La preghiera di Benedetto XVI sulle tombe dei predecessori nelle Grotte Vaticane
Nel giorno in cui, ieri, la Chiesa ha commemorato i fedeli defunti in tutto il mondo,
si è rinnovata, in serata, la tradizionale cerimonia che ha visto Benedetto XVI scendere
all’interno delle Grotte Vaticane, nella Basilica di San Pietro, e soffermarsi in
preghiera in suffragio dei Pontefici suoi predecessori. Il servizio di Cecilia
Seppia:
Una preghiera
intensa e solenne in ricordo di chi prima di lui fu pastore della Chiesa universale,
successore di Pietro. L’ha rivolta Benedetto XVI, durante la sua visita all’interno
delle Grotte Vaticane, dove sono sepolti i suoi predecessori.
“In
queste Grotte Vaticane, affidiamo alla misericordia del Padre, coloro che hanno qui
il loro sepolcro ed attendono la resurrezione della carne e in particolare Papa Giovanni
Paolo II e gli altri Sommi Pontefici che hanno svolto il servizio di pastori della
Chiesa universale, perché siano partecipi dell’eterna Liturgia del cielo”. Durante
la preghiera, è stata proclamata la lettera di San Paolo Apostolo ai Filippesi in
cui l’Apostolo delle genti ci esorta ad attendere la venuta del Salvatore che trasfigurerà
il nostro misero corpo mortale per unirci alla sua Gloria. Poi il pensiero del Pontefice
è andato a tutti i familiari, gli amici e i benefattori defunti. Nella preghiera dei
fedeli, anche quella per tutti coloro che sono vittime di ogni forma di violenza,
perché il loro sacrificio affretti un’era di fraternità e pace.
Perché
preghiamo per i nostri defunti? E quale rapporto hanno con noi vivi. Cosa si intende
per "anima del defunto"? Sono alcune delle domande alle quali risponde con profondità
il libro recentemente pubblicato dall'Editrice Ancora, intitolato "Pensieri durante
un funerale". L'autore è il sacerdote, Pierluigi Plata, che svolge attualmente
il ruolo di direttore spirituale del seminario Maggiore dell'ordinariato militare
in Italia. Fabio Colagrande gli ha chiesto di rispondere ad alcune di queste
domande:
R. – Dobbiamo
pregare per tutti i nostri defunti perché in questo modo compiamo un atto d’amore.
Tant’è vero che noi possiamo ancora aiutare i nostri defunti qui, in terra, forse
ancora di più di quand’erano vicino a noi, perché una preghiera, un atto di suffragio,
applicare a loro l’indulgenza particolare o plenaria, far celebrare delle Messe in
suffragio è un grande atto di carità per loro. Precisiamo anche che pregare per i
defunti non è vano, perché io non so che vita ha vissuto intimamente il defunto con
Dio, perciò non posso sapere se è stato escluso dalla partecipazione divina – ha cioè
purtroppo scelto egli stesso l’Inferno – oppure se si trova nello stato di purificazione,
in Purgatorio, o già nella gloria celeste. Ecco perché serve pregare: perché io devo
sempre pensare che lui abbia scelto Dio.
D. – Una
domanda che sorge spesso spontanea nei pensieri che si fanno in un’occasione così
triste come un funerale è: “Avrei voluto fare di più per lui, ora è proprio troppo
tardi”. Ma è davvero troppo tardi?
R. – Non è troppo
tardi, perché grazie alla comunione dei Santi – come ha detto domenica all’Angelus
il Papa – noi possiamo avere una possibilità di fare ancora qualcosa per loro. Certo,
dobbiamo ravvederci e nello stesso tempo dev’essere un monito, un’esortazione per
fare di più per le persone che stanno vicine a noi, vivono insieme a noi, che condividono
tutta l’esistenza, i nostri affetti, le nostre croci e tribolazioni. Nonostante la
perdita prematura di una persona, noi possiamo continuare ancora per lei, in suo suffragio.
(Montaggio a cura di Maria Brigini)