In Afghanistan proteste per un raid Nato: 90 morti di cui forse diversi civili
Divampa in tutto il mondo la polemica sull’Afghanistan, dopo che un raid aereo dell’Isaf,
la Forza internazionale di assistenza per la sicurezza guidata dalla Nato, ha causato
stamani almeno 90 vittime nei pressi di Kunduz, nel nord del Paese. La polemica è
interna alla stessa Nato: mentre Berlino esclude categoricamente il coinvolgimento
di civili, limitandosi a parlare di un gran numero di talebani uccisi, dal portavoce
delle forze occidentali Eric Tremblay arrivano dubbi: "Sembra che molti feriti civili
siano stati evacuati e ricoverati in ospedali locali. C’è forse un diretto legame
con l’incidente avvenuto con due autocisterne". Il presidente afghano, Karzai, commenta
duramente che “colpire i civili è inaccettabile” e annuncia l’imminente apertura di
un’inchiesta per fare luce sull’accaduto. Intanto, un soldato statunitense è rimasto
ucciso in un attacco nell'est dell'Afghanistan. Sale così a 460 il numero dei militari
stranieri uccisi nel Paese dall'inizio dell'anno, il più sanguinoso dall'invasione
del 2001, secondo un conteggio del sito specializzato "icasualties.org". Stanno tutti
bene invece i quattro militari italiani del 183.mo Reggimento paracadutisti della
Brigata Folgore coinvolti nell'esplosione di un ordigno nella Zeerko Valley, nell’Afghanistan
occidentale.
L'Onu ritira 600 addetti dell’ONU dalle zone più a rischio
dell’Afghanistan L'Onu evacuerà o ricollocherà provvisoriamente circa 600 dei
suoi 1.100 addetti che operano in Afghanistan, per i rischi connessi alla sicurezza.
Lo afferma un portavoce locale delle Nazioni Unite, Aleem Siddique, parlando di ridislocamento
all'interno del Paese per “un certo numero di settimane”. “Le Nazioni Unite sono state
in Afghanistan per mezzo secolo e non stiamo per andarcene ora", ribadisce il portavoce,
spiegando che in totale la missione Onu nel Paese (Unama) conta circa 5.600 dipendenti,
l'80 per cento dei quali di nazionalità afghana, mentre solo 1.100 sono stranieri.
Pakistan - talebani uccidono due insegnanti Due donne insegnanti
sono state uccise in Pakistan dai militanti talebani a Khar, nel distretto di Bajaur,
nel nordovest del Paese. Due uomini che viaggiavano con loro sono stati feriti. Bajaur
è ai confini con l'Afghanistan ed è una delle aree tribali di Amministrazione federale
(Fata, Federally Administered Tribal Areas), la zona al confine con l'Afghanistan
che ingloba una serie di distretti che non fanno parte delle province pakistane, tra
le quali c'è anche il sud Waziristan. Qui, da quasi tre settimane è in corso l'offensiva
dell'esercito contro i talebani. Questi ultimi già in passato, proprio a Bajaur, hanno
distrutto scuole femminili e negozi destinati alle donne, contrari a tutto ciò che
possa favorire l'emancipazione femminile. Intanto, l'esercito ha annunciato di aver
ucciso oggi nel sud Waziristan almeno 30 militanti talebani, soprattutto nei pressi
di Sararogha, conquistata dall'esercito, dove è in corso una feroce battaglia. L'ufficio
informazioni dei militari di Islamabad ha inoltre annunciato che l'esercito ha conquistato
la città di Ladha, bastione talebano.
Israeliani sequestrano le armi sulla
nave militare Francop Le autorità israeliane hanno permesso stamani la partenza
della nave mercantile Francop, intercettata ieri dalla Marina militare al largo della
costa israeliana con a bordo circa 500 tonnellate di armi iraniane apparentemente
destinate agli Hezbollah. La ha riferito la radio pubblica, secondo la quale l'autorizzazione
a levare le ancore dal porto di Ashdod è stata data al comandante della nave, dopo
che le autorità si sono accertate che lui e gli 11 membri dell'equipaggio fossero
ignari della presenza a bordo del carico d'armi, che sono state sequestrate. Il premier,
Benyamin Netanyahu, ha intanto accusato l'Iran di inviare armi "a organizzazioni terroristiche
con l'intento di colpire le città di Israele e uccidere i suoi cittadini".
Grecia,
ancora episodi di insurrezione a Salonicco e Atene Cinque uomini armati hanno
sparato nelle prime ore di oggi contro agenti della polizia a Salonicco, mentre attentati
incendiari sono stati commessi ad Atene e a Creta contro obiettivi politici, amministrativi
e sportivi. Non è chiaro se si sia trattato di una fallita rapina o di un'azione da
parte di uno dei gruppi armati anarco-insurrezionalisti attivi in Grecia. La sparatoria
ha comunque destato preoccupazione, in quanto avviene in un clima molto teso dopo
il recente attacco da parte di un gruppo armato contro un commissariato ad Atene,
che ha provocato il ferimento di sei agenti. Ad Atene, due bombe molotov sono state
lanciate contro la sede del Partito di estrema sinistra Syriza, facendo danni ma nessuna
vittima, e contro un club della squadra di calcio del Panathinaikos. La sparatoria
e gli attentati fanno seguito a diversi attacchi incendiari a Salonicco e ad Atene
durante le ultime settimane, rivendicati da nuovi gruppi di stampo anarchico e seguiti
a grandi retate contro il movimento nella capitale. E si aggiungono, peraltro, alla
richiesta della Procura di Salonicco di arrestare gli studenti che occupano scuole
e università. Ma la polizia della città greca si è rifiutata di procedere agli arresti,
per timore di aggravare la tensione in un momento in cui anche gli studenti sono mobilitati
contro le riforme scolastiche e in difesa di immigrati e anarchici.
Impennata
in tutta Europa del numero dei casi di influenza A/H1N1 Cresce in modo esponenziale
in tutta l'Europa il numero dei casi di influenza A/H1N1 e per il responsabile della
ricerca dei Centri europei per il controllo delle malattie (Ecdc), Johan Gieseke,
è la prima ondata della pandemia nei Paesi Europei. “È impossibile però prevedere
quali dimensioni avrà l'influenza e quando arriverà il picco”. Gieseke ha sottolineato
che il virus dell'influenza A/H1N1 è lieve, ma che nel 30% dei casi muoiono persone
giovani e completamente sane e questo ancora non si è capito perché. Nell'influenza
A, come in quella stagionale, ha aggiunto Gieseke, “le vittime sono soprattutto persone
a rischio, principalmente coloro che hanno problemi cardiaci, malattie respiratorie
o diabete". In Italia, il viceministro alla Salute, Fazio, ribadisce che anche nella
regione Campania, particolarmente colpita, la mortalità a causa dell'influenza A è
pari allo 0,005 per cento, molto al di sotto dei decessi legati ad una normale influenza
stagionale. Secondo Fazio, la vera preoccupazione è se il virus muterà: “Se il virus
muta o se si combina con quello della viaria - ha sottolineato Fazio - allora la mortalità
crescerà. Per questo motivo, il virus A/H1N1 va bloccato entro il 2010 e bisogna fare
la campagna di vaccinazione per evitare guai peggiori”.
A Washington summit
Usa-Ue sulle emissioni di Co2 A pochi giorni dal vertice che si aprirà a Copenaghen
il 7 dicembre, dai leader del mondo arrivano segnali di pessimismo: il summit che
doveva salvare il pianeta si sta già trasformando nella cronaca di un fallimento annunciato.
A lanciare l'ennesimo allarme è stato il presidente della Commissione europea, Barroso,
che si è recato a Washington per il vertice Ue-Usa, e si è detto “preoccupato” per
l'andamento dei negoziati sul clima. “Certamente a Copenaghen - ha detto Barroso -
non avremo un vero e proprio trattato vincolante, simile a quello di Kyoto”. Secondo
il presidente americano, Barak Obama, “se tutti i Paesi coinvolti si rendono conto
che questa è un'opportunità unica, possiamo stringere un'intesa importante”. Il problema
per Obama è che il percorso legislativo sui tagli delle emissioni di Co2 procede a
rilento. Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, si è detta convinta che una volta
che Europa e America avranno dimostrato di essere pronte ad adottare un accordo sul
clima, si potrà convincere Cina e India a aderire. Da Pechino è apparso chiaro che
nessuno ha intenzione di muoversi. Il premier cinese, Wen Jiabao, discutendo con Barroso,
ha insistito sul “principio delle responsabilità comuni ma differenziate”: ha ribadito
il suo impegno a ridurre le emissioni «in modo significativo», ma rifiutando di fissare
delle quote.
Si lavora per il governo di unità nazionale in Honduras Iniziate
in Honduras le fasi preparatorie per la formazione del nuovo governo di unità nazionale,
dopo il rientro della crisi politica causata dal colpo di Stato del giugno scorso.
Una Commissione speciale è stata incaricata di individuare i candidati ideali per
l’esecutivo. Intanto torna al potere Zelaya, capo di stato deposto, fino alla fine
del suo mandato che scadrà nel gennaio 2010. Si può parlare di una raggiunta stabilità
per il Paese? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Stefano Femminis, direttore
della rivista dei gesuiti “Popoli”:
R. - Ci
sono stati senz’altro dei passi avanti, dopo questi mesi davvero di grande criticità
ed anche con scontri di piazza con alcuni morti tra i manifestanti. Quindi, è sicuramente
un passo avanti, è un momento di chiarezza. Devo dire che la sensazione, dalle notizie
che arrivano dall’Honduras, è che ci sia ancora molta instabilità, un po’ di confusione.
Tant’è vero che questo reinsediamento di Zelaya - che dovrebbe avvenire proprio in
queste ore - non è così sicuro. E’ stato firmato un accordo che comprende diversi
punti e ognuno di questi punti va chiarito e applicato. Diciamo quindi che, com’è
stato detto dopo la firma degli accordi, è l’inizio della fine della crisi. Ma è un
processo che sarà senz’altro ancora lungo.
D. - Washington
si dice pronta ad accettare qualsiasi decisione venga presa a Tegucigalpa, alcuni
parlano di un passo indietro degli Stati Uniti. E' davvero così?
R.
- In realtà, secondo me, la protagonista di questi accordi è proprio l’amministrazione
statunitense, nel senso che l’arrivo del responsabile dell’amministrazione Obama per
gli Affari latinoamericani - Thomas Shannon - è coinciso con la firma di quest’accordo.
La sensazione è che abbia forzato un po’ le tappe per arrivare ad un accordo che garantisse
lo svolgimento regolare delle elezioni, perché nei mesi scorsi si era arrivati davvero
ad una situazione di stallo, per cui non si capiva più bene chi fosse al potere a
Tegucigalpa. Penso quindi che l’amministrazione americana abbia influito, per quello
che è stato possibile. E’ chiaro che ora dicono: “Ci va bene tutto”. Ma, come dire,
si sono già accertati che le cose andranno in un certo modo.
Entro
l’anno la Serbia presenterà domanda di adesione all’UE La Serbia presenterà
entro il 2009 domanda di adesione all'Unione Europea. Lo ha detto questa mattina il
ministro degli Esteri di Belgrado, Vuk Jeremic, nel corso del suo intervento alla
Commissione esteri del parlamento europeo.Tra l'Ue e la Serbia è stato siglato un
accordo di associazione che però non è ancora entrato completamente in vigore, a causa
del veto dell'Olanda che continua a ritenere Belgrado "colpevole" di scarsa collaborazione
per la cattura del generale serbo-bosniaco, Rakto Mladic, tuttora ricercato per genocidio
e crimini di guerra. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Chiara
Pileri) Bollettino del Radiogiornale
della Radio Vaticana Anno LIII no. 309 E'
possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del
Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
sito www.radiovaticana.org/italiano.