Fame nel mondo: rapporto sul rischio carestia nell'Africa Sub-Sahariana
“Nell’ultimo anno i prodotti alimentari hanno registrato impennate oltre il 400% mettendo
in ginocchio intere popolazioni già colpite dalle conseguenze dei conflitti e della
povertà”, questo è solo un piccolo estratto, riportato dall’agenzia Sir, della denuncia
contenuta nell’edizione 2009 del rapporto “Global hunger index”. Si tratta di uno
dei più autorevoli rapporti sullo stato della sicurezza alimentare nel mondo, pubblicato
dall’International Food Policy Institute, che in Italia verrà presentato il 12 novembre
a Roma dalla coalizione di dieci Ong italiane Link2007 (ne fanno parte, tra le altre,
Cesvi, Avsi, Cosv, Medici con l’Africa-Cuamm). Nonostante i progressi registrati
dal 1990, alcune regioni continuano a riportare preoccupanti livelli di malnutrizione
e rischio carestia, soprattutto in numerosi Paesi dell’Africa Sub-Sahariana. In Somalia
per esempio, rileva il rapporto, “proprio la ripresa economica internazionale e la
conseguente crescita dei prezzi petroliferi, potrebbe comportare un’ulteriore crescita
dei prezzi, riducendo l’accesso al cibo, con il conseguente rischio di carestie diffuse”.
Due sono le raccomandazioni: “Non ridurre l’impegno politico ed economico per raggiungere
gli obiettivi del millennio e sviluppare le potenzialità delle donne, che spesso svolgono
un ruolo essenziale e poco riconosciuto nella risposta delle popolazioni locali alle
crisi alimentari”. Il “Global hunger index”, è quell’indice che misura la fame globale
combinando tre diversi indicatori, ovvero, la percentuale di bambini malnutriti, il
tasso di mortalità infantile e la percentuale di popolazione che non ha accesso ad
una quantità adeguata di calorie. Nell’Asia Meridionale, così come nell’Africa Sub-sahariana,
i progressi sono stati marginali, e i recenti eventi hanno alzato il numero di persone
denutrite nel mondo. La flessione globale, con tagli nei salari, disoccupazione, drastiche
riduzioni delle rimesse e degli aiuti di donatori, è stata accusata maggiormente da
coloro che già si trovavano in condizioni precarie. Il rapporto evidenzia inoltre,
come in alcuni paesi gli alti livelli di malnutrizione siano strettamente connessi
ad un trattamento disuguale dei sessi. (C.P.)