Somalia: un milione di civili in fuga dalle violenze
Sono oltre un milione i profughi che cercano scampo dalla violenza in Somalia: molti
di loro spesso approdano sulle coste dello Yemen. E’ una realtà drammatica e purtroppo
ignorata dai grandi canali dell’informazione. Varie le organizzazioni non governative
che hanno il coraggio di operare in quest’area in cui regna l'anarchia e che fa gola
a gruppi integralisti islamici legati alla rete internazionale del terrorismo. Tra
queste Ong c'è Intersos. Giuseppe Petrocelli ha raccolto il commento di Marco
Rotelli, responsabile di questa associazione per la zona del Corno d’Africa:
R. – In Somalia
si parla di oltre un milione, si arriva fino a più di un milione e mezzo di sfollati
interni, che lasciano in gran parte la capitale Mogadiscio, che è l’area quasi sempre
più interessata dagli scontri e da un flusso migratorio, che risale il Paese verso
nord, attraversa il golfo di Aden e si dirige in Yemen, per poi continuare in molti
casi verso l’Arabia Saudita e in altri Paesi, che possono fornire delle garanzie di
una vita migliore.
D. – Qual è il numero di questi
rifugiati?
R. – Conosciamo solamente il numero di
rifugiati che una volta arrivati in Yemen decidono di rimanerci e attraversano un
percorso di registrazione e quindi lasciano una traccia nel Paese. I numeri certi
sono: circa 14 mila persone nel campo di Karan, una decina di migliaia di persone
nella baraccopoli somala alla periferia della città di Aden e numeri simili per la
città di Sanaa, la capitale yemenita. Altri numeri sono delle interpretazioni e delle
estrapolazioni di dati. Si parla di 70 mila somali in generale.
D.
– Quali sono le condizioni di questi sfollati, di questi profughi?
R.
– In Somalia la situazione è chiaramente molto precaria, perché oltre alle normali
condizioni che un profugo rischia di attraversare durante il viaggio che lo porta
verso i campi di sfollamento, c’è da considerare che l’inaccessibilità quasi totale
del Paese da parte delle organizzazioni internazionali determina una difficoltà molto,
molto evidente nel fornire aiuto. Quando riescono a raggiungere in condizioni precarie
le coste dello Yemen arrivano sfiniti da giornate di viaggio e alcuni arrivano purtroppo
già cadaveri.
D. – In Somalia la situazione è critica
e, dunque, non c’è soluzione positiva per i somali?
R.
– Ricordiamoci che i gruppi cosiddetti insorgenti, i gruppi radicali in questo momento
controllano gran parte del Paese e il governo transitorio, invece, controlla delle
zone molto piccole della capitale. La soluzione potrà avvenire solamente quando le
parti in causa riusciranno a trovare una modalità, un meccanismo per dialogare e per
trovare una forma di governo che tuteli se non altro tutta la popolazione civile,
che mai come oggi è esposta ed è vittima diretta degli effetti del conflitto e vittima
indiretta per l’assoluta inesistenza di un sistema che non ha servizi di base, come
l’acqua, la sanità e l’educazione, per esempio. E’ chiaro che organizzazioni come
Intersos fanno il possibile, ma non possono sostituirsi ad un processo che deve essere
per forza governativo e deve essere pubblico, gestito dai somali in Somalia.