Per il mese di novembre, il Papa chiede ai fedeli di ogni religione di dialogare
per dimostrare che il nome di Dio è portatore di pace
“Perché i credenti delle diverse religioni con la testimonianza di vita e mediante
un dialogo fraterno, diano una chiara dimostrazione che il nome di Dio è portatore
di pace”: è l’intenzione di preghiera missionaria di Benedetto XVI per il mese di
novembre. Il Papa chiede, dunque, ai fedeli di impegnarsi a superare le barriere delle
incomprensioni in vista del bene comune. Un appello su cui si sofferma padre Gian
Paolo Gualzetti, direttore del Centro missionarioPime di Milano, intervistato
da Alessandro Gisotti:
R. - In
Bangladesh, dove sono stato per 15 anni, ci sono persone che hanno il desiderio di
conoscersi. C’è anche una bellissima esperienza del professore musulmano, Kazi
Nurul Islam, che vede nell’ignoranza il problema di questi scontri tra cristiani
e musulmani, tra musulmani e indù. Lui si è anche fatto promotore di una cosa un po’
eccezionale nel Bangladesh: aprire nell’Università statale addirittura un Dipartimento
delle religioni mondiali. Dunque, ha voluto dare un impulso in modo tale che anche
tutti gli abitanti del Bangladesh possano avere la possibilità di approfondire le
diverse religioni.
D. - Il Papa chiede non solo un
dialogo fraterno ma anche una testimonianza di vita. In questo i missionari possano
essere davvero un esempio da seguire per tutti?
R.
- Io penso che noi missionari, nel nostro piccolo, cerchiamo di vivere l'intenzione
di preghiera che il Papa ci rivolge in questo mese, che diventa per noi quotidiana:
cioè, questo cercare di spargere semi di bene dappertutto, aprire le porte a tutti
i fratelli e le sorelle che incontriamo e quindi anche a quelli che sono di altre
religioni. La cosa bella è che poi, quando ti metti su questi sentieri, incontri anche
persone di altre religioni che hanno lo stesso desiderio di comunicare le cose belle
che hanno dentro nel cuore.
D. - Il nome di Dio è
portatore di pace. Ancora una volta, Benedetto XVI sottolinea lo scandalo inaccettabile
della guerra e della violenza nel nome di Dio…
R.
- Penso che questo sia proprio uno scandalo: i portatori di una religione che in nome
di Dio fanno le guerre. Io ho vissuto in Bangladesh proprio nel periodo in cui Giovanni
Paolo II ha espresso una posizione netta dicendo: “Queste guerre non le ha volute
Dio”. Molti musulmani hanno veramente recepito questo suo messaggio. E’ interessante
anche la mostra che stiamo portando in questi mesi in giro per l’Italia, “Giusti dell’islam”,
dove appunto si afferma che "chi salva anche un solo uomo sarà considerato come uno
che avrà salvato la vita di tutta l’umanità". Un modo, quindi, per narrare le storie
di alcuni musulmani che hanno salvato degli ebrei rischiando la loro vita.
D.
- Questa è anche una risposta a quelle persecuzioni anticristiane che sono sempre
più frequenti in diverse parti del mondo, nelle quali la pace viene sfregiata e con
essa anche il nome di Dio…
R. - A me sembra che la
cosa più bella sia la risposta che il cristiano mette in gioco, che non è la vendetta
ma appunto il perdono. Io penso che questa sia la testimonianza più grande che un
uomo di fede può dare come testimone di quella pace che il Signore vuole che sia già
qui, su questa terra, e non solo in Cielo.