Terra Santa: la Chiesa denuncia difficoltà per i visti ai religiosi da parte di Israele
“Ci sono delle difficoltà che cercheremo di superare”. Così il nunzio in Israele e
delegato apostolico per Gerusalemme e la Palestina, mons. Antonio Franco, commenta
all'agenzia Sir, le restrizioni dei visti ai religiosi e sacerdoti da parte del ministero
degli Interni di Israele. “Se prima i visti rilasciati, anche ad europei, avevano
la durata di due anni, adesso, hanno validità di un solo anno” spiega Franco che lascia
intendere come queste restrizioni potrebbero causare problemi allo svolgimento del
lavoro di pastorale ordinaria della Chiesa. In passato si era verificato addirittura
un blocco dei visti quando, come adesso, alla guida del ministero degli Interni c’era
il partito religioso Shas. “E’ un dato di fatto – afferma il nunzio –. Ora dobbiamo
chiederci il perché di queste restrizioni e cosa si può fare per ritornare alla prassi
precedente, più aperta”. Dal canto suo "quello del rilascio dei visti al personale
religioso, dichiara il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, “è un
problema vecchio. E’ da più di un anno, ormai, che la durata dei visti è passata da
due anni ad uno. C’è un po’ di confusione: non si sa se dipende da una politica ministeriale
o dalla burocrazia di alcuni funzionari. Forse è una ambiguità lasciata volutamente
così”. Sta di fatto che, spiega Pizzaballa, “è molto difficile per le Chiese programmare
il proprio lavoro se non si sa con certezza se i religiosi, arriveranno o meno”. Nel
caso della Custodia, aggiunge il frate, “quest’anno abbiamo avuto visti concessi a
religiosi provenienti dai Paesi arabi ma non dall’Africa. Due frati dal Congo non
hanno avuto il visto. In passato accadeva il contrario. Viviamo, dunque, nell’incertezza,
la burocrazia è diventata più complicata”. (R.P.)