Vietnam: le suore di Vinh Long chiedono giustizia e verità
Ricostruire il loro convento sul terreno che gli è stato sottratto. E’ quanto chiedono
le suore di San Paolo di Chartres in un’intervista riportata da Asianews. Le religiose
vogliono una soluzione “basata sulla verità”, che riconosca “la giustizia” e la loro
onestà perché non hanno mai violato la legge. Inoltre respingono le proposte delle
autorità locali che vorrebbero far ricostruire il loro convento su un altro terreno.
Nel 1977, dopo anni di dedizione alla popolazione attraverso l’educazione dei bambini,
la cura dei malati e l’assistenza ai poveri, le forze di sicurezza fecero irruzione
nel convento e portarono via le religiose. Alcune vennero poi rilasciate ma costrette
ad allontanarsi dalla zona, le attività avviate vennero completamente cancellate.
“Ci fu la dispersione dei bambini orfani e disabile – raccontano - la confisca della
totalità dei beni del monastero, l’arresto di tutte le religiose, il loro internamento
in una classe della scuola San Paolo”. Per 25 anni nessuno ha mai saputo il perché
di quell’azione, lo si è scoperto recentemente quando, leggendo un documento, si è
scoperto che il convento era considerato un “luogo destinato a formare giovani sbandati
per creare forze che si opponevano alla rivoluzione e alla liberazione nazionale del
popolo vietnamita”. Un’accusa priva di fondamento. Il convento venne poi trasformato
in ospedale e successivamente distrutto per costruire una piazza. Il terreno venne
più volte reclamato ma ogni richiesta è stata respinta. Le suore ad oggi non accettano
di costruire su un altro posto perché vogliono una soluzione giusta. “Dobbiamo tornare
ai fatti del 1977. Allora, non abbiamo violato la legge. Oggi tutti i tipi di soluzioni
presentate suppongono che abbiamo violato la legge – aggiungono le suore - e che la
nostra proprietà fa parte del campo dei terreni ‘colpiti dalla riforma’. Accettare
un semplice cambiamento di terreno – concludono - sarebbe riconoscere che oggi beneficiamo
di un favore. Noi non abbiamo commesso infrazioni. Dobbiamo tornare al nostro convento”.
(B.C.)