Incontro sull'Astrobiologia in Vaticano per fare il punto sulla ricerca di vita intelligente
fuori della terra
E' iniziata oggi in Vaticano la settimana di studi dedicata all’Astrobiologia, un’iniziativa
che rientra nell’ambito dell’attuale Anno dell’Astronomia e organizzata dalla Pontificia
Accademia delle Scienze insieme alla Specola Vaticana. Il cardinale Giovanni Lajolo
ha portato il saluto del Papa agli studiosi che partecipano all'incontro: un appuntamento
che affronta la tematica della possibilità di una vita intelligente fuori della terra:
"un compito che esige serietà scientifica - ha detto il porporato - e che non va confuso
con la fantascienza". Il cardinale Lajolo ha quindi sottolineato che "nella ricerca
nessuna verità può farci temere" perché "le scienze, proprio mentre aprono l'uomo
a nuova conoscenza, contribuiscono a realizzare l'uomo come uomo". Ma cosa significa
astrobiologia? Benedetta Capelli ha rivolto la domanda a padre José Funes,
direttore della Specola Vaticana:
R. – L’oggetto
dell’astrobiologia è la ricerca della possibilità di vita sia nel nostro sistema solare,
nei luoghi più vicini dell’universo, sia in altri sistemi stellari. Finora sappiamo
che ci sono circa 350 stelle che hanno pianeti che girano loro intorno; tra questi
pianeti, potrebbero essercene di simili alla terra. Ecco, questo è lo scopo dell’astrobiologia:
cercare possibilità di vita nell’universo, al di fuori della terra. D.
– Qual è l’obiettivo di questa settimana di studi? R. – L’obiettivo
è quello di fare il punto della situazione in questa disciplina scientifica. Si presenteranno
gli ultimi risultati per aiutarci a capire meglio a che punto siamo nella ricerca
della vita nell’universo; e anche per fare il punto della situazione in una disciplina
in cui crediamo che sia molto importante che la Chiesa sia coinvolta in questo tipo
di ricerca, almeno nel seguire i principali risultati riconosciuti dalla comunità
scientifica. D. – Per quanto riguarda la questione dell’“intelligenza
altrove”, ci vuole spiegare che cos’è e soprattutto su cosa si rifletterà? R.
– Ci sono programmi destinati alla ricerca di "vita altrove" – ovviamente, parliamo
di vita intelligente. Non abbiamo nessuna prova dell’esistenza di vita, nemmeno nelle
forme più primitive, nell’universo. Ancor più si può dire della vita intelligente
al di fuori della terra. Ci sono programmi seri, tra cui quello più conosciuto è quello
che cerca di “catturare” – per così dire – possibili segnali di una civilizzazione
più sviluppata della nostra. Questo ha come premessa che queste civilizzazioni siano
sviluppate, abbiano una tecnologia almeno simile alla nostra e che siano in grado
di emettere segnali. Finora, non c’è nessun risultato che ci possa indurre a credere
che ci sia vita intelligente fuori dalla terra. D. – Secondo
lei, attraverso nuovi studi quali prospettive si pone, però, la scienza? R.
– Direi che questo è un confine, una frontiera della scienza; credo che il paragone
tra gli studi che compiono i biologi sulla terra, come le forme di vita anche molto
primitive che possano sopravvivere a condizioni estreme, come ad esempio nelle profondità
degli oceani, ci possono aiutare a comprendere anche le possibilità che esista la
vita anche in altri mondi. Allo stesso tempo, se riuscissimo a scoprire se c’è vita
fuori dalla terra, questo potrebbe aiutarci a comprendere meglio come si è formata
e sviluppata la vita sul nostro pianeta.