Cile: l’episcopato contrario ad un’apertura sulle unioni di fatto
La Chiesa cattolica cilena, con una nota della presidenza della Conferenza episcopale,
ieri ha espresso preoccupazione di fronte al fatto che la Camera dei Deputati, nel
corso di una combattuta campagna elettorale per le presidenziali di dicembre, ha aperto
una discussione per trovare norme che consentano di regolare le unioni di fatto. Si
tratta tra l’altro di un’iniziativa del Movimento per l’integrazione e la liberazione
omosessuale (Movilh) che si propone di far rientrare nella dicitura “unione di fatto”
anche le unioni tra persone dello stesso sesso. Quindi non si esclude che il dibattito
in corso possa concludersi con una vera e propria legalizzazione delle coppie gay.
La Chiesa, nella sua nota dal titolo:“Difendiamo il matrimonio per il bene del Cile”,
ritiene che il Paese sia di fronte a eventuali leggi che potrebbero “diminuire il
valore e il senso del matrimonio” e pertanto rivolge ai legislatori diverse domande
con lo “scopo di chiarire la situazione”. “Come mai si cerca di dare una specie di
statuto giuridico speciale a persone che potendo sposarsi non lo fanno? come mai si
cerca di risolvere problemi patrimoniali e di eredità con nuove norme mentre le leggi
che regolano il matrimonio già hanno risolto questi quesiti?” I presuli cileni soprattutto
si chiedono “come mai, in un momento intenso di campagna elettorale e a pochi giorni
della chiusura estiva del Parlamento, si pretenda di votare con tanta fretta” una
materia per la quale occorre “un dibattito” tra idee mature e in un clima di serenità.
I vescovi ribadiscono quanto già hanno espresso in altri documenti sulla dignità della
persona, sulla sacralità della vita, sulla natura e ruolo del matrimonio tra persone
di sesso diverso e quindi sulla famiglia più in generale. E sempre rivolgendosi ai
deputati domandano se “non sarebbe meglio incoraggiare i giovani cileni al matrimonio”,
promuovendo misure adeguate e opportune in favore di coloro che scelgono l’unione
sponsale a tutti gli effetti e che decidono di passare da situazioni di fatto a regolarizzazioni
piene. I cinque presuli membri della presidenza, sotto la guida del vescovo di Rancagua,
mons. Alejandro Goic, presidente della Conferenza episcopale, chiedono - “a coloro
che sono stati scelti dai cittadini” - “che ci conducano al bene comune e non si lascino
trascinare da azioni frettolose e pericolose”, poiché si tratta di decidere su materie
delicate per la persona e la nazione, per il suo presente e per il suo futuro. Infine
i vescovi chiedono ai cristiani di riflettere sui valori veri di una società fondata
sugli insegnamenti del Vangelo misurando in ogni istante le “dolorose conseguenze
sociali e personali che si potrebbero subire con l’indebolimento del matrimonio”.
(A cura di Luis Badilla)