La sentenza europea sull'esclusione del Crocifisso dalle aule scolastiche: gli interventi
del cardinale Re, mons. Giordano e padre Lombardi
La Commissione europea non commenta la sentenza della Corte europea per i diritti
dell'uomo sull’esclusione del Crocifisso dalle aule scolastiche, in quanto la questione
ricade esclusivamente nelle competenze degli Stati membri. Ad esprimere la posizione
dell’Unione Europea è stato oggi Michele Cercone, portavoce del commissario alla Giustizia
dell’Ue, Jacques Barrot. Il portavoce ha sottolineato con forza che non bisogna confondere
l'Unione Europea con il Consiglio d'Europa - di cui la Corte che ha espresso la sentenza
è parte - in quanto organismo del tutto indipendente e scollegato dalla Comunità.
Da parte sua, il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, al margine di una
conferenza stampa all’Ospedale Bambino Gesù di Roma, ha criticato la sentenza apprezzando
l’intenzione del governo italiano di ricorrere contro di essa. Una sentenza, dunque,
che - ha affermato il direttore della Sala Stampa della Santa Sede padre Federico
Lombardi - “è stata accolta in Vaticano con stupore e rammarico”. Ecco le sue
parole:
“Il Crocifisso
è stato sempre un segno di offerta di amore di Dio e di unione e accoglienza per tutta
l’umanità. Dispiace che venga considerato come un segno di divisione, di esclusione
o di limitazione della libertà. Non è questo, e non lo è nel sentire comune della
nostra gente.
In particolare, è grave voler emarginare
dal mondo educativo un segno fondamentale dell’importanza dei valori religiosi nella
storia e nella cultura italiana. La religione dà un contributo prezioso per la formazione
e la crescita morale delle persone, ed è una componente essenziale della nostra civiltà.
E’ sbagliato e miope volerla escludere dalla realtà educativa.
Stupisce
poi che una Corte europea intervenga pesantemente in una materia molto profondamente
legata alla identità storica, culturale, spirituale del popolo italiano. Non è per
questa via che si viene attratti ad amare e condividere di più l’idea europea, che
come cattolici italiani abbiamo fortemente sostenuto fin dalle sue origini. Sembra
che si voglia disconoscere il ruolo del cristianesimo nella formazione dell’identità
europea, che invece è stato e rimane essenziale”.
Sulla sentenza della
Corte europea ascoltiamo ora il commento del cardinale Giovanni Battista Re,
prefetto della Congregazione per i Vescovi, al microfono di Roberto Piermarini:
R. - Ho appreso
questa sentenza della Corte europea di Strasburgo con dolore e con sorpresa. Con dolore
perché si tratta di un'offesa al simbolo della religione della stragrande maggioranza
degli Europei: cattolici, ortodossi, luterani, anglicani, calvinisti... La peculiarità
del cristianesimo, anzi, direi l’originalità del cristianesimo si fonda sul Crocifisso.
Con sorpresa, anche, perché il Crocifisso è simbolo di valori che stanno alla base
dell'identità europea. Il cristianesimo ha unito l’Europa: questa sentenza, fortunatamente
non definitiva, è un segno che va in senso contrario, perché non favorisce l’unione
tra gli europei, ma piuttosto una frammentazione.
D.
- Che cosa comunica la visione del Crocifisso?
R.
- II Crocifisso è segno di un Dio che ama l'uomo fino a dare la sua vita per lui.
E' un Dio che ci educa all'amore, all’attenzione per ogni uomo, specialmente per il
più debole ed indifeso; educa al rispetto verso gli altri, rispetto anche verso coloro
che appartengono a culture e religioni differenti.
D.
- Possono restare sorpresi i non cristiani per la visione del Crocifisso?
R.
– Al riguardo, io mi domando: per chi appartiene ad altre religioni, ma vive in Europa
e frequenta le scuole che qui vi sono, e proprio così nocivo che veda il simbolo del
cristianesimo e conosca qualche cosa della religione che più di tutto ha contribuito
a forgiare l'Europa? E' proprio inutile che conoscano le tradizioni popolari e le
tante manifestazioni culturali e artistiche ispirate dal cristianesimo? II Crocifisso
è anche simbolo della nostra cultura ed emblema sul quale si fonda la civiltà europea.
D.
– E per quanto riguarda la laicità dello Stato?
R.
- I veri sostenitori della laicità non devono dimenticare che l'autore del primo messaggio
di laicità è stato proprio Nostro Signore Gesù Cristo quando ha detto: "Date a Cesare
quello che è di Cesare e date a Dio quello che è di Dio". Non va poi dimenticato il
fatto che la sana laicità include anche il rispetto profondo della coscienza di tutti
e di ciascuno, e che il difensore della coscienza umana è stato proprio Nostro Signore
Gesù Cristo, crocifisso e risorto per l’umanità intera. Pertanto, i veri difensori
della laicità dovrebbero difendere il Crocifisso.
Ma
quale mentalità, quale atteggiamento c’è dietro la sentenza della Corte europea per
i diritti dell’uomo? Luca Collodi lo ha chiesto a mons. Aldo Giordano,
osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa:
R. – C’è
un certo atteggiamento ideologico nel nome di certe idee, che forse si ritengono anche
più progressiste: nel nome di certe idee si vuole forzare la realtà o si vogliono
imporre delle cose alla realtà. Io credo invece che l’Europa abbia estremamente bisogno
di un rispetto delle realtà dei popoli, delle tradizioni. Tra l’altro, questo è chiaramente
riconosciuto anche nel preambolo della Convenzione dei diritti dell’uomo che è la
Convenzione base del Consiglio d’Europa e di tutti i Paesi membri. C’è anche un po’
un senso di paura, perché se noi continuiamo a corrodere l’identità, cominciamo a
non avere più visione per il futuro.
D. – La sentenza
della Corte non rischia di allontanare ancora di più l’ideale europeo dal comune sentire
della gente?
R. – Sì: mi sembra che l’idea europea
rischia già su questo punto, sul contatto con la gente concreta. E questa sentenza
mi sembra che si metta ancora su questa linea. Invece di un’Europa che sia al servizio
delle persone, al servizio dei popoli, al servizio dell’identità e quindi sappia prendere
l’identità, metterla in una comunione dove le identità siano valorizzate, sembra invece
che abbiamo paura delle identità, abbiamo paura delle tradizioni e quindi sembra che
creiamo uno spazio vuoto. E qui, mi sembra che anche la sentenza usi un concetto di
laicità, una concezione di laicità in senso esclusivista: cioè, una laicità che tenda
ad escludere, quindi una laicità che crea spazio vuoto! E questo concetto di laicità
viene già abbandonato anche in diversi Paesi dell’Europa, anche se è stato presente!
Ed è strano che noi, qui, la ribadiamo. Cioè, una laicità che è spazio vuoto è una
laicità che è pericolosa, è una laicità che non attira. Piuttosto abbiamo bisogno
di una laicità che crea spazio per tutti i contributi positivi, per il sociale, per
l’uomo, per affrontare i grossi problemi dell’umanità. Ecco: mi sembra che, in questo
senso, sia una sentenza “vecchia”, che non esprime ciò che la gente in Europa comincia
veramente a sentire e a voler vivere e che qualche nazione comincia già a percepire.
Mi sembra che siamo rimasti un po’ nel vecchio, nel sorpassato.
D.
– Tra poco l’Europa adotterà il Trattato di Lisbona. Per lei, il Trattato su questioni
di questi tipo – penso però anche alla bioetica – non rischia di imporre scelte non
condivise ai singoli Stati nazionali?
R. – Il rischio,
certamente c’è. Questo rischio potrebbe essere arginato se i popoli dei vari Paesi
cominciassero più seriamente a partecipare alla vita politica europea ed a pronunciarsi.
Io credo che bisognerebbe che i popoli, i gruppi, gli organismi vari si pronunciassero.
Quindi, anche se questa sentenza generasse un grosso dibattito in Europa, innanzitutto
in Italia, e arrivassero molti contributi e molte reazioni, credo che allora anche
il mondo politico, il mondo delle istituzioni potrebbe ascoltarlo. Spesso è anche
il silenzio da parte delle nazioni, da parte dei rappresentanti dei Paesi, che contribuisce
anche a questa lontananza delle nazioni dall’Europa. E questo favorisce anche delle
minoranze, delle lobby, che diventano molto forti – in questo caso – e quindi sentono
anche di avere un ruolo che non hanno, sentono quasi di essere profeti in uno spazio
che purtroppo alle volte è un po’ vuoto. E qui, credo che anche la Chiesa, le religioni
abbiano un ruolo importante, se potessero anche condividere tra di loro e portare
con un certo coraggio il proprio contributo: perché è un contributo all’umanità!