Dalla sofferenza alla speranza: la storia dei bambini disabili di Kabul
Apartitica e aconfessionale, non ammette discriminazioni di etnie, di sesso, di lingua,
di religione e di ideologia. Persegue esclusivamente scopi di solidarietà nei settori
dell’assistenza socio-sanitaria, dell’istruzione e dell’educazione di bambini disabili
dai 6 ai 13 anni. E’ l’associazione “Pro bambini di Kabul”, fondata da 14 congregazioni
religiose e nata nel 2004 per rispondere al grido lanciato da Papa Giovanni Paolo
II che nel messaggio natalizio del 2001 aveva esortato a salvare “i bambini di Kabul”.
L’associazione - spiega il presidente, padre Giacomo Alberto Rossini - lavora “in
gruppo e sinergia grazie a una bella esperienza acquisita sul campo e procurando materiale
e quant’altro può servire per completare l’educazione dei piccoli con handicap”. Gli
oltre 30 bambini assistiti in un centro diurno sono divisi in quattro classi con due
insegnanti, un fisioterapista e un pediatra. Il progetto, che fa parte de "l’inclusive
education" portato avanti dall’Unicef e da altre organizzazioni minori in collaborazione
con il ministero dell’Educazione afghano, si interessa di bambini sordomuti, ciechi
o con problemi mentali. In Afghanistan, il gran numero di bambini con disabilità -
sottolinea l’Osservatore Romano - si deve a tante cause. Tra queste, i matrimoni organizzati
dalle famiglie nell’ambito parentale, spesso tra cugini. (A.L.)