Si è spenta Alda Merini: ha messo in versi la luce del dolore
Si svolgeranno mercoledì prossimo nel Duomo di Milano i funerali di Stato di Alda
Merini, la poetessa scomparsa ieri nel capoluogo lombardo all’età di 78 anni, considerata
una delle maggiori voci della letteratura italiana del ‘900. Il presidente Giorgio
Napolitano, in un messaggio alla famiglia della poetessa, ha espresso “il commosso
rammarico per questa grave perdita che colpisce la cultura italiana”. La sua poesia,
di intensa ispirazione cristiana, è piena di luce, anche se canta il dolore di una
vita che ha conosciuto la povertà, la solitudine e la malattia mentale fino al ricovero
in manicomio. Riascoltiamo la voce di Alda Merini, al microfono di padre
Vito Magno, in una intervista rilasciata alla Radio Vaticana nel 2006: R.
- Purtroppo per cantare il dolore, bisogna prima provarlo, è questo il guaio. Ma mi
è successo un miracolo perché dopo tanti anni di manicomio, un bel giorno mi sono
svegliata: “Ma cosa faccio qui dentro”? E sono uscita.
D.
– Oltre alla lunga parentesi del manicomio, quale altra sofferenza ha conosciuto?
R.
– Io non voglio pensare a quando mi hanno tolto i figli ma il poema “Magnificat” nasce
proprio da questo, quando me li hanno rubati, praticamente, dicendomi che non ero
una brava mamma.
D. – Si dice che invecchiando si
diventa più saggi?
R. – Si diventa anche più bambini.
Essere bambini è molto bello.
D. – Della sua infanzia,
Alda Merini, cosa ricorda? Chi soprattutto?
R. –
Dei genitori meravigliosi sempre contenti, profondamente atei ma talmente intelligenti
che quando io ho espresso il bisogno di andare in convento, hanno detto: “Se vuoi,
vai!”
D. – Cosa la spinge a scrivere in versi?
R.
– Vede, io mi lascio più invadere da quella che è un’ispirazione che è una visitazione
divina. Le parole che dico, io le sento nel cuore.
D.
– Cosa ha a che fare con l’amore che cantano i poeti?
R.
– L’amore è intelletto per me, è intelligenza: “dovunque io guardi o giro, immenso
Dio ti vedo”. Credo che sia dappertutto, anche negli angoli meno belli della casa.
Pensiamo alla stalla di Betlemme, alla povertà di Maria, pensiamo che tutto può diventare
meraviglioso se noi lo guardiamo con degli occhi che fanno il miracolo di cambiare
una cosa brutta in bella. Questo è l’amore.
D. –
Come cristiana, lei prega?
R. – L’amore è preghiera.
Sono sempre in compagnia di Dio.
D. – Nel bisogno,
come si regola?
R. – Anche quando soffro molto, io
dico sempre: “Sia fatta la tua volontà” e basta.
D.
– Può leggere un verso del suo Poema della croce?
R.
– “Di notte, quando il tempo assottiglia le tenebre e l’uomo dorme avvinto dalla solitudine,
Cristo conosceva la voce della luce della profezia. Egli vedeva il Calvario come una
punta di diamante e una gemma assoluta. Egli sapeva che per conoscere il Padre, doveva
conoscere il Figlio, sapere di se stesso ciò che l’uomo non sa: che era un martire,
che era un debole assoluto, che era un cencio di dolore che sarebbe diventato una
morbida stola ai piedi di una Madre divina”. (Montaggio a cura di Maria
Brigini)