2009-11-03 15:23:10

Lotta alla corruzione al centro del primo discorso del rieletto presidente dell’Afghanistan, Karzai


Un governo “inclusivo”, lotta alla corruzione, invito ai talebani a deporre le armi e a partecipare al processo di pace: questi, in sintesi, i punti salienti del primo discorso di Hamid Karzai dopo la rielezione a capo di Stato in Afghanistan. Intanto, i talebani hanno rifiutato la proposta del dialogo avanzata dal neo presidente, definendolo “una marionetta dell’occidente”. Sulla difficile situazione, Alessandra De Gaetano ha intervistato Luca Lo Presti, presidente della fondazione "Pangea" Onlus.RealAudioMP3

R. – Conoscendo la realtà afghana credo che sia abbastanza utopico pensare che si possa aprire un dialogo con i talebani, a meno che non si venga a strutturare una coalizione di talebani moderati, ma il termine stesso mi fa sorridere.

 
D. – Pensa ci possa essere in questo senso una possibilità?

 
R. - Assolutamente sì, perché la comunità internazionale oggi ambisce a questo. A mio parere, sta lavorando proprio a un governo di coalizione tra Karzai e Abdullah e una coalizione di talebani. Suppongo che questo avverrà.

 
D. – Il rifiuto del dialogo da parte dei talebani, secondo lei, è stato determinato dall’America?

 
R. - No, questo no. È comunque i talebani vogliono un ruolo primario e prioritario, sentono di avere il possesso e il presidio di gran parte del Paese e quindi alzano la voce.

 
D. – Qual è il ruolo della comunità internazionale in Afghanistan?

 
R. – Oggi, la presenza delle truppe nelle città garantisce pace e sviluppo. Quindi il ruolo della comunità internazionale è quello di riuscire a mantenere pacificazione almeno nelle grosse città, affinché si possa ricreare una struttura democratica nel Paese.

 
D. – La fondazione "Pangea" come riesce ad operare in questa fase?

 
R. – La fondazione "Pangea" a Kabul lavora benissimo con un progetto di sviluppo, di microcredito con le donne. Grazie alla presenza internazionale oggi le donne riescono ad avere anche più accesso al nostro progetto. È molto bello pensare che, per la prima volta, sono stato in Afghanistan e ho sorriso con loro e sorrido oggi che sono tornato a pensare quanto bene stiamo facendo.

 
Nucleare - Iran
L'Iran rifiuta i negoziati sul suo programma nucleare i cui risultati “siano già decisi dagli Usa”. Lo ha detto oggi la Guida suprema iraniana, l'ayatollah Ali Khamenei, citato dall'agenzia ufficiale Irna. Ieri, il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, aveva invitato l'Iran a dare una risposta positiva alla bozza d'accordo sul tavolo con le grandi potenze, affermando che dopo di questa non ve ne saranno altre. Rivolgendosi, poi, al fronte interno iraniano, l'ayatollah ha affermato che “coloro che hanno cattive intenzioni o semplicemente sono ingenui non possono stendere il tappeto rosso” per gli americani. La Guida suprema ha aggiunto che, con il presidente Barack Obama, gli Stati Uniti rimangono “la vera potenza arrogante” e l'Iran “non si farà ingannare”.

Iran - opposizione
La moglie di Mir Hossein Mussavi, tra i principali leader dell'opposizione iraniana, ha chiesto oggi il rilascio immediato delle persone, in particolare donne, ancora detenute in relazione alle dimostrazioni post-elettorali nel Paese. Lo riferisce il sito web riformista Kaleme. “Chiediamo il rilascio immediato e incondizionato di tutti i prigionieri (politici), in particolare le donne arrestate dalle elezioni”, scrive il sito citando Zahra Rahnavard. Intanto la polizia di Teheran ha avvertito che “affronterà con durezza” chi domani vorrà dar vita a manifestazioni dell'opposizione in occasione del 30.mo anniversario dell'assalto all'ambasciata americana. L'unico raduno autorizzato, sottolinea la polizia in un comunicato diffuso dall'agenzia Irna, è quello ufficiale che si terrà, come ogni anno, davanti all'ex ambasciata Usa.

Iraq - petrolio
Il vice direttore generale del Dipartimento del Ministero iracheno del Petrolio, Abdel Mahdi al Amidi, ha firmato l’accordo preliminare con il consorzio guidato da Eni, per lo sviluppo del maxi-giacimento di Zubair, nel sud del Paese. Fanno parte del consorzio anche la statunitense Occidental Petroleum Corporation e la sudcoreana Korea Gas. L'Eni e i suoi partner prevedono di investire 35 miliardi di dollari nello sviluppo del giacimento, nell'arco dei prossimi sei anni. È previsto un aumento della produzione a un milione 100mila barili di greggio al giorno, entro sette anni. Per Hussein al Shahristani, dopo l'accordo concluso con la major britannica British Petroleum per il maxi-giacimento di Rumaila, nella provincia di Bassora, il contratto dell'Eni è il secondo passo significativo verso il coinvolgimento delle compagnie straniere nel settore energetico. Il contratto, che nel gergo tecnico dell'industria petrolifera è definito un "contratto di servizio", nel quale cioè la compagnia straniera viene pagata per il lavoro fatto e non partecipa agli utili della produzione, ha la durata di 20 anni, rinnovabili per altri cinque.

Pakistan - incidente ferroviario
Almeno otto persone sono morte in Pakistan a causa della collisione tra due treni. Lo riferisce la televisione Dawn. Secondo le informazioni, il macchinista dell'Allama Iqbal Express, un treno passeggeri proveniente dalla provincia del Sindh, non si è fermato al segnale di stop ed è piombato contro un treno merci nei pressi della stazione di Jumma Goth non lontano da Karachi. Otto le vittime accertate fino ad ora, oltre 30 i feriti, tra i quali molte donne e bambini. Sul posto, agenti di polizia e paramilitari, oltre a vigili del fuoco, che hanno lavorato ore per poter liberare dalle lamiere i feriti. Il traffico ferroviario nella zona non è stato ancora ristabilito.

Europa - economia
L'economia europea si sta avviando sulla strada di una “ripresa graduale”: lo afferma la Commissione Ue, secondo cui il Pil di Eurolandia farà registrare un +0,7% nel 2010 e un +1,5% nel 2011, dopo aver chiuso il 2009 a quota -4%. Tra le principali economie a trainare saranno la Germania e la Francia. L'Italia farà meglio della Spagna (-0,8%, +1%). Torna infatti a una “crescita moderata”. Secondo la Commissione Ue, anche se è stato evitato un sostanziale deterioramento delle finanze pubbliche, resta un “elevatissimo debito pubblico”, che salirà dal 114,6% del 2009, al 116,7% del 2010 al 117,8% del 2011. Da parte sua Moody's annuncia la propria decisione di confermare l'outlook sul debito italiano spiegando che il governo italiano ha ha l'abilità di invertire la dinamica negativa del debito: è quanto afferma nel rapporto nel quale illustra la propria decisione. Da parte sua il commissario Ue agli Affari economici e monetari, Joaquin Almunia, nel corso della conferenza stampa in cui ha presentato le nuove previsioni economiche di Bruxelles ha detto: "Proporremo all'Ecofin di confermare il 2011 come l'anno per applicare le exit strategy per tutti".

Trattato di Lisbona
Il Trattato di Lisbona non è in contrasto con la Costituzione ceca. Lo ha annunciato il presidente della Corte costituzionale, Pavel Rychetsky. La decisione dell'alta Corte, riunita a Brno, apre la strada alla firma del Trattato da parte del presidente della Repubblica ceca, Klaus, rimuovendo così l'ostacolo finale dell'ultimo dei 27 Paesi dell'Unione Europea a non aver ratificato il Trattato. Il presidente euroscettico aveva detto di voler attendere la pronuncia della Corte di Brno per deporre la firma, dopo aver ottenuto una deroga alla Carta dei diritti fondamentali, che consente a Praga di non affrontare nuovi ricorsi per la restituzione di tre milioni di tedeschi espulsi dai Sudeti, dopo la Seconda Guerra Mondiale. A breve si riuniranno i capi di Stato e di governo europei per decidere i nomi del presidente permanente dell’Unione Europea e del ministro degli Esteri. Il favorito sembra essere il premier belga, Van Rompuy, cristiano democratico fiammingo. Per la seconda carica, che sarà attribuita a un socialista, sono in lizza il britannico Miliband e, tra gli altri, anche Massimo D'Alema.

Myanmar
Il segretario aggiunto statunitense per l'Asia orientale e il Pacifico, Kurt Campbell, accompagnato dal suo vice Scot Marciel, sono arrivati a Naypyitaw, capitale del Myanmar, per quella che viene definita la più importante missione statunitense nel Paese asiatico, dopo quattordici anni. Il servizio di Chiara Pileri:RealAudioMP3

 
Non è stato reso noto alcun programma ufficiale, ma si parla di una possibile visita al premio Nobel della pace Aung San Suu Kyi. Tra gli alti funzionari birmani che riceveranno i due rappresentanti statunitensi, vi sono il ministro dell'Informazione, Kyaw Hsan, quello della Giustizia, Aung Toe, ed alcuni rappresentanti dell'Associazione per la solidarietà e lo sviluppo del Myanmar. Questa due giorni di incontri sottolinea la volontà di Washington di voler cambiare atteggiamento nei confronti di una delle dittature più longeve al mondo. I leader del partito di opposizione birmano, di contro, non si aspettano repentini cambiamenti da questa visita. “È l’inizio di un impegno diretto tra gli Stati Uniti e il governo birmano – spiega Nyan Win, portavoce della Lega nazionale per la Democrazia – ma non ci aspettiamo grandi cambiamenti da questo incontro. Questa visita è solo il primo passo”. La liberazione di Aung San Suu Kyi e dei prigionieri politici potrebbe segnare un nuovo inizio nei rapporti tra Stati Uniti e Myanmar, in vista delle elezioni multipartitiche in programma per il 2010. Per la Casa Bianca, inoltre, riveste particolare attenzione il rapporto crescente tra la Corea del Nord e Myanmar, sempre più legati dalla volontà di sviluppare tecnologia nucleare. La delegazione statunitense arriva nel Myanmar a pochi giorni dall'incontro tra il presidente americano Barack Obama e i leader dei dieci Paesi dell'Associazione delle Nazioni del Sudest asiatico (Asean), in programma a Singapore per il prossimo 15 novembre.

 
Due emissari americani si trovano a Rangoon, in Myanmar, per incontrare esponenti del regime e la leader dell’opposizione e premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. Si tratta della più importante missione Usa nel Paese negli ultimi 14 anni. Una valutazione, nelle parole di Piero Fassino, inviato della Unione Europea in Birmania, raccolte da Eugenio Bonanata:RealAudioMP3

 
R. – Direi che certamente è un passo notevole, perché non c’è dubbio che la stessa giunta aveva dato nelle scorse settimane dei segnali di voler aprirsi ad un confronto e ad un dialogo. Ricordo che, per quanto riguarda Aung San Suu Kyi, che è stata ingiustamente condannata, la sua condanna è stata trasformata da prigionia ad arresti domiciliari e dimezzata. E quello era un piccolo, sia pure molto piccolo, segnale di disponibilità. Ma sono venuti altri segnali interessanti: per la prima volta, dopo 14 anni, il primo ministro birmano ha partecipato all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a settembre e, contemporaneamente, il ministro degli Esteri birmano si è recato in visita, sia pure informale a Washington, dove ha avuto incontri, ripeto informali, con tutto l’establishment americano. Contemporaneamente, mi pare, c’è anche da registrare un atteggiamento più determinato e più assertivo da parte dei Paesi asiatici, in particolare della Cina e più in generale dei Paesi Asean, che concorre nella stessa direzione.

 
D. – La visita è frutto anche del cambio di strategia da parte degli Stati Uniti...

 
R. – E’ una linea che non affida soltanto alle sanzioni l’obiettivo di influire su un cambiamento della situazione in Birmania, ma accanto alle sanzioni sviluppa anche una politica di "engagement", di relazioni, di rapporti volti a favorire condizioni nuove nel Paese. Come Unione Europea stiamo muovendoci nella stessa direzione, anzi io rivendico il fatto che siamo stati noi dell’Unione Europea, molti mesi fa, a porre agli americani e alla comunità internazionale la necessità di una revisione della strategia verso la Birmania che fosse più efficace del semplice mettere sanzioni, che poi non producevano però risultati.

 
D. – Appuntamento chiave sono le elezioni in programma nel Paese nel 2010, l’anno prossimo...

 
R. – Le elezioni ci saranno comunque. Si possono avere due atteggiamenti di fronte a queste elezioni. Il primo è quello di rifiutarle, considerandole, come dire, soltanto uno schermo, una farsa, con cui il regime vuole legittimare se stesso. Oppure, come si è scelto, di cogliere l’occasione di queste elezioni per ottenere prima delle elezioni quei cambiamenti che possono consentire l’apertura di una fase nuova in Birmania.

 
Russia - caso Litvinenko
La visita a Mosca del ministro degli Esteri, Miliband, la prima di un capo della diplomazia britannica dal 2004, è servita a sciogliere un pò del gelo nei rapporti bilaterali con la Russia, ma non il nodo dell'estradizione di Andrei Lugovoi, sospettato per l'avvelenamento con il Polonio 210 dell'ex spia del Kgb, Aleksandr Litvinenko, nel novembre 2006. Al termine di un colloquio che ha definito "buono e produttivo", il ministro degli Esteri russo, Lavrov, ha ribadito che sull'estradizione la posizione del suo governo “non cambia”. Mosca, infatti, giudica “del tutto irrealistica” la richiesta britannica di cambiare la Costituzione che vieta la consegna di propri cittadini per reati commessi all'estero. Miliband ha sottolineato l'importanza di non permettere che queste divergenze “blocchino la cooperazione bilaterale”. Tra i due Paesi ci sono forti legami economici, che sono stati danneggiati dalle recenti tensioni, alimentate anche dall'asilo politico concesso da Londra ad alcuni ex oligarchi in rotta con il Cremlino. Maggiore sintonia tra Lavrov e Miliband si è registrata sui grandi temi internazionali. Sull'Afghanistan hanno espresso “il comune interesse” alla regolare conclusione del processo elettorale e la condanna dei “tentativi dei talebani di destabilizzare” il Paese. Sull'Iran, Lavrov ha ribadito l'auspicio che Teheran accetti la proposta della comunità internazionale, per l'arricchimento dell'uranio in Paesi terzi. E sul Medio Oriente i due ministri hanno auspicato la convocazione di una conferenza a Mosca, subito dopo la ripresa del negoziato tra israeliani e palestinesi, “al fine di rafforzare una dinamica positiva negli sforzi di soluzione della crisi arabo-israeliana”.

Corea del Nord - nucleare
La Corea del Nord ha riprocessato ottomila barre di plutonio che sono in grado di produrre materiale fissile per armi nucleari. Lo afferma Nuova Cina, citando l'agenzia nordcoreana Kcna. Secondo l'annuncio dell'agenzia nordcoreana il riprocessamento del combustibile nucleare è avvenuto nel suo reattore di Yongbyon. Due anni fa il reattore era stato parzialmente smantellato in base all'accordo per il disarmo nucleare di Pyongyang in cambio di aiuti economici raggiunto nei colloqui a sei con Corea del Sud, Cina, Usa, Giappone e Russia. Con il plutonio ottenuto attraverso il riprocessamento, la Corea del Nord è ora in grado di produrre altri ordigni nucleari. La Corea del Nord ha effettuato due test nucleari, nel 2006 e nel maggio scorso. All'inizio di ottobre, in occasione della visita nel Paese del premier cinese Wen Jiabao, il leader supremo Kim Jong-il ha affermato che la Corea del Nord è pronta a tornare al tavolo delle trattative ma chiede come primo passo un incontro diretto con rappresentanti degli Usa. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

 Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 307

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