L'attesa del Papa a Brescia e Concesio sulle orme di Paolo VI e Sant'Arcangelo Tadini
Sulle orme dell’amato Paolo VI, domenica prossima il Papa sarà in visita pastorale
a Brescia e a Concesio luoghi che hanno visto la nascita e la formazione di Giovanni
Battista Montini. La prima tappa del percorso verso la città lombarda, sarà una sosta
al Santuario di Botticino Sera, comune della Valverde, che custodisce l’urna con le
spoglie di Sant’Arcangelo Tadini. Le strade sono già vestite a festa con stendardi
e bandierine dai colori vaticani, spiccano i manifesti di Tadini e del Papa che viene
a venerare il sacerdote, canonizzato ad aprile, e che, a fine ‘800, nel perfetto spirito
della Rerum Novarum, unì all’opera pastorale un’intensa attività sociale a tutela
del lavoro e della famiglia. L’attesa della comunità nelle parole del parroco Don
Raffaele Licini, al microfono della nostra inviata Gabriella Ceraso:
R. – Accogliere
il Papa in questa nostra parrocchia è sicuramente qualcosa di irripetibile. Il Papa
ci insegna come lui si fa pellegrino presso Sant’Arcangelo Tadini, anche noi dobbiamo
camminare continuamente nella direzione di lui, perché il grande desiderio che aveva
Tadini era che tutte le anime fossero portate in cielo. D. –
La presenza del Papa è anche per omaggiare nell’Anno Sacerdotale il sacerdote Arcangelo
Tadini. Che modello di sacerdozio ha incarnato? R. – Sant’Arcangelo
è un uomo del tutto in armonia con la Chiesa: dal punto di vista della fede, della
disciplina, dell’obbedienza … anzi, si dice che fosse anche abbastanza aggrappato
alla tradizione. Un uomo così capace di essere in rapporto con il Signore da vedere
in questo rapporto il bisogno di tutte le persone e in modo particolare di chi a quel
tempo faceva fatica nella vita, organizzando quello che è stato l’impegno anche dal
punto di vista lavorativo, nella costruzione della filanda e anche nel mettere accanto
a queste persone che lavoravano delle suore operaie perché il lavoro fosse colto nel
suo insieme nell’aspetto grande del suo valore. Non più solamente come una fucina
di visioni atee verso la Chiesa, ma invece un ambiente bisognoso del fermento del
Vangelo, un mondo – quindi – da incontrare più che da contrastare. D.
– Il messaggio che lascia questa figura, secondo lei, quello più forte … R.
– Lui diceva: la mia scienza è la croce. La mia forza è la stola. C’è dentro tutta
la sua caratteristica di prete, ma anche di un uomo che veramente voleva far sì che
l’azione del Vangelo riuscisse davvero ad entrare nel cuore di tutte le persone. Allo
scopo di evangelizzare il mondo del lavoro attraverso la condivisione della fatica,
Sant’Arcangelo Tadini, nel 1900, fondò la Congregazione delle Suore Operaie della
Santa Casa di Nazareth, oggi presenti in Europa, America e Africa. Saranno loro, domenica,
a presentare al Papa il progetto di un nuovo centro di formazione per i ragazzi del
Burundi. Sentiamo suor Emma Ghidoni, madre generale della Casa di Brescia,
sempre al microfono di Gabriella Ceraso:
R. – Ci ha
chiamate lui “Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth”, quindi donne consacrate
ma operaie tra le operaie, e ci ha affidato il compito di educare le lavoratrici,
cioè formarle non con grandi discorsi ma dando soprattutto l’esempio nel guadagnarci
il pane. D. – Quindi, educazione ma anche evangelizzazione dei
luoghi di lavoro … R. – Dare a queste persone che lavorano il
senso del lavoro cristiano, che è un modo per realizzarsi e per essere collaboratori
anche nella creazione di Dio. D. – Certo, oggi c’è anche il
problema di un lavoro che manca … R. – Questo è un problema
davvero molto grande che condividiamo anche noi, perché anche noi siamo precarie:
passiamo attraverso le agenzie interinali. Noi non abbiamo grandi redditi! Le nostre
comunità scelgono abitazioni in quartieri popolari: facciamo pastorale giovanile,
facciamo pastorale per la catechesi, eccetera. Però, la nostra specificità è quella
di condividere la vita semplice delle persone. D. – Suor Emma,
Sant’Arcangelo Tadini vi ha dato come modello di vita quello della famiglia di Nazareth:
perché? R. – Perché questa bella icona ci sembra il modello
più vero della vita nella sua quotidianità, come è stato per Gesù, Maria e Giuseppe
per 30 anni, nel silenzio e nella semplicità. D. – Suore Emma,
voi siete presenti anche nel resto del mondo: in Inghilterra, in Brasile, molto e
soprattutto in Africa, in Burundi. Ed è lì che nasce un centro di formazione nuovo
il cui progetto voi volete presentare proprio al Papa. Come nasce questa idea? R.
– In Burundi la nostra comunità è stata un dono che la diocesi di Brescia aveva offerto
a Paolo VI dopo il decreto sull’attività missionaria della Chiesa “ad gentes”. E lì
adesso noi Suore Operaie siamo presenti: nelle piantagioni, nella lavorazione del
thè … Abbiamo voluto quasi come continuità presentare al Santo Padre il dono di una
nuova missione: vorremmo portare comunque avanti il nostro carisma di aiutare i giovani
non solo a trovare un lavoro, ma a viverlo proprio in modo cristiano.