratelli nella fede, capi della Chiesa l’uno
di seguito all’altro. Ma la consapevolezza di Karol Wojtyla-Giovanni Paolo II è la
stessa di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. Entrambi vivono da Roma gli eventi del 9
novembre 1989 che riuniscono le loro patrie e restituiscono all’Europa la sincronia
dei suoi “due polmoni”.“So - scrive Benedetto XVI nel 2005 all’arcivescovo
di Cracovia, Dziwisz, per il 25.mo di Solidarność - che si trattava
di una causa giusta e la caduta del Muro di Berlino e l’introduzione nell’Unione Europea
dei Paesi che erano rimasti dietro ad essa dopo la Seconda Guerra Mondiale, ne è la
migliore prova”. E il 26 settembre di quest’anno ribadisce idealmente durante il suo
viaggio nella Repubblica Ceca:
“If the collapse of the Berlin Wall
marked… Se il crollo del muro di Berlino ha segnato uno spartiacque
nella storia mondiale, ciò è ancora più vero per i Paesi dell’Europa Centrale e Orientale,
rendendoli capaci di assumere quel posto che spetta loro nel consesso delle Nazioni,
in qualità di attori sovrani”.
Un mese fa, l’8 ottobre, il Papa
presenzia al concerto in suo onore offertogli dall’Orchestra interregionale sinfonica
nell’ambito dell’iniziativa “70 anni dall’inizio della II Guerra Mondiale: Giovani
contro la guerra”. Il discorso di Benedetto XVI si sofferma anche sul Muro e la sua
sintonia con Papa Wojtyla è sempre piena; anzi le sue parole sono inizialmente le
parole stesse di Giovanni Paolo II, scritte quando le macerie del Muro erano da poco
a terra:
“'La caduta del muro - ebbe a scrivere Giovanni Paolo II
- come il crollo di pericolosi simulacri e di una ideologia oppressiva, hanno dimostrato
che le libertà fondamentali, che danno significato alla vita umana, non possono essere
represse e soffocate a lungo'. L’Europa, il mondo intero hanno sete di libertà e di
pace! Occorre costruire insieme la vera civiltà, che non sia basata sulla forza, ma
sia 'frutto della vittoria su noi stessi, sulle potenze dell’ingiustizia, dell’egoismo
e dell’odio, che possono giungere sino a sfigurare l’uomo'”.
Alla
vigilia delle celebrazioni che si appresta a tributare all’evento che le ha restituito
una libertà poi sfociata in una Unione di Stati, vale la pena far riecheggiare dalla
Porta di Brandeburgo, dalla sera di 13 anni fa, un appello - quello di Giovanni Paolo
II - che è memoria e, al contempo, un auspicio di valore assoluto: “Den
Berlinern und allen Deutschen, denen ich dankbar ... Esorto tutti i Berlinesi
e tutti i tedeschi, ai quali sono grato per la pacifica rivoluzione dello spirito
che ha portato all’apertura della Porta di Brandeburgo: non spegnete lo Spirito! Tenete
aperta questa porta, per voi e per tutti gli uomini! Tenetela aperta con lo spirito
dell’amore, della giustizia e della pace! Tenete aperta la porta con l’apertura dei
vostri cuori! Non c’è libertà senza amore”. (musica)
Nel
suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo
Vaticano, il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, ritorna ai
giorni della caduta del Muro e al ruolo spirituale e culturale che giocò la Chiesa
guidata da Giovanni Paolo II:
Sono passati
vent'anni dal giorno indimenticabile della caduta del muro. Che festa di popolo a
Berlino! Quanto stupore e quanta gioia in tutta l'Europa e nel mondo vedendo e rivedendo
quelle immagini incredibili! Per quasi trent'anni chi cercava di superarlo fuggendo
verso la libertà rischiava la vita, decine e decine di persone erano morte sotto gli
occhi inorriditi dei testimoni di passaggio. Avevamo creduto che il grande carcere
protetto da quel muro - e più ampiamente dalla "cortina di ferro"- avrebbe resistito
ancora per molti anni. Invece le aspirazioni alla libertà e le debolezze intrinseche
nei regimi fondati su un'ideologia nemica di Dio e della persona umana avevano lavorato
in profondità nei popoli dell'Est, preparando un crollo epocale, non accompagnato
- fatto fortunato e raro - da grandi versamenti di sangue.
Senza
voler semplificare un processo storico estremamente complesso, ci è spontaneo ricordare
il ruolo dell'elezione e della persona di Giovanni Paolo II, dei suoi viaggi in una
Polonia rimasta in larghissima parte fedelmente cattolica e delle loro conseguenze
sulle aspirazioni e le domande di libertà del suo popolo e di quelli vicini. Quando
l'anziano Pontefice passava infine sotto la Porta di Brandeburgo, non solo la Germania
era riunificata, ma l'Europa respirava con i suoi due polmoni, dell'Ovest e dell'Est,
e la fede cristiana aveva dimostrato di aver contribuito ancora una volta all'unione
e alla civiltà del continente, superando la prova crudele dell'ateismo di Stato. E'
bene ricordarlo, quando si insiste a ridurre questa fede nell'ambito strettamente
privato. Intanto nel mondo, purtroppo, si sono edificati e si edificano altri muri.
Continueremo a impegnarci attendendo di festeggiare, alla fine, anche la loro inutilità
e il loro abbattimento.
La caduta del Muro di Berlino
aprì, dunque, la strada per la riunificazione tedesca, formalmente conclusa il 3 ottobre
1990. E cambiò il corso della storia di tutto il continente. L’Unione Europea ricorderà
l’avvenimento con una cerimonia a Bruxelles l’11 novembre. Fausta Speranza
ha intervistato Gianni Pittella, vicepresidente del Parlamento europeo:
R. – Da allora
abbiamo aperto una fase storica nuova all’insegna della libertà, all’insegna dell’unificazione
del continente europeo, all’insegna del superamento di qualsiasi forma di totalitarismo.
E poi l’Europa è andata avanti attraverso alti e bassi. Ci sono stati momenti di grande
smalto e momenti di decadimento, di crisi. Ora siamo credo in un momento in cui possiamo
risalire da una nuova crisi e dobbiamo, come dire, prendere spunto anche dalla nostra
storia per avere lo slancio necessario per guardare avanti e per andare avanti. Abbiamo
una previsione di crescita di appena lo 0,7 per cento. Vi è un aumento fortissimo
di disoccupati, vi è un dramma sociale che investe tantissima gente e tantissime famiglie.
A questi problemi va data una risposta. Gli obiettivi sono questi: l’estensione della
moneta a tutti i Paesi che appartengono all’Unione Europea, un governo economico dell’Unione
Europea, un soggetto politico “global player” che diventa l’Unione Europea e, soprattutto,
una grande agenda sociale che tenga presente i problemi dei cittadini. L’Europa deve
essere percepita e toccata sempre più come un’amica dei cittadini. Adesso abbiamo
un nuovo trattato, il Trattato di Lisbona, che ci consegna nuove regole di funzionamento
delle istituzioni europee, un Parlamento europeo più forte, un potere maggiore di
“governance” europea, un ministro degli Esteri dell’Unione Europea, la Carta dei diritti
fondamentali e abbiamo i Parlamenti nazionali coinvolti maggiormente nell’azione delle
istituzioni europee e un Consiglio Europeo che non sarà più di sei mesi, ma di due
anni e mezzo. Quindi, regole nuove per l’Europa.
D.
– Ecco, a questo proposito, c’è stato in questi giorni il dibattito attorno al Crocifisso
nelle scuole. E’ un pronunciamento della Corte europea dei Diritti umani che fa capo
al Consiglio d’Europa, lo dobbiamo ribadire e ricordare, che è un organismo distinto
dall’Unione Europea…
R. – Assolutamente. Quasi tutti
i giornali portano questo riferimento all’Unione Europea. L’Unione Europea è una cosa
diversa: il Parlamento europeo, il Consiglio europeo e la Commissione europea, sono
le tre istituzioni comunitarie. Non c’entra nulla la Corte dei Diritti dell’Uomo,
che è una Corte fatta di magistrati, non di deputati europei, non di commissari europei,
non di capi di governo dell’Unione Europea. Quindi, smettiamola di dire che l’Europa
è causa anche di questo male. Una decisione che io non condivido, che ovviamente rispetto
come tutte le decisioni della magistratura, ma che, mi permetto di dire, non fa i
conti con un significato che il Crocifisso ha in Italia, che è un significato simbolico
che va ben oltre la religione cristiana, ma che dà il senso della fraternità, dell’amore,
della pace, della fratellanza, della concordia. Quindi, il Crocifisso vale per noi
cristiani, ma anche per chi non è cristiano è un simbolo di pace. Quindi, francamente
è una decisione non accettabile.
D. – Ecco, quindi,
vogliamo dire che l’Unione Europea non ci pensa proprio a togliere i Crocifissi dalle
scuole, possiamo dirlo questo?
R. – Sì, possiamo dire
che l’Unione Europea in quanto tale, quindi, le istituzioni comunitarie, che ripeto
sono il Parlamento europeo, la Commissione Europea e il Consiglio Europeo, non hanno
mai preso una decisione di questo genere.